QUATTRO NEGOZI MILANESI “MOLTO HENDRICK’S GIN”

QUATTRO NEGOZI MILANESI “MOLTO HENDRICK’S GIN”

Me lo dicono in tanti che sono fortunata. È vero, lo so. Nonostante dei ritmi “abbastanza” serrati e il cervello perennemente a mille, svolgo un lavoro stupendo. Con Hendrick’s Gin ho fatto una cosa stupenda, appunto, per il secondo anno consecutivo: l’anno precedente mi era stato chiesto di fare una mini guida di Milano accompagnando il Brand Ambassador per luoghi che rispecchiassero la filosofia del marchio, quindi “strani”, ma anche ricchi di storia. E così fu, da Mutinelli Cappelli alla Tipografia Fratelli Bonvini imbastì una guida con tanto di lacrimucce (a me certi posto commuovono).
Anche stavolta sono andata in cerca di quella bellezza non convenzionale, di emozione, di speciale.

Sono partita da una persona meravigliosa, Der Prinz, un tatuatore dal cuore d’oro, l’animo d’altri tempi e un gusto che normalmente non trovi, unico. Sono andata a trovarlo nel suo studio, Freakshow, realizzato essenzialmente con materiali provenienti da vari continenti o mercatini locali, che non puoi non ricoprire di “no vabè”, esclamati tra una visione di maschere giapponesi appese al muro, e l’apprezzamento di una Madonna colorata in una bara aggiustata a libreria. Oltre che rimanerne incantata, quando varchi quella soglia acconsenti che il tuo corpo vada “in pasto” all’arte. La sua nello specifico è ispirata a Percy Waters, un tatuatore degli anni Venti.

“Cristian come fai ad essere così ‘strano’?”, gli chiedo.
Mi rammenta che il soggiorno dei suoi genitori era costituito da un pavimento di marmo nero scurissimo ed un tappeto super peloso, che il babbo era operaio ma anche un artista, e che quindi era perennemente circondato da un’atmosfera sopra le righe.
Estetica hendricksiana a parte, Cristian è bravo, ho le prove sul mio corpo, oltre ad essere una persona umanamente grandiosa in un involucro minuto.
Niente panico, lui è su tutti i social, ed è da lì che potete prendere appuntamento, oppure via mail. Il suo studio è in zona Sempione, in via Luigi Manfredini, 6.

La seconda tappa che ho scelto ha a che fare con qualcosa che ultimamente manca sempre e crea ansia. Sono sicura che la indovinate con una: il tempo.
Sangalli dal 1900 è un’orologeria in via Bergamini 7, aperta nel 1900, da Egidio Casini, come orologeria e pendoleria, che ora come allora si occupa della manutenzione degli orologi dell’appartamento arcivescovile e della Sacrestia del Duomo, ma che in tempo di guerra trattava anche di bigiotteria. Negli anni ‘20 entrò in attività il nipote del fondatore, Egidio Campana, ed è mezzo secolo dopo che entra in scena la famiglia Sangalli, quando si aggiunse come socio Giuliano Sangalli, nipote di Egidio Campana. Giuliano iniziò a frequentare la bottega fin dai primi anni di vita, imparando a conoscere tutti i segreti dell’arte orologiaia e cominciando a coltivare, fin da piccolissimo, la passione per gli ingranaggi. Ad illustrarmi il negozio è stato il figlio di Giuliano, Andrea Sangalli, la quarta generazione, una sorta di Super Eroe, Presidente dell’Associazione Orafa Lombarda, Presidente del Laghetto District, suona l’organo, fa la Spartan Race, e di base settantadue cose assieme.

Un illustre cliente storico era il maestro Arturo Toscanini che anche durante i suoi soggiorni in America spediva in Via Bergamini le pendole bisognose di riparazioni, e queste giungevano a Milano via nave,  imballate in carta di giornale legata assieme con lo spago.
Adesso i clienti, oltre quegli storici, sono gli appassionati di segnatempo, di orologi a cucù, di quelle botteghe che hanno a che fare con il tempo nella misura in cui nel tempo ti ci fanno addirittura viaggiare.
A proposito di viaggi nel passato, l’orologeria Sangalli è sì una bottega storica, ma ha anche un e-commerce. Impazzisco quando la storia rimane storia ma non ignora la modernità.

Da Viganò, via Paolo da Cannobio 39, ci ho lasciato il cuore, non solo perché è un negozio affascinante, ma perché Laura Viganò è una persona speciale.
L’attività nacque nel 1919 da Carlo Viganò, il bis nonno di Laura, che lavorava alle Poste di Desio. Dopo un viaggio a Parigi conobbe rivenditori di materiali di ricamo e pensò di portare il business a Milano. Nel tempo affiancò anche la vendita di bigiotteria, e fu da qui che nacque il desiderio di aprire nel 1933 un altro negozio in Galleria, dove si potevano trovare scialli, vetri di Murano, ombrelli, e cappelli da cerimonia. Quello splendido negozio fu chiuso nel 2016 e riaperto in via Gonzaga 5.
Durante la guerra la Galleria Vittorio Emanuele chiuse, mentre in via Cannobio ci fu un incendio che fece perdere molti materiali di bigiotteria; altri invece sono ancora lì, nello stesso magazzino coperti di fuliggine o abbrustoliti.
Negli anni Settanta e Ottanta aprirono altri due negozi che chiusero poco dopo, in corso Vercelli e in Corso Buenos Aires, mentre questo di via Cannobio è sempre rimasto lo stesso, Laura ci tiene particolarmente.
Qui potete trovare perle e chocker necessari per creare i propri gioielli, in ogni cassetto di legno ci sono, diligentemente catalogate, perline colorate e accessori; in più sono presenti collezioni di bigiotteria di propria produzione accanto a pezzi vintage d’archivio. Il negozio si occupa inoltre di ricamo, sia al dettaglio che all’ingrosso.
Ci dovete andare anche solo per respirare un’aria che non c’è più, e che era, è, meravigliosa.

L’ultimo negozio della mia mini guida dedicata ad Hendrick’s è il più antico di Milano, ed è Ditta Guenzati in via Agnello, 8. La bottega viene fondata nel 1768 da Giuseppe Guenzati, nella contrada dei Fustagnari, sotto il Ducato di Milano che era occupato dagli asburgici.
Il negozio è sempre stato lì, in via Mercanti, ex contrada dei Fustagnari, fino all’anno scorso in cui si è trasferito, dopo lunghi contrasti e tentativi di rimanere dove erano, in via Agnello.
Guenzati nasce quando Milano è il centro serico più importante di Europa, e Giuseppe, determinato ad approfittare delle straordinarie opportunità offerte dalla piazza milanese, decide di dedicarsi prevalentemente al commercio di sete e fustagni, che negli anni a venire faranno la fortuna della sua azienda. A fine Ottocento venivano venduti anche panni di lana, cotone e lini, fino al 1968.

Guenzati è stato dei Guenzati fino al 1876, quando finì il filone ereditario. Poi il negozio venne donato ai commessi meritevoli con l’unico impegno di mantenere il nome. Questo è successo due volte, così che è diventa una tradizione.
È stato il papà di Gigi, l’attuale gestore, a dare la svolta all’azienda perché prima di allora venivano venduti solo colori scuri, neri e grigi. Lui invece andò in Inghilterra a comprare tartan, tweed colorati, e non solo tessuti ma prodotti finiti, e portò tutto in Italia.
Adesso Ditta Guenzati ha cappelli, maglieria, tessuti e alcuni prodotti finiti, con il comune denominatore del tartan.

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