La fashion week è come il Natale (e noi siamo dei cafoni)

La fashion week è come il Natale (e noi siamo dei cafoni)

regiorgio

Punto primo: io non chiarisco concetti, li dico e basta. I miei concetti sono abbastanza chiari, oggettivamente, non potrei fare altrimenti perché sono bionda, un po’ scemina e non potrei mai parlare per concetti filosofo-astro-fisici-socio-economici-e-via-andare, non ne sarei in grado, quindi la faccio semplice, la riduco anche troppo all’osso, rischiando di generalizzare, lo ammetto. Punto secondo: farò un’eccezione e chiarirò un concetto dicendolo. Io non faccio il bastian contrario, faccio Lucia Del Pasqua, la Lucy, la Queenlucy, interpreto me nel ruolo di me medesima in “Me”, un film prodotto da me.

Devo ammettere che in questi giorni ho avuto modo di discutere con diverse persone sul mio post sul Pitti, e ne sono derivate due correnti di pensiero: da una parte sono “quella che finalmente ha detto le cose come stanno”, dall’altra quella sessualmente repressa che sfoga le sue frustrazioni in post-sciabolate verso tutto e tutti. In realtà non è per niente così, ed è oggettivo, quindi discutere per pigiare inutilmente tasti mi secca, e anche parecchio. Odio perdere tempo, sparare sulla Croce Rossa, odio criticare le critiche, che sono di per sé, critiche.
Tutti adesso si aspettano da me un “post dei miei”, da sputtanamento totale e generale, sulla fashion week appena conclusa. Se lo aspettano perché in due o tre gatti me l’hanno chiesto.

E allora come sta la situazione adesso? Sarò il bastian contrario o quella “normale” ora? No, perché ho deciso di non scrivere sempre le stesse cose che leggo (e che penso anche io).
Le stesse cose sono le seguenti: gente che fino a ieri aveva la salamella in mano e una maglia della Onyx per lo struscio in Corso Vittorio Emanuele, ora s’apparecchia mettendosi o cose a caso addosso (dice vanno le sovrapposizioni: gilet su giacca, calza sopra pantalone, cappotto con sopra smanicato, cani e gatti… chi l’ha detto che non si può? Un casino), o non mettendosi nulla (naked and suffering – sai com’è, siamo a gennaio), o, ancora, privando un oggetto della sua reale funzione per affibbiarla ad un altro (tipo scarpe messe come accessorio del cerchietto). Si sa anche dei loser che stanno ad elemosinare le foto, si sa che i fotografi scattano solo la russa che entra per finta dal fioraio, la pugliese che almeno fa il suo lavoro, e quello con le braghe “concettuali”, che è l’uomo di concetto, appunto. Non faccio nomi.

A parte fare un ripasso della fuffa da fashion week, aggiungo qualcos’altro.
La fashion week mi ha infastidita molto meno dei manichini del Pitti, forse perché al Pitti ho dovuto lavorare come una schiava nei campi di cotone, mentre la fashion week me la sono fatta in tutta rilassatezza, senza ansie di scrivere post istantanei. E vedere quelli col culo a forma di muretto a far pigliare aria al piffero mi ha dato molto noia, lo ammetto.
Chiarisco, anzi, dico una cosa: le sfilate ormai sono “fuori”, e si sa anche questo, quindi va benissimo chi si veste a modino per rubare uno scatto. Il problema è che: 1) “A modino” diventa un “patchwork umano di pazzi pezzi fashion” 2) Vestiti a modino sì, poi però se non entri dentro a vedere la sfilata sei d’uno sfigato tale che fai prima a sotterrarti con la pala del mi’ nonno.
E’ ovvio che ci s’abbigli a dovere, lavoriamo nella moda! Non è ovvia l’esasperazione.
Comincio ad entrare nel vivo della mia stronzaggine? Non so, qualsiasi cosa farò, lo faccio. Parliamo dei cafoni. Durante la settimana della moda ce n’è in giro una percentuale talmente elevata che dispenserei facilmente ceffoni con un marchingegno fatto di dieci mani che roterebbe su se stesso. Ti pestano? Nessuno ti chiede scusa. Ti danno una spallata? Te la tieni, perché loro devono correre trafelati facendo correre apposta i fotografi che li devono immortalare (lo sanno, si sono vestiti così apposta). Perché se li fanno correre il loro ego si alimenta. Funziona così.

Tu, donna, aspetti in fila? Mica tu, uomo, fai passare prima la donna. No, i galantuomini alla fashion week esistono solo nei panni credono-loro-dandy che indossano.
Le donne, d’altro canto, fanno prima, manco ti guardano, se pestano una merda se la tengono, e anche bella puzzolente, perché loro lo sguardo non l’abbassano manco morte. Dodici pali in culo in fila per sei senza il resto di due.
La scena è questa: arriva lei con borsetta sopra la mano a cucchiaio, il cappottino sulle spalle con vestitino di Prada/Puglisi/Fendi/oqualsiasialtro, meglio se total look (meno sbatti) e su cosa o chi ci sia davanti, a destra, sinistra o per terra, non resta che fare il segno della croce.

