Perché siamo così nostalgici?

Perché siamo così nostalgici?

Sono giorni in cui vedo ovunque (e fotografo) i cartelloni di Sky con la scritta “nostalgioia”, nome che, tra l’altro, avrei tanto voluto inventare io.

Sono giorni in cui rifletto sul mio amore incondizionato per la nostalgia; prova evidente il mio account Instagram dedicato alle vecchie insegne, @thenostalgictraveller.

Sono giorni che allargo il campo d’azione, analizzando quello che mi succede attorno: sabato c’è la serata Anni Ottanta, adesso spacca quel negozio di vinili che vende come un matto nonostante ci sia Spotify, c’è stata la reunion delle Spice Girls e ho avuto la mia bacheca di Facebook infestata dalle foto del gruppo, vado su Pinterest e le tavole d’ispirazione moda sono quasi tutte in bianco e nero, esco e un locale su tre ha un allure vintage, andremmo anche ad ascoltare la techno, ma c’è Cristina D’Avena che fa un concerto all’Alcatraz.
Adesso sono seduta su una sedia anni Sessanta difronte ad una fantastica libreria anni Cinquanta e sopra un’insegna forse degli ultimi Quaranta. Casa mia è l’esempio perfetto di retromania.
Passo le domeniche ad emozionarmi per mercatini, magari anche importunando arzilli vecchietti, e se li vedo camminare sotto insegne di negozi fondati quando non ero manco nata vado in estati totale.

Pare sia sempre più difficile apprezzare il presente, che sembra molto più freddo e impersonale del suo antenato passato.
Pare molto più facile osannare un passato che in realtà non abbiamo mai vissuto che vivere la generazione… presente.
Appunto, che generazione siamo? L’abbiamo capito essere millennials, ed essere anche parecchio disgraziati, ma poi?
Voglio dire: viviamo con l’universalmente riconosciuto mito di David Bowie che è nato e morto come un’icona, idem Michael Jackson ed Elvis Presley, per esempio. Adesso? Manco Lady Gaga ce la fa a diventare un’icona corale, perché ci sarà sempre qualcuno che dirà che è ridicola, che è troppo pop (spesso il pop è roba da sfigati, dicono), o qualcos’altro di più o meno inventato.
Non siamo hippy, non siamo paninari, non siamo yuppie, ma chi diavolo siamo? Siamo destinati spesso ad essere descritti come bamboccioni poco fortunati, che hanno una casa in affitto grazie sovente alle finanze del papà perché a noi se ci pagano è un regalo, ci vestiamo con trenta euro totali un po’ perché siamo squattrinati, un po’ perché vintage è cool, ascoltiamo musica passata, rap a parte, imbastiamo sogni romantici sulle cabine telefoniche ma siamo quelli che ci mettiamo in coda per l’ultimo iPhone, aneliamo ad un ritorno sociale, ma stiamo sempre attaccati ai social.

Siamo confusi, insomma. Ma è normale.
Siamo cresciuti chiedendo un Moncler alla mamma, e ce ne arrivavano due di due colori diversi, facendo le vacanze estive che erano schiaffi alla miseria, vabè c’erano i soldi, con la nonna che faceva la nonna e non la mamma attempata che invece di tenere la nipote va a vedere lo spettacolo concettuale a teatro, con le Barbie, la terra, la bici e anche il Game Boy.
Siamo cresciuti in un modo in cui non ci mancava niente.

Ora abbiamo tutto ma ci manca tutto. In primis i soldi per andare in vacanza, anche se poi le vacanze le facciamo sempre.

Perché noi millennials siamo così nostalgici? Perfino nei social network, che sono un palese inno al passato. Non è mica un caso che il buon vecchio Mark abbia messo i “ricordi”: una volta al giorno ti ricorda come eri e cosa facevo tot anni fa. Insomma, anche lui ti ricorda di ricordare.
Facile. Perché facendo parte adesso di una generazione di eterni insoddisfatti, quasi rassegnati, per cause spesso sopra la nostra volontà ci rintaniamo nei ricordi felici.
Provate a mettere ad un meeting di lavoro una canzone dei Backstreet Boys: anche la manager più palo in culo del mondo muoverà la spalluccia.

Ovviamente e giustamente c’è chi ci marcia. Le mille mila saghe di Star Wars, i documentari su Netflix sui giocattoli della nostra infanzia, le mostre sulla Barbie, e così via, per non parlare del mondo dello sportwear che ormai è puro lifestyle, come adidas e Rebook, le cui sneakers old school ti fanno sentire, paradossalmente, più avanti. E allora siamo tutti ugualmente nostalgici con ognuno una decade di riferimento diversa a cui ispirarsi.

Un palliativo allora?, viene da chiedere. Forse sì. Un modo per essere “visionari al contrario?”. Può darsi.
Fatto sta che la nostalgia, per ora, ci/mi fa bene, quasi ci serve.

Foto: Mauro Mattia Serra
Gonna: Stella Jean

 

 

 

 

 

Comments are closed.
  1. caterina

    13 February 2018 at 20:43
    • Lucia

      15 February 2018 at 12:44

      grazie <3