Burano: pigliate voi l’isola-Instagram, io mi tengo i bussolà

Burano: pigliate voi l’isola-Instagram, io mi tengo i bussolà

“Tutti i visitatori di Burano rimangono affascinati dai suoi mille colori e dalle case colorate che si riflettono nelle acque verdi dei canali”. Leggo questo sul sito dell’isola.
Tutti chi? Non è mica vero.
Sono andata a Burano felice e beata, perché diamine, una blogger (ho detto blogger, non influencer) non può non andare nell’isola-Instagram per eccellenza.
Oh, vai a Burano, fai una foto anche abbastanza a caso e ti becchi centinaia di like senza manco farti lo sbattimento di comprarti cuoricini e commenti dall’Indonesia. Un po’ come a Venezia.
Conviene se sei lì vicino farti una gita.

Effettivamente mano a mano che mi avvicinavo ad una delle mete più socialmente di tendenza friccicavo come una patatina solleticata dall’olio bollente.
Sbarco nell’isola e sono euforica: “Oh mio dio, oh my God, questa è la mia isola!”
Cerco di fare una foto, ma mi passa davanti un turista ogni due secondi.
Tento dunque di fare una media, valuto attentamente la forbice di attimi di passaggio di umani davanti al mio obbiettivo, capisco che non può tecnicamente combaciare con i tempi di scatto, e mi innervosisco.
Insomma, bella Burano, ma non è fotografabile. Come hanno fatto tutte le influencer, blogger, instagrammer a postare scatti puliti, senza gente? La cancellano sicuramente con qualche applicazione per togliere e aggiungere il culo. Dai, per forza.

 

Andando avanti nel giro, tra uno spintone, un’invasione di campo e un photobombing più o meno volontario, è una lotta per la sopravvivenza del mio Instagram questa, sono colta da un’incredibile noia. È tutto così… perfetto: le case hanno i panni stesi in maniera coreografica, le piante fuori dai davanzali paiono uscite dall’ultimo taglio di Edward Mani Di Forbice, tutto è in pendant con tutto (motivo per il quale anche io ho fatto una foto in pendant con la tenda di una casa), non esistono ruggine sulle porte o vetri sporchi di mani spiaccicate di bambini.
Si dice che a Burano le case siano così colorate perché servivano ai pescatori a ritrovare la propria quando c’era nebbia. Bella storia, romantica, ma non attacca.
E poi fa caldo.

Scatto tre foto in croce, anche brutte perché è il momento della giornata sbagliata, tra cui quella alla gettonatissima Casa di Bepi Delle Caramelle, un amante della pittura e appassionato di cinema, che quando il Cinema Favin chiuse si mise a vendere caramelle (da qui l’appellativo), e mi prendo prima un’insalata, poi una discreta dose, dove “discreta” è un eufemismo, di bussolà, i tipici biscotti di Burano, una semplice prelibatezza che t’intufa ben bene il cuore nel miele e ti fa salire il livello di serotonina ai massimi possibili.

Forse perché odio ciondolare con temperature bollenti, forse perché sono più fan della decadenza che della perfezione, forse perché odio fotografare luoghi con macchine e umanità, a meno che non siano d’epoca (discorso che vale per entrambe le categorie), ma no, Burano, non m’ha fatto gridare amazing, con lo stesso pathos con cui lo gridano le blogger a Santorini.
Ma le darò un’altra possibilità.

 

 

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