E’ ovvio che delle sfilate se ne possa tranquillamente fare a meno: ci sono gli streaming e le foto praticamente immediate. Ma non lo facciamo: noi, popolo della moda, ci siamo sempre e comunque, con pioggia, neve e gelo. Ci lamentiamo di codesto fardello, ma siamo sempre presenti, in piedi fuori e spesso anche dentro.

Siamo tutti pazzi? Siamo dei caproni? Forse sì, ma lo show delle sfilate è una tradizione, un po’ come il Natale: da entrambe le parti tutti che si lagnano, da una parte di stare per forza con i parenti, dall’altra di vedere sempre la stessa gente, da una che si mangia troppo e dall’altra che si mangia troppo poco (anche se in realtà certi godono, così si levano qualche etto dalla loro già eccessiva magrezza); tutti che aspettano il 25 dicembre per le ferie e stare in pigiama, tutti che aspettano le sfilate per stare in tiro.
Siamo pazzi a sfiancarci per salutare gente che poi, una volta girati, non esitiamo a mandare affanculo? Siamo pazzi a stancarci di salutare sempre quella gente, e quindi non la salutiamo facendo la figura dei cafoni? Alla fine siamo tutti dei cafoni. Siamo cafoni perché è davvero tutto apparenza. Alle volte penso che se ci dessero una divisa per andare alla sfilate sarebbe un mondo migliore: nessuno parlerebbe male di nessuno, nessuno invidierebbe nessun altro, e non ci sarebbero più quei coglioni che vengono solo per stare lì a marcire nei loro abiti comprati per l’occasione.
Perché le sfilate sono belle, a me emozionano ancora. Io mi sento una privilegiata a poterci andare (non a tutte ovviamente), perché dietro c’è un lavoro creativo interessante, c’è un lavoro e basta che mi piace, mi riguarda e che ci tengo a documentare.

Allora: siamo tutti pazzi o no?

P.s. Io preferisco fotografare dentro che fuori. Sarò, anche in questo caso, in bastian contrario.

? anna ciabatte flaccavento giappi gucci murr2 occhiali a specchioscott sleep terra writing

franca

Comments are closed.
  1. Martina Elisabeth Asch

    14 January 2014 at 16:33

    E poi ci sono qelli come me che ridono sotto i baffi ma che non-del-mestiere o per meglio dire neo-blogger vorrebbero solo una volta nella vita essere invitati ad una bella sfilata …. perchè quando si abbassono le luci e parte la musica ed esce la prima modella / il primo modello sul catwalk deve essere emozionante e basta !!
    Lucy le foto sono spettacolari !!!
    Martina
    BloggHer women’s kaleidoscope

  2. Alessandra

    14 January 2014 at 17:58

    Premetto che mi hai fatta tanto ridere (positivamente) con la parte centrale del post, aggiungo che io sono una di quelle che non ha commentato il post sul Pitti ma mi aggrego alla linea “grazie per aver detto come stanno le cose” e voglio dirti che anche dopo questo post continuo a pensarla così.
    Ho avuto solo una mattina per andare al Pitti, anzi no, in realtà sono andata soltanto alla sfilata della Boni e ringrazio il cielo di non aver incontrato per strada (forse sono una miracolata) stoccafissi camminanti con gilet e calzino colorato perché se c’è una cosa che mi esaspera è proprio l’esasperazione. Il gusto, in tanti, l’hanno dimenticato quando è esplosa la moda dei fashion blog 🙂
    Per il resto posso dire che sono contenta di aver letto che tu ancora ti emozioni alle sfilate, perché è così che dovrebbe essere (e penso lo sia) per coloro che apprezzano davvero il lavoro che c’è dietro a questi eventi e non hanno solo tendenze narcisistiche da soddisfare.
    Forse adesso sono io ad essere troppo cattiva? Chissà…

  3. Marta

    16 January 2014 at 15:32

    non capisco questa isteria del voler andare a tutti i costi alle sfilate, le sfilate sono eventi organizzati per presentare le collezioni, non sono party mondani, le feste sì ci sono dopo la sfilata, ma la sfilata in sè non è mai stato un evento così desiderabile
    ragazze care fino a qualche anno fa le sfilate erano popolate di persone normalissimi e professionisti del settore, si stava decisamente meglio e soprattutto nessuno bramava un invito come se fosse chissà che, davvero non vi capisco

  4. Clo

    16 January 2014 at 21:21

    Ciao Lucia, capito sul tuo blog perché mi hanno suggerito il tanto discusso “post del Pitti “, hai un bel blog, mi piaci, scrivi bene e bla bla bla… quindi ti seguo e via dicendo..
    Frasi di circostanza da vere “fashion blogger”
    Però mi piaci veramente, ho spulciato anche altri post..ed anche se io chiarisco molto i concetti, mi piace chi la fa semplice, e tanto, sono un po’ incostante come follower..però leggerti è un tocca sana..ispiri cose belle e buone oltre che tanta autenticità.
    Detto ciò, a me tutti i casi umani del Pitti e di tutte le fashion week divertono un mondo, oggi più che mai apparire è essere, e loro ci sono perché ci credono un botto.. ed io gli adoro tutti ahahahahah

    Buona serata.
    Clo

    • Lucia

      16 January 2014 at 21:25

      Grazie davvero Clo, ne sono davvero felice!
      Sul serio 🙂
      Un abbraccio