Di quando ho portato Ally, il Brand Ambassador Hendrick’s, per negozi milanesi

Di quando ho portato Ally, il Brand Ambassador Hendrick’s, per negozi milanesi

I ragazzi di Hendrick’s gin non lo sanno, ma hanno esaudito uno dei miei desideri che tenevo lì nel cassetto. Erano mesi che dicevo: “voglio organizzare un tour per botteghe milanesi”. Me lo ripetevo tipo mantra. Avevo già individuato i negozi, avevo persino parlato con alcuni, ma poi si sa, il tempo è spesso nemico, e il progetto è finito lì nella cesta del to do. Mica nel dimenticatoio.
Fino a che un giorno mi hanno chiesto: “ti va di accompagnare Ally Martin, il global brand ambassador di Hendrick’s, per dei negozi da te scelti, e che siano in linea con il marchio?”.
Sì, lo voglio. Anche senza brillocco.
Tutti i gestori, o chi per loro, dei negozi che ho contattato si sono mostrati disponibili, gentili e professionali, tranne uno, per il quale sono più che sicura che tutta la maleducazione palesata gli si ritorcerà contro. Il signore in questione è uno di quelli che non ha tempo da perdere, che deve vendere, e che le cose digital non le capisce, quindi non gli interessano, e che infine ti snobba e non risponde. Insomma, una persona che ha proprio capito come lavorare nel 2018.
Ma andiamo avanti, “altrimenti ci arrabbiamo” di nuovo.

Il primo negozio che mi è venuto in mente per Hendrick’s è Mutinelli, affascinante bottega storica che dal 1888 è gestita direttamente dalla famiglia. Entrare a casa di Matteo Mutinelli è stato un po’ come entrare a casa dei nonni, non i miei, ma dei nonni in generale, e della loro generazione che senza cappello non andava da nessuna parte (adesso invece chi ne indossa uno è uno ganzo, prima era normale). Dunque è stato bellissimo.
“Quando sei qui devi avere pazienza perché per trovare il cappello giusto ci vuole tempo”, mi ha detto Matteo.
Non è vero, dato che io c’ho messo due secondi per individuare quello giusto per me, ma mi hanno detto dalla regia io sia un’eccezione.
Tuttavia la pazienza nel mio caso è da identificare nella meravigliosa calma e grande concentrazione che mi servono in uno di quei negozi, dove la comunicazione è fondamentale, così come il rapporto con il venditore.
Da Mutinelli i cappelli sono tutti made in Italy, da Borsalino a Barbisio, e sono migliaia, nonostante le aziende rimaste a produrre cappelli artigianali siano poche. Non solo per una questione di costi, ma anche perché l’arte del cappello è abbastanza “misteriosa”, a differenza, ad esempio, di quella delle scarpe. Da Matteo spesso arrivano studenti di scuole di moda a chiedergli “come funziona”, perché insegnano loro tutto tranne quello.
Ovviamente io ho trovato il mio modello, che credo mi regalerò per Natale: una versione ironica e colorata del cappello normale, quindi totalmente mia. Matteo mi ha detto che non tutti uscirebbero con quel “coso” in testa, invece a me divertirebbe così tanto che me lo metterei anche per andare a fare la spesa.
Mutinelli è una delle poche realtà così rimaste al mondo. La bellezza resiste, ed io non posso che aiutarla.

