La Sardegna: quella “isola là” dove c’è il mirto

La Sardegna: quella “isola là” dove c’è il mirto

La Sardegna è quell’isola là.
Mi spiego meglio: la Sicilia è quest’isola qui. Ci arrivi con voli ormai cari come se dovessi andare in America, si mangia da dio, la gente è dio, ed insomma è un’isola di dio.
In Sicilia ci si va sia per le vacanze standard che per visitare certi luoghi, in Sardegna ci si va per lo più in vacanza, e poi una volta che sei stata lì per la tintarella e il mare caraibico scopri che in realtà è un meraviglioso mondo a parte. A parte non solo perché non ha un evidente cordone ombelicale con lo Stivale, ma perché a parte il mare ha molto altro.

“Vuoi venire a scoprire i luoghi dove nasce il mirto Zedda Piras?”
Ovvio che sì.

Devo dire che dal momento in cui ho messo piede ad Alghero, e ho respirato l’aria di quella terra là, sono stata inspiegabilmente e repentinamente invasa da un senso di benessere e gioia tali che ho pensato seriamente qualcuno avesse sparpagliato della serotonina nell’aria.
Premetto subito che è stato un giorno e mezzo con e senza mirto, nel senso che abbiamo bevuto il liquore al mirto, ma non siamo stati né in azienda e né a vedere la raccolta, dato che essa ha luogo a novembre e dicembre; tuttavia visitare il territorio-babbo di un prodotto la dice lunga sulla storia di un liquore.

Alghero è una chicca. Me la immagino come la figlia bionda di una famiglia semplice nel giorno della Comunione: vestita a puntino, calzettoni bianchi che accompagnano un paio di bebè chiare e cerchietto in testa. Una bambina precisina e brava a scuola.
Me la immagino minorenne anche se la Sardegna è famosa per gli ultra maggiorenni, e bionda nonostante la maggior parte della popolazione sia mora.

Italiano, catalano e dialetto algherese, sabbia e sassi, isole e grotte: il bello di Alghero è che è come le risposte aperte dei questionari, in cui tanto alla fine non succede niente se sbagli, perché vanno bene tutte.
L’altra cosa bella è che si mangia, tanto e fino a scoppiare: ve lo giuro su chi volete, non credo di avere mai avuto sotto gli occhi così tanto cibo in vita mia.

Abbiamo cominciato a mangiare in centro al Alghero, vista mare, da Angedras, l’arrosto di polpo più soffice che abbia mai assaggiato e le prime seadas al miele della mia esistenza, per poi spostarci da Sa Mandra, un’azienda familiare che produce prodotti a chilometro zero, come la ricotta mustia e il pecorino, ed infine nell’agriturismo Menduras, dove è vietato chiedere un’acqua frizzante, perché si mangia e si beve solo quello che si produce in loco.
In tutta la freschezza dei quaranta gradi ho visitato anche Monteleone Roccadoria, un borgo di soli cento abitanti circa, con un bar, Le Poste e il museo del pane. Fine.

In tutto ciò ho imparato che i sardi ti mettono il cuore in mano, ti danno tutto quello che hanno, ma a modo loro. E se per qualche motivo e in qualche modo li offendi se la legano al dito per sempre. Che la bellezza qui è intesa come genuinità, non deturpazione, rispetto, natura, che un sorriso te lo devi guadagnare, che il cibo è un modo di comunicare, che come in Sicilia, quest’isola qui, l’ospite è sacro.

Sorso dopo sorso ho capito meglio lo Zedda Piras, il liquore al mirto che ha più di cent’anni: dalla struttura calda, come il clima della sua terra, e morbida per il contenuto zuccherino, come la dolcezza guadagnata dagli abitanti di Alghero, un pezzo di storia, perché il mirto è storia anche moderna della Sardegna, di cultura, di tradizione. E nessun’altra regione, più che la Sardegna mi pare che ci tenga alle sue tradizioni.

(Foto quest’ultime scattate all’Hotel El Faro, inutile dirvi che sia un hotel da sogno vista mozzafiato)

 

 

Comments are closed.
  1. giulia

    19 July 2017 at 8:50

    La foto con te che nuoti in mezzo all’acqua cristallina è bellissima…:D

    • Lucia

      19 July 2017 at 22:42

      grazie Giulia 🙂