MARRAS, MI DUOLE ESSERE BANALE

Posso essere banale? Mi duole perché più che una domanda è un’affermazione su un’azione che è immediatamente futura: sarò banale. Mi scoccia e non poco esserlo, mi scoccia ancora di più non farci niente, perché al varcare di quella soglia banalmente le sensazioni sono sempre le stesse, che in sè sono tutt’altro che banali.
Varcala la soglia dello showroom Antonio Marras, poi mi dici cosa provi. Lo recito sempre quel rosario: “Giuro che provo, appena entro, a non fare come tutti. A non dire ‘Vorrei abitare qui’ o ‘ Che figata questo posto'”, ma non ce la faccio mica. Quindi lo dico, mi emoziono e rimango incantata, esprimendo tutto ciò in un centinaio di aggettivi pronunciati a voce alta e con diverse tonalità, che comprendono essenzialmente “bello” e “stupendo”. Non penso di avere mai detto “top” in presenza di abiti o accessori di Antonio Marras, se sì prendete i dovuti provvedimenti che potrebbero includere gli insulti pesanti.

Perché Antonio Marras si sa, mica è uno stilista, è un’artista, un poeta, un romantico. Un nostalgico che guarda avanti facendo l’amore con il passato, e detto questo non preferisco parlare di lui buttando lì anche un po’ di presente, perché per me lui non lo è, è bensì un ponte tra due epoche, saltando quella odierna.
L’oro è l’opulenza del passato ma anche le tute d’avanguardia del futuro, quelle lunghezze sue tipiche “strane” sono degli anni passati, forse ancora pochi le capiscono, ma le capiranno (futuro), perché sono segno di un’eleganza assoluta. Le platform da modaiola concettuale da una parte e i tacchi da tutrice figa dall’altra.
Non c’è una via di mezzo, tuttavia è tutto estremamente equilibrato.
Ecco, è questo ciò che penso ogni volta, anche l’ultima quando ho visto l’Autunno-Inverno prossimo da vicino, vicinissimo.