La seconda tappa scelta principalmente per i suoi pezzi unusual, e che quindi rispecchia a pieno a filosofia Hendrick’s è stata Robertaebasta, storica galleria d’arte e boutique milanese. Ho anche e finalmente scoperto perché si chiama così: prima c’erano Roberta Tavaglini, che dal 1967 si occupa di antiquariato, e un’altra socia, poi è rimasta solo Roberta, quindi Robertaebasta.
A dire il vero adesso l’”ebasta” è il figlio, Mattia Martinelli, Presidente dell’Associazione Commercianti di Via Fiori Chiari, che ha anche acquisito nuovi spazi quali le gallerie di via Fiori Chiari 3 e P.zza Formentini 4/6. Come se non (e)bastasse, Robertaebasta è anche a Londra.
Cosa si trova nelle gallerie, oltre che sogni sotto varie forme? Mobili, arredi, accessori e quadri, pezzi unici creati nel XX secolo, ma anche più abbordabili. Ho portato Ally prima nel negozio di design e modernariato di Solferino, dove appunto c’è un’arte più alla portata di tutti, mentre poi in quella più “lusso” di via Fiori Chiari, dove ci sono davvero delle rarità.
Qui si affittano arredi per eventi, soprattutto film (vi faccio solo un nome: il Grande Gatsby), poi ovviamente si può anche comprare.
Robertaebasta partecipa alle più esclusive fiere d’arte, ed è un nome al livello internazionale.
“Marina Abramovic? Sì, certo, la conosco, ho un selfie con lei”, mi ha detto Mattia.
Tanto per capirci.

Olfattorio era una scelta obbligata, dato che l’immagine di Penhaligon’s, marchio lì distribuito, ricorda proprio quella di Hendrick’s.
Olfattorio nasce dall’incontro di Renata De Rossi e Giovanni Gaidano con uno dei più famosi maestri della profumeria selettiva, Jean-François Laporte.  L’Artisan Parfumeur è il suo primo marchio importato in Italia, successivamente sono entrati T.LeClerc, Diptyque, appunto Penhaligon’s e gli altri.
Il concetto di Bar à Parfums mi piace molto: è una degustazione di fragranze in delle specie di calici dove annusare il profumo, in una sorta di “passeggiata olfattiva” personalizzata.
E proprio grazie ad una di queste passeggiate ho scoperto (non lo sapevo, lo ammetto) l’esistenza di profumi a base di gin, che sanno di vino, di champagne e perfino di limoncello, ma soprattutto la linea Portraits di Penhaligon’s, una fiction olfattiva, con Lord George, Lady Blanche, Duchess Rose e altri personaggi in boccetta.
Olfattorio comunque non è solo a Milano, ma anche a Roma, Torino, Genova, Bergamo e Firenze.

Fratelli Bonvini me lo fece scoprire Elena; da allora è diventato uno dei miei pezzettini di Milano preferiti, perché rappresenta quel passato trasportato nel presente in maniera intelligente e moderna. I gestori non sono i Fratelli Bonvini, lo preciso perché tutti credono il contrario; dal 2014 è un gruppo di amici appassionati di grafica, editoria, tipografia, arte ad aver ripreso in mano il negozio facendolo diventare meta sia di artisti e creativi internazionali che di persone “comuni” che vogliono partecipare a dei workshop, comprare dei libri particolari o matite per la scuola, curiosi.
Il negozio fu però aperto nel 1909 da Costante e Luigia Bonvini come cartoleria. Costante fece i suoi “studi di marketing” e vide che nella zona mancava però anche una tipografia; sempre più persone avevano bisogno di stampare dalla carta intestata ai listini prezzi. Allora comprò una pedalina (usata) di fine Ottocento, una piano cilindrica Imperia e, in seguito, una Heidelberg Stella.
Queste macchine che vi ho citato sono state restaurate e funzionano ancora. Qui si stampa però non solo in analogico, ma anche in digitale, perché passato e presente convivono.
L’attività passò poi a Leila Bonvini, figlia del fondatore, e al marito Luigi Cambieri, mantenendo inalterata l’autenticità dell’impresa famigliare fino al Luglio 2011.
Adesso Fratelli Bonvini ha anche uno spazio ricavato da una vecchia panetteria dove si fanno principalmente corsi e workshop; a breve sarà aperto anche un piano superiore, perché l’arte “si deve allargare”.
Mi raccomando di dare un’occhiata ai libri nel retro, perché ve lo giuro che meritano.

Foto di Mauro Serra

 

 

 

 

 

 

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