Sempre il solito “cul-tenuto”

Sempre il solito “cul-tenuto”

Il fatto è che sui social network ci sono solo tette e culi. Culi e tette. Poppe e sederi. A volte penso sia umiliante spippolare su Instagram e dover “apprezzare” una caterva di lati B in posizioni così surreali (arrivano quasi alle spalle), che le donzelle in questione a foto terminata, nove volte su dieci, cadranno sicuro in avanti. Ma per forza. Davvero, penso sia umiliante postare sempre foto del proprio culo, brutto o bello che sia, photoshoppato o vero che sia, seguito da due emoticon come descrizione, una faccina e un sole, o un bikini e le ondine del mare. Fine. Occhio che due righe di descrizione fanno esplodere l’iPhone 6 eh.
Ma forse più che umiliante, alla lunga controproducente. Voglio dire, una volta metabolizzato e fatto proprio il disegno posteriore proposto in svariate versioni e sfumature (perché certe volte togliendo le imperfezioni con Photoshop si lasciano ombre, sfumature non proprio carine), andiamo avanti, no?
Dov è lui? Il tanto amato e odiato, discusso e osannato, dai più teoricamente necessario, ma praticamente ritenuto un orpello C-O-N-T-E-N-U-T-O?
Lo so che il culo tira. Ho messo io un paio di foto con il mio di dietro in bella vista e naturalmente ho avuto dei chiamiamoli discreti “feedback”. Tuttavia, benché ognuno sia certamente libero di operare a proprio gradimento, e di conseguenza di scegliersi il pubblico che si merita, io a vedere sempre chiappe mi annoio. Così passo dei momenti della mia vita a defolloware o levare gli aggiornamenti di certe signorine che mi tempestano i feed con il solito “contenuto” (o cul-tenuto). Vale lo stesso per gli addominali in bella vista degli uomini. Che poi se mi mostrassero la mercanzia in maniera ironica, diversa, geniale, sarei solo felice, peccato che non accade quasi mai.

“Ma la patata tira, Instagram non è un social da troppe parole, e non bisogna mica fare gli intellettualoidi”
Chiaro. Anzi meglio culi che post che riproducono frasi pseudo (perché decontestualizzate) intellettualoidi famose del Dalai Lama, Buddha, o di altri filosofi di moda, come Nietzsche e Kant. Che poi, ve lo dico, sapere cosa sia il velo di Maya non è cool, al Liceo ci hanno fatto (a tutti) il lavaggio del cervello. Il vuoto cosmico.
Che almeno nell’era pre-Photoshop, alla vista di Lati B sui giornali, ci divertivamo tutti a contare i buchi di cellulite di Valeria Marini a Fregene e di Simona Ventura a Milano Marittima, adesso manco più quello possiamo fare. Ora contiamo le costole di Chiara Biasi, che si limona un calciatore, e quante volte è stato utilizzato il “filtro sfuocatura” sulla pelle. Che mestizia.
Salvatemi dal disagio della tempesta di culi-zainetto con sfondi marittimi di Instagram. Ve ne prego.

(Vedi L’importanza del culo)

Total look: Giorgia Fiore

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