La felicità è ciò che facciamo

La felicità è ciò che facciamo

Ieri stavo parlando con una persona importante della mia vita: stavamo discutendo grossolanamente, credo lo faremo meglio più avanti, sulla felicità (ci sto pure scrivendo un racconto, forse ve ne parlerò più avanti).

“Sei felice?”
– Faccio cose che mi rendono felice –

Detto così, la felicità sarebbe solo una conseguenza. Si è felici solo perché facciamo cose che ci piacciono molto. Poi ci ho pensato meglio: nella nostra società, quella occidentale,  è normale che la felicità sia “solo” una conseguenza, e non è nemmeno una cosa brutta, è così e non potrebbe essere diversamente da ciò.
Viviamo in un mondo estremamente materiale, fatto di vestiti, soldi, cibo, apparenza, di persone che fuggono e sfuggono per noia, opportunismo, o a caso; che ne sappiamo noi dell'”io”, della spiritualità o delle connessioni tra uomo e natura. E anche se lo sapessimo ci faremmo sopra due risate, perché sarebbe dissonante con ciò che viviamo.

Tutto quello di intimo che sappiamo, sanno, sono quelle puttanate che ci dicono quando si fa yoga, che adesso è di moda; quando tornerà la zumba, manco quelle baggianate sapremmo.
Che poi io yoga l’ho fatto due volte, una mi sono divertita perché l’insegnante stava zitta, l’altra è stato un misto tra nervoso e risate a crepapelle, dato che l’esperta di yoga credeva evidentemente di essere in India e noi fedeli devoti solo lì ad aspettare la congiunzione tra corpo, mente, agenti esterni e super Io. Certo.

Quindi per noi la felicità è ciò che facciamo, non ciò che siamo, cioè quello arriva cronologicamente dopo. Non è un male, ma una constatazione.
Ho pensato alle cose che mi fanno stare bene, e quindi essere felice, e sono davvero tantissime, e “normalissime”, perché alla fine la felicità sta (banalmente davvero) nella normalità: andare in bici, nuotare, stare su una tavola, solo guardare la mia moto, parlare con gente nuova, conoscere, fare foto alle insegne, essere gentile e apprezzare la gentilezza altrui, scrivere, uscire con nuovi amici, stare a casa con quelli di sempre, condividere e non condividere, regalare, mangiare, godermi da sola certi luoghi nuovi e vecchi, scappare, uscire di casa e indovinare dall’odore cosa hanno cucinato i vicini, salutare il tabaccaio, non farmi vedere dall’omino della lavanderia, che parla più di un vecchio macinino, toccarmi i capelli, collezionare vecchie riviste e vinili, immaginarmi il sole ad occhi chiusi poltrendo su una panchina, ballare, recitare, bere un caffè con i vicini di casa. Sì, sono davvero tante le cose che mi fanno stare bene.

Non so perché, ma mi spiace che la felicità sia così soggettiva, un punto di vista. Lo so che è una riflessione egoistica, ma a volte mi chiedo come sia possibile che correre in spiaggia non sia oggettivamente una cosa che ti riempia il cuore di crema chantilly, e stare sul divano ad accarezzare un micetto una non-azione che ti sfiori metaforicamente i capelli.
Poi mi dico: “ma che me frega, se fossimo tutti felici per la stessa cosa, saremmo tutti infelici per un’altra, e allora non avremmo nessuno che ci potrebbe consolare”.
E forse l’infelicità serve per apprezzare maggiormente la felicità, non voglio dire che serve perché “è tutta esperienza”, perché questa storia che si cresce meglio se si vivono cose brutte m’ha stufato, e anche parecchio.
Fa parte di un mio progetto intervistare persone e chiedere loro cosa sia la felicità, e se ce l’hanno. Persone “normali”, single, fidanzate, separate, con un’infanzia difficile alle spalle, sportive… persone diverse.
Sapete quanto sono felice adesso? Ve lo dico subito: ieri ho “assaggiato” un bellissimo skate, adesso vado in piscina e domani in montagna, poi spero di fare un pic nic, e successivamente mi occuperò della mia nuovo moto.

Giacca: Giorgia Fiore

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  1. smilingischic

    28 March 2016 at 16:21

    E quando sei felice si vede … si sente.
    un abbraccio