25 marzo: un polipo che si può mangiare anche a dicembre

25 marzo: un polipo che si può mangiare anche a dicembre


Lo chef Francesco Ferretti non è né un vecchietto, né uno che fa una cucina propriamente tradizionale, sia chiaro, ma ho deciso di intervistarlo appena l’ho sentito dire questa frase: “tutti i miei piatti hanno una storia”.
Settimana scorsa sono stata a farmi un giro nel Toscana Resort Castelfalfi, un borgo medievale di cui vi parlerò a breve, e come di consueto accade quando vado in Toscana sono successe due cose: ho nutrito gli occhi di verde speranza, il mio cuore di pacata nostalgia, e il mio stomaco di prelibatezze.

“Chef, mi può preparare qualcosa a cui è particolarmente legato?”
Così Francesco s’è presentato con una specie di ponte di Brooklyn a pois a sormontare un fiume fatto di violette spremute, culla di fiorellini, voti per gli dei. India.
Questo nella mia immaginazione.
Non me lo sarei mai immaginato un polpo con le patate così.
Mentre ancora stavo fantasticando su templi buddisti e ponti di Fantàsia, non chiedo la ricetta del piatto, ma la sua storia.

“La mia cucina parte sempre dalla mia infanzia”.
E come succede spesso nelle famiglie italiane, a trasmettergli la passione per il cibo è stata sua nonna.
A otto anni già aveva le mani in pasta, imbastendo gnocchi e dilettandosi con i dolci.
Il polipo a casa sua era in tutte le pietanze delle festività, dato che lui è di Jesi, Marche, quindici minuti circa dal mare, dunque è una materia prima a cui è molto legato.

Il destino o chi per lui volle che il giorno del suo primo appuntamento con quella che adesso è sua moglie, lei al ristorante ordinò il polipo.
La prima volta che Francesco inserì nel menù il polipo, gli mise il nome 25 marzo, giorno del compleanno della sua compagna.
Come non sposarlo, poi.
In realtà lo chef realizza quasi tutti i suoi piatti pensando a qualcuno: “acquerello rosa”, per esempio, è una dedica a sua figlia, ed è un risotto rosa, perché a sua figlia piace quel colore, poi è diventato un vero e proprio omaggio alla donna.

“Tutti i miei piatti partono dalla tradizione, poi si uniscono alla tecnica, all’innovazione”.
Vedo, chef.
Chiedo se le anche le persone normali possono fare questa ricetta a casa propria, e la risposta è sì.


Il primo segreto che mi rivela è per la patata viola: va lessata con dell’aceto bianco; una volta cotta, va pelata e schiacciata alla vecchia maniera, con una forchetta, poi si condisce.
Nel frattempo si fa cuocere il polipo, lo chef lo fa a bassa temperatura, per poi dividerlo in pezzettini, passarlo nella farina di riso e rosolarlo in padella.
Ci sono tanti “contorni” nella ricetta, tra cui broccoli, funghi disidratati, pinoli tostati, ravanelli e crema di pomodoro arrostito, ma direi che se volessimo riproporre la ricetta, potrebbero anche bastarci pinoli e ravanelli.
Per i pigri in cucina, fareste bene a farvi una scampagnata a La Via del Sale: lì sarete sicuri di gustarvi un 25 marzo di tutto rispetto. Anche a dicembre.

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