Faccio un discorso da vecchia. Andando avanti con l’età mi rendo sempre più conto di due cose: la prima è che più gli anni passano, più io mi sento bene, sono ben consapevole del meraviglioso concetto di “consapevolezza”, e la seconda, in generale, è che non bisogna mai ascoltare nessuno, o meglio, solo quelle due o tre persone in croce, grazie alle quali, comunque, non ci faremmo influenzare.
“Vai a Jesolo? A fare che?”
“Dai, fa cagare!”
“Jesolo???”
“Ma l’acqua è oscena”
Cito solo quattro esclamazioni, per evitare del tedio.
Insomma, qualche giorno fa mi sono avventurata in terra veneta, per giungere alla mia meta finale, che è stata appunto Cavazuccherina (vecchio nome di Jesolo, non è dolcissimo?). Dico avventura perché tra bus, attese, metro e macchine, così è davvero stato.
Per l’occasione, ho deciso di provare per la prima volta sia Flixbus che Bla Bla Car, dichiarando ufficialmente chiusa la stagione, che a quanto pare è sempre alta, dei treni.
Dopo varie peripezie, tra cui un’americana praticamente stesa su di me e un’indiana addormentata sulla mia spalla sinistra, Jesolo mi ha accolta esattamente come avrei voluto: calma in procinto di minacciare, silenziosa, quasi vuota, con una profondissima sensazione di attesa.
Di pioggia, di gente, di far divertire.
Credo che mi abbia detto “Lucia, qui a tavola è tutto pronto, mancano solo i commensali”.
Ho passeggiato molto da sola, sotto una pioggerellina di quelle fastidiose, sorridendo tra me e me, o forse anche palesemente, scorgendo alcune strade dedicate a Federica Pellegrini o a Mara Venier, e permettendo al cuore di sciogliersi alla vista di certi hotel serrati con l’insegna in cima, là sbandierata da anni, alla faccia del restyling, con le tende di ciascuna finestra già belle linde, le sedie perfettamente disposte, la sabbia liscia e pulita come una chioma tamponata col balsamo senza risciacquo e poi pettinata dolcemente.
C’era della mania in quei tentativi di perfezione, forse adoperati per ridondanza di tempo, forse per speranza, forse semplicemente per senso del dovere. Alla fine sono veneti.
“Speriamo smetta questo tempaccio, altrimenti i turisti…”
In cuor mio in realtà spero piova all’infinito, per potermi godere il lungomare con quelle due o tre vecchiette, il saluto dei tenaci signori che resistono al maltempo giocando a bocce, e i placidi giovani ma non troppo a sorseggiare birra sotto la tettoia di qualche bar sulla spiaggia, con shorts, felpa, e la sabbia attaccata ai piedi come zucchero sulle caramelle gommose.
Nostalgia. Per me equivale a bellezza, gioia infinita.
Malinconia. Per me equivale a proficua riflessione.
Vedere quei palazzoni menefreghisti, indipendenti l’uno dall’altro, buttati sulla sabbia come pedine del Monopoli sul tabellone, un po’ a caso a seconda di dove cade il dado, ma tutti a baciare il cielo, mi faceva venire voglia di camminare ancora e ancora, per vedere altro.
E tutto è altro al Lido di Jesolo: non c’è hotel che abbia la stessa struttura, architettura, lo stesso stile, insomma. Prevalentemente anni Sessanta e Settanta piantati su fosse abbastanza distanti tra loro e fatti crescere un po’ a capriccio.
Rimini, la badessa, l’Hotel Leopardi, Ivan, tanti alberghi, un, due, tre stella, gomito a gomito l’uno all’altro, soldatini di cemento non armato, ma colorato, gli ombrelloni non troppo distanti, la frangetta e la pasta al pomodoro.
Uguale.
Il modo italiano di fare le vacanze. A Rimini così come a Jesolo. È storia. La storia di come viaggiavano gli italiani, dove andavano, come si godevano la villeggiatura, quanto spendevano.
(Tanto).
Altro che Bed & Breakfast e Airbnb. Pensione completa, tutti a tavola al suono del campanello e chi arriva tardi al buffet non mangia.
Chi viene a Jesolo deve viaggiare come allora, italiani e stranieri. In più ci sono wi-fi, booking.com e altri tipi di gelato, niente Piedone o Twist.
The italian way.
Ci sono ancora le Sale Giochi. Intravedi dalle porte qualche coda di tenera navicella spaziale, volanti da impugnare, e qualche bambino piccolo, figlio di genitori della mia età che nelle sale giochi c’hanno passato ore, e che non vogliono che il pargolo si attacchi al cellulare, piuttosto cavalchi il cavallino dai colori un po’ sbiaditi.
E poi la scritta “Sa-l-a G-i-o-c-h-i”, ogni lettera un mondo. “S” come santa, dato che al mare era una specie di luogo sacro per bambini e adolescenti, “a” come “ascoltare la musichina di ciascun gioco, che assieme a tutti gli altri, diventata una stonatissima e fastidiosa sinfonia, e così via.
Ci sono ancora le cabine telefoniche, solo che la nonna non ce la chiama più nessuno.
I negozi che vendono teli mare, solari, il profumo di cocco chimico delle creme, le granite.
Dai, Jesolo, come Rimini, è sottovalutata.
“C’andavo in vacanza coi miei…”
“Solo per turisti”
“Non c’è nulla di interessante per me”
All’improvviso tutti qualunquisti o intellettualoidi.
C’è semplicemente la storia di un lifestyle. Quello dedicato alla vacanza. E semplicemente è ovviamente ironico. Quella storia che hai avuto l’opportunità di vivere.
“Ci sono vecchie insegne qui?, chiesi al padrone dell’albergo.
Dopo quindici secondi: “Non ci ho mai fatto caso”.
Sarà forse questo il compito delle influencer? Far vedere le cose da un altro punto di vista, varolizzarle se degne d’essere valorizzate, anzi, forse semplicemente far vedere. Punto.
La bellezza è sempre davanti ai nostri occhi, di sicuro ognuno ha una sua idea di essa; per me ad esempio, come sapete, è fortemente legata al passato.
Forse il compito di un’influencer è raccontarla per renderla più comprensibile?
O forse quello è marketing.
Strategie (inconsce) o meno, tornerò presto a Jesolo, e sinceramente sto scalpitando per poter apprezzare altri colori, altri umani, altri pezzi di cemento che tagliano il cielo senza fargli male.
Comments are closed.
giulia
10 May 2017 at 9:45Secondo me diventare grandi e consapevoli ci aiuta a fregarcene del parere altrui e poi il mondo è bello perchè è vario, ciò che piace a me non deve per forza piacere agli altri e viceversa…le foto sono veramente belle!
Lucia
11 May 2017 at 20:52grazie!
andrea
25 May 2017 at 21:21Raccontare la Bellezza per renderla più comprensibile…
O forse raccontarla per farla vedere dove i nostri occhi abituati a tutto non sono più capaci di vederla.
Jesolo come Rimini e come tanti altri posti che ad un certo punto abbiamo dimenticato perché siamo diventati “grandi”, snob o intellettualoidi, come tu racconti.
È vero, la bellezza è spesso legata alla nostalgia; la nostalgia porta malinconia che a sua volta induce alla riflessione e questa, quando è proficua, conduce alla bellezza.
E il cerchio si chiude.
Quello che hai scritto non è un semplice post: è poesia.
Grazie…
Lucia
27 May 2017 at 8:48Andrea, grazie mille del commento, davvero.