Vietri, Il Re Sole dello story-telling

Vietri, Il Re Sole dello story-telling

vietri_fontanaÈ stata quasi una magia: inscatolata e infornata in un apparecchio non domestico a quattro ruote (nel gergo moderno macchina), nel quale anche l’aria condizionata s’era arresa al potere del Re Sole, ad un certo punto, con le punte dei piedi ben rialzate (eravamo in discesa) e le ascelle di molto commosse, ho visto la navicella affacciarsi sul mare, ed io l’ho ammirato in faccia il Re Sole.
Non quello in alto che combatteva a sciabolate l’aria condizionata, ma quello in basso, altezza uomo o poco più. Perché se Vietri sul Mare sarebbe “qualcosa” sarebbe sicuramente il Sole, con tanto di “s” maiuscola.
Vietri è un villaggio; mi piace chiamarlo così e non “comune”, che è un sostantivo troppo freddo, e lei invece è così calda che ti pare abbracciare, arti umani spuntano ed escono da ogni bottega, davvero. Io l’ho viste.
Vietri è un villaggio, dicevo, che è sì colorato, ma è prevalentemente giallo/sole.
Tutto è ceramica variopinta, le insegne, i tombini, perfino i numeri dei tassisti sono disegnati e appesi al muro su mattonelle bianche.
Tutto è storia, qualsiasi cosa è una rappresentazione: in ogni piatto c’è una scena, che magari continua nel piatto successivo, in ogni quadro, tazzina e lampadario. Storie-monadi o storie con un seguito. Quel che importa è raccontare.
Posso nominare Vietri come capitale dello story-telling?
Sì, qui posso fare tutto, il blog è mio.

La cosa pazzesca è che anche le persone sono colorate, e ad un certo punto me le sono figurate dello stesso stile dei disegni sui piatti, un po’ stilizzate, un po’ meravigliosamente infantili, tutti bambini della stessa altezza. Sono passata davanti alla farmacia, e lì sotto mi si ferma davanti un omino con la T-shirt dello stesso colore dell’insegna.
Entro in un negozio per fotografare (per un progetto che sto mandando avanti per il mio libro, di cui vi parlerò più avanti) una bellissima signora anziana, proprietaria dell’Industria Ceramica Avallone, e pure lei era perfettamente in pendant con le ceramiche nello sfondo, non solo con il suo vestito, ma sorriso compreso.

L’altra cosa pazzesca è che non ho mai amato le ceramiche fino a quando non ho visto da dove nascono.
Non sono entrata fisicamente nella Fabbrica di ceramiche Solimene, un perfetto esempio di architettura organica realizzata da Paolo Soleri, dove c’è una vasta collezione di ceramiche, ma mentalmente ci sono più che entrata, mi ci sono intrufolata con prepotenza, e ho pure visto le donnine e gli omini disegnare su quelle tele rigide ma fragili, tutti con gli occhi resi piccini e alcuni storcendo la bocca.
Forse il bello delle ceramiche è proprio questo: sono tutte d’un pezzo, ma se le tratti male si rompono, ti danno la libertà di farci ciò che vuoi, le puoi dipingere in mille modi, solleticare col pennello in mille altri, poi ti rendono schiava perché te ne innamori. Ma basta una minima disattenzione che l’incantesimo d’amore colorato svanisce.
Non è fantastico?

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  1. Desirèe

    6 August 2015 at 18:33

    sono stupende queste foto, adoro la tua gonna!!!

    http://www.thefashionprincess.it/