Aqualandia non è solo roba per bambini (anzi)

Aqualandia non è solo roba per bambini (anzi)

Credo che Lido di Jesolo mi abbia adottata. O al contrario, io abbia adottato Jesolo.
Ci ho scritto e riscritto, ci ho fatto una guida in collaborazione con Collistar, continuo ad essere affascinata dalla nostalgia che emana, degli hotel, delle Sale Giochi, dei negozi che odorano di gomma e cocco.
Ogni volta che ci metto piede sono sempre più convinta della mia difesa nei confronti di una località a volte sottovalutata, per la superficialità di non prendere in considerazione il fatto che Lido di Jesolo è e sia stata la storia del lifestyle vacanziero italiano, e che si debba semplicemente aprire gli occhi per scoprire il bello.

Dopo la bottega con gli zoccoli e le borse fatte a mano, il ristorante sostenibile, e lo spot surf (a Jesolo, davvero), ho proseguito la scoperta del Lido aggiungendo un’altra esperienza: Aqualandia.
Giuro, sono stata ad Aqualandia, nonostante i pregiudizi di alcuni: “è una roba per bambini”.

Intanto è il parco a tema acquatico riconfermato dieci volte il migliore in Italia, e ha la torre del bungee jumping più alta d’Europa. Quindi mica tanto roba per bambini. Io ci sono perfino salita, mi sono fatta imbragare, ma quando ho visto quei sessanta metri di altezza ho fatto ciao ciao con la manina e sono tornata giù bella e serafica. Per le scale.
“Aqualandia è puro divertimento artificiale”. Bene, allora? Anche le moto, le giostre, il biliardo, le bocce, praticamente quasi tutto è divertimento artificiale. C’è qualcosa di male?

Piuttosto sono rimasta seriamente colpita fin dove può arrivare l’uomo: a ricreare una spiaggia caraibica con tanto di sabbia bianca, Shark Bay, a far scatenare le onde in una piscina piatta fino a pochi secondi prima, a pensare a delle cascate da cui venire sparati fuori e fatti girare come calzini. Giuro, a me tutto ciò sembra magia.
Effettivamente Luciano Pareschi, il boss, suo papà era socio fondatore di Gardaland, da anni va in giro per il mondo a fare ricerca, osservare, studiare, con la missione di far divertire grandi e piccini.

Jungle Jump, Scary Falls, Crazy River, ok, ma le prime cose che mi hanno colpita sono state altre: l’organizzazione e la qualità degli spettacoli.
All’entrata del parco si viene dotati di un braccialetto che può aprire un armadietto e anche una piccola cassettina del proprio ombrellone, per cellulare, crema solare, e niente borselli e borsellini. Niente soldi “fisici”, perché si paga con il bracciale: qualsiasi cosa si voglia mangiare in un qualsiasi bar o chiringuito, non c’è mai il disagio di portare con sé pochette o zaini, basta avvicinare il bracciale a un chip, e si paga tutto alla fine. Amen.

Il Jungle Show è pazzesco: i Kenya Boys spiccano il volo con evoluzioni che sfidano la forza di gravità; per non parlare dello show dei pirati, in costume d’epoca, tra duelli, inseguimenti e tuffi acrobatici. Il livello è davvero alto.
Poi sì, c’è anche una parte dedicata ai bambini, Funnyland, ma Aqualandia, fidatevi, è soprattutto cosa per adulti.

 

Di giorno acqua e di sera vodka, o Coca Cola: il volto notturno del parco acquatico ha il nome dolce di una pianta, Vanilla.
Al Vanilla Club si balla, si rischia di ballare per quattro o cinque ore di fila, fino a ricordarti dei tuoi piedi solo alla sesta ora, come è successo a me.
Non sto a dirvi che c’è bella musica, bella gente, spettacoli belli, no. Io quelle poche volte che vado a ballare ballo. E basta. Mi diverto. E basta.

Mi rendo conto della bella riuscita della serata il giorno dopo, quando non riesco a camminare nemmeno scalza.
E dato che appunto, il giorno dopo non ero in grado di deambulare in scioltezza, dire che sì, al Vanilla ci devo proprio tornare. Credo presto, dato che sarò a Lido prossimamente.

 

 

 

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