Pitti Uomo: ce l’avevo in bozza da mesi, giuro

Pitti Uomo: ce l’avevo in bozza da mesi, giuro

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Inutile dire cavolate, non mi ero dimenticata affatto del post del Pitti, ce l’ho sempre avuto nelle bozze, con tanto di foto divise per marchio, ma senza script. Cinque mesi dopo circa lo pubblico.
Perché “meglio tardi che mai”? Perché non avevo ancora trovato il momento giusto, che ho deciso essere oggi, un sabato che è cominciato con l’apertura-occhi-con-caccole alle 13,00 (per me è un miracolo), ed è continuato con l’introduzione in corpo di una quantità che sarebbe stata facilmente illimitata se i pacchetti non fossero limitanti, di Crostini Dorati, con l’analisi di un marchio, il cazzeggio su Pinterest ed infine la stesura post.
Mi piace pensare che il mio metodo di approcciare le giornate lavorative (anche se oggi è sabato) sia un modo creativo per affrontare con serenità il lavoro e per farsi venire interessanti stimoli e idee coadiuvate dal sistema auto–imposto non coatto, ma libero di produzione.
Ma che ho detto? Sembra quasi una roba intelligente e sensata.
Della doccia comunque ancora non se ne parla, e sono “solo” le 15,34.

Oggi, in questo misto tra lentezza e produttività mi viene in mente il Pitti Uomo di giugno, e della sua bellezza. Perché il Pitti è una di quelle manifestazioni che mi fa ricordare che faccio un lavoro bellissimo, e che c’è anche altra gente che fa un lavoro bellissimo, ovvero chi disegna, chi comunica, chi produce.
Quelli che fanno finta di fare un lavoro fantastico invece, i ragazzi del muretto, o influencer o altre cose a caso, li butterei dritti al rogo.

Dicono che mancano idee, chi lo dice è scemo. Al Pitti ci sono migliaia di aziende super interessanti, che fanno prodotti più o meno commerciali, e io non sono una di quelle che condanna tout court i prodotti commerciali, sia chiaro, altrimenti l’economia non girerebbe.
Mancano i soldi, quelli sì, perché se vuoi avere una linea di abbigliamento o accessori o qualsiasi cosa sia, se non hai l’azienda di famiglia, devi avere i soldi, di famiglia, per iniziare. È abbastanza triste assorbire il concetto del “diventare qualcuno solo se hai una base economica”, no? O devi essere talmente tanto bravo, un genio, da trovare qualcuno che paga.
Mi ricordo me quando sono venuta a Milano per lavorare: per iniziare a lavorare ho dovuto pagare, non io, i miei, nello specifico casa, cibo, abbonamenti. Guadagno zero (stage non retribuiti ovviamente), e spese massime. Mi sembra “giusto”.
Il talento non basta, non in questo momento, per questo serve un cervello ben sviluppato dotato di antenne radar per captare opportunità, per questo serve essere abili comunicatori, tutti, in primis stilisti e designer, per questo serve uscire, liberarsi dal proprio guscio, farsi vedere, perché che ci piaccia o no viviamo nel mondo dell’immagine, ed io ne sono l’esempio, ci metto sempre la faccia.

Ora mi cheto, e vi mostro alcune tra le cose più interessanti che ho fotografo.
Anche perché forse è bene che vada a farmi la doccia.

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