La chiamano “Cantabria magica”

La chiamano “Cantabria magica”

Ma sì, io torno sempre lì, e magari ci scrivo pure sempre le stesse cose; eppure è come se ogni volta sentissi il bisogno di urlare quanto la Cantabria sia magica per me.
Di lei mi piace che la campagna sia compagna del mare, che non ci bisticci, anzi. E che abbia pure come “amante aperta” la montagna. Mi piace che per certi versi somigli alla Toscana, che con la bici ci puoi tagliare, costeggiare, annusare i campi, a patto che non siano di granoturco che poi lì dentro ti ci perdi. Vedere quelle case per cui se non ti stropicci gli occhi ti pare d’essere in Inghilterra, sono tutte così curate da far pensare: “ok, devo mettere apposto anche io casa mia”, emettere due o magari tre versi al cane che fa la finta guardia alla casa di qualcuno.
Mi piace la Cantabria perché mi ricorda gli odori di Castiglione del Lago, delle lumache e del frigo anni Sessanta della nonna Tina. Perché esplode di vita, non tanto umana, e la natura non ce la fa a non parlarti.
Perché qui puoi fare mille sport.
E poi ci sono le alici. 

Puoi correre non morendo intossicata dallo smog, al massimo fai incetta di odore-di-cacca-di-mucca, puoi nuotare quando non ci sono onde (ma ci sono quasi sempre), puoi camminare, da qui ci passa il cammino di Santiago, puoi dilettarti con lo skate, solo a Loredo ci sono due vasche, una davanti alla Loredo Surf House, l’altra alla Plea. E poi c’è il surf. Io continuo a provarci, tra tanti bassi, qualche attacco di panico, dato che ho paura delle onde alte, e pochi alti che bastano per darmi una scossa energetica e andare avanti motivata ma soprattutto euforica.
Una delle tante cose che ho imparato del surf è che è lo sport del mistero: tra cento schiaffi e una carezza, non solo apprezzi esclusivamente quella carezza, ma ti pare il gesto più vicino a quello di una benedizione (senza la mia Escuela de Surf La Curva avrei preso solo botte).

Nella passeggiata che va da Loredo a Langre, dove la speranza si butta in mare e le rocce non vogliono fare pace con i flutti, anche se in realtà il loro è un rapporto di amore e odio, ci sono delle case disseminate come una misera manciata di mangime per galline. Qua e là senza un’apparente logica, e tutte come trasportate dal vento quasi a ridosso dell’oceano, come se dovessero cadere dal dirupo. Quella passeggiata l’ho fatta migliaia di volte e quelle case lì, meravigliose, realizzate da qualche architetto che ha rispetto per la natura e che non piglia certo le cose da Maison Du Monde, le ho sempre viste vuote. Ma le ho viste quasi tutte dentro, a forza di capolini a destra e a sinistra, perché sono fatte quasi interamente da vetri. Allora a forza di capitarci davanti, nella visione a centottanta gradi mare-vegetazione-casa, una volta me ne sono immaginata una circondata da una galassia rosa. Eterea, abitata da personcine aliene invisibili che non vogliono farsi vedere da noi umani, surreale come un collage fatto con pezzi di giornali di case e di scienze, irreale come un sogno a pancia piena, vera come solo i miei occhi potevano vedere. In quella casa lì non succede niente di eclatante, non si fanno strani esperimenti, bensì serve “solo” agli alieni a rifarsi la vista, a nutrirsi le cornee, le iridi e le pupille di bellezza da portare poi nella galassia. Quando non c’è anima viva escono fuori, coi piccoli nasi appicciati alle finestre e in silenzio ammirano e assorbono. Lo so perché io ero lì con loro. Dovremmo tutti imparare un po’ dagli alieni.

Ho agito come loro, gli alieni, a Liencres, quando mi sono trovata a camminare a strapiombo sul mare, nel Parco Nazionale, in una silenziosa e rigenerante gincana tra furgoncini per lo più francesi o tedeschi parcheggiati davanti ad un oceano nemmeno tanto arrabbiato. “Non può essere stato solo il mare a cesellare codeste rocce”, pensi. “Non posso egoisticamente pensare che sia solo l’uomo quello bravo a fare le cose”, ti bacchetti la mano dopo. Fatto sta che Liencres è spettacolare. E lo è ancora di più perché ai suoi bordi vedi là piccina piccina qualche figura umana che non ha paura di cadere, ma che vuole solo fare un pacchettino con dentro tutto quello, metterlo bene in un buchino nel cuore e portarselo a casa per scartarlo nei momenti un pochino più grigi.

Non mi piace lo zoo, non mi piace il circo con gli animali, avevo dei pregiudizi sul parco il cui nome me lo ero comunque appuntata prima di partire per la Cantabria, “perché comunque c’erano gli animali”, ed io quando vedo un animale qualsiasi divento scema .
Online avevo letto che quello del Cabárceno era il più grande parco naturale “perfetto per bambini”, con più di cento specie animali. “Saranno comunque in cattività – pensavo – non so se me la sento di andare”.
Alla fine sono andata, e ho fatto bene. E non è vero che è solo per bambini. Io da grande sono rimasta a bocca aperta nel constatare che le tigri non sono poi così grandi, ma hanno delle zampe giganti, che gli orsi sono più piccoli di quanto mi sarei immaginata, che l’elefante è l’animale più simpatico che io abbia mai visto perché va davvero a rallentatore, e senza un minimo di grazia, che le zebre sono trendy, che il leone è davvero il re, e il rinoceronte somiglia un po’ a Morla.
C’ho sbarbato un pomeriggio lá, felice che leopardi e cerbiatti, dromedari e canguri non fossero affatto in cattività, anzi, con un sacco di spazi verdi tutti per loro.
Qui ho scoperto anche di nutrire un estremo interesse per i gorilla: il modo in cui mi guardavano era davvero uguale al modo in cui mi avrebbe guardato un umano stanco di essere spiato.
E se comunque tutto ciò è per bambini, allora sono felice di avere sette anni.

Tornando alla mia Loredo: è solo una strada, anche molto corta, eppure ogni volta le giornate finiscono sempre troppo presto. Ti fermi a parlare con il proprietario che lavora al supermercato, pranzi, vai al bar a bere il caffè, leggi, vai in acqua, ti dimentichi di prendere il sole, ed è già sera. E sei stanca morta.
Non c’è niente da fare, io amo la routine (questa qui).

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  1. GIULIA

    2 October 2018 at 8:32

    Ok io non faccio surf, nel senso che mi ispira ma ho la coordinazione che fa cagare e già rimanere sopra la tavola mi sembrerebbe un gran successo, detto ciò magari tu vai nello stesso posto tutti gli anni ma ogni volta trovi qualcosa di familiare e scopri qualcosa di nuovo, almeno a me accade ciò ogni volta che vado nella città Eterna:D