Le lucciole: gli insetti che inventarono Tinder

Le lucciole: gli insetti che inventarono Tinder

Quando sono diventata grande le lucciole sono sparite. A Ponte Buriano con la nonna andavamo vicino all’Arno per vederle. Mio cugino aveva un negozio di elettronica ed elettrodomestici lì vicino, quindi sono cresciuta con la tecnologia. Ecco, per me quella delle lucciole era una vera e propria tecnologia moderna: avere delle lampadine attaccate al proprio corpo non è mica facile.
Allora non c’era Google e la nonna non fu mai in grado di rispondere alla mia domanda: “Perché le lucciole ‘lucciolano'”?.
Lo scoprì dopo grazie all’Enciclopedia: “la luce emessa da questi insetti serve per la riproduzione: maschi e femmine si chiamano, si attirano nel buio per accoppiarsi”. Credetti allora che fossero ancora di più insetti davvero hi-tech. Diamine, sono i precursori di Tinder.

Sempre con la Cecchina, mia nonna, andavo al Pratomagno, in realtà non tanto per puro piacere, quanto per raccogliere (abusivamente) un po’ di legna per fare il fuoco a casa, e passavamo sempre per la Fonte delle Lucciole, io sporta ogni volta dal finestrino della vecchia Fiat 127 (macchina stupenda, così consumata che sedevamo sulla spugna dei sedili, invece che sulla pelle).

E il cartello sempre lì, d’inverno e d’estate, sempre senza lucciole vere, ma con il loro nome disegnato per davvero, e sempre con un’aura di mistero sul perché si chiami in quel modo.
Una volta mi ricordo ci passai anche con il babbo, e rimanemmo fermi perché colti alla sprovvista da una tremenda bufera di neve.

Sono tornata, dopo anni, al Pratomagno per queste feste: il barrino sulla salita non c’è più, rimangono alcuni resti, tra cui un’insegna, stessa sorte per il ristorante Lo Scoiattolo, abbandonato, coperto di neve e costellato di oggetti buttati lì vicino a caso. Un ragazzo di Anciolina, un paese lì vicino, mi ha detto che una notte prese fuoco.
Benché i luoghi abbandonati godano di un innegabile charme, legati al passato e all’idea di decadenza, sono anche un po’ come quegli anziani messi in case di riposo dove non vengono mai i parenti: ti danno un pugno sulla bocca dello stomaco fino a farti dolere il cuore.
Sono lasciati lì spesso con l’impressione di una tremenda urgenza di liberarsene, piantati in asso come un fidanzato mollato senza spiegazioni, che piegato dal male comincia ad alcolizzarsi.
È stata bellissima la mia visita-amarcord al Pratomagno, con tutto quel bianco a rilassarmi i miei super miopi occhi. È stata bellissima, ma a intermittenza ho provato un profondo dispiacere. Un po’ come se qualcuno ti ricordasse che c’è il bello, ma poi c’è anche il brutto.

 

 

 

 

 

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