Il fenomeno (mica tanto) pop delle televendite – moderne –

Il fenomeno (mica tanto) pop delle televendite – moderne –

“No dai, lavori a QVC, non ci credo!”
Questo è quello che esclamano tutti quando scoprono che faccio anche questo.
Imbastisco una premessa: io in QVC, canale di shopping e intrattenimento, sono una guest, che è quella figura che accompagna il presentatore, aiutandolo a spiegare meglio il prodotto.
Dunque, dicevo che quando tutti si stupiscono, lo fanno per due motivi: o perché realmente amano QVC, o il mondo delle televendite in generale, o perché ne sono scioccati.
Le “accuse” più frequenti sono queste: “rovina la tua immagine”, o ancora “ma che senso ha?”, e infine “è roba da vecchi”. Per fare giusto un riassunto.
La verità è questa: io amo lo shopping via tv, e non me ne vergogno, anzi.

Ci sono varie ragioni per cui mi piace, una su tutte è che, ovviamente, mi fanno scoperchiare un barattolo colmo di bellissimi ricordi. Come ad esempio io e la nonna sul divano con la coperta a fiori cucita da lei davanti alla vecchia tv con lo sportellino sulla destra per nascondere i tasti, credo fosse un Grundig, a vedere quelli che vendevano i materassi, i coltelli, le camicie, i quadri, le fasce che facevano vibrare il culo.
C’erano lo chef Tony che con il Miracle Blade ci tagliava pure i muri, Roberto da Crema che ci appioppava delle camicie obbiettivamente da mercato, non potevo guardarlo per troppo perché mi metteva l’ansia, le modelle di Monika Sport che con o senza Dimapant si muovevano in una sottospecie di canale soft porn autorizzato, Sgarbi che chiacchierava e s’incazzava, s’incazzava e si spostava il ciuffo, quelli che parlavano calmi e piano a Telemarket, c’ho imparato un sacco di cose lì, poi vabè, tutte le varie donnine che si occupavano di pentole e materassi. Vanna Marchi non l’ho mai guardata, m’infastidiva, lei e il suo (non) senso estetico.

La nonna comprava soprattutto cose per la casa, dalle lenzuola alle coperte; un giorno ero in casa quando il ragazzo delle consegne si palesò con le lenzuola. Mi parvero un regalo, nonostante fosse un acquisto. Ma tutte incartate così fu come fosse stato Natale.
La dinamica era questa: si guardavano le televendite, si chiamava poi un altro componente della famiglia che in quel momento stava facendo altro, lo si cercava per approvazione; questo era determinante per l’acquisto.
“È una cazzata!”
“Bono, oh, costa anche poco, chiama vai!”
Una volta ho chiamato sul serio.
Manco col fidanzatino sarei stata così emozionata nell’aver finalizzato… un acquisto telefonico.

Poi non so, qualcuno ha schioccato le dita, sono diventata grande e adesso non solo guardo televendite di prodotti che spesso e volentieri mai comprerò, ma interrogo chi le guarda sul perché le guardi.
Mi hanno detto che “è una specie di droga”, oppure che concilia il sonno, o ancora che comprano o comprerebbero soprattutto cose per la casa, da elettrodomestici per cucinare a quelli per l’igiene. La moda pare scuotere nessuno dei miei interlocutori.
Io in QVC mi occupo di moda, aiuto il presentatore a vendere vestiti.

Sinceramente grazie a QVC ho scoperto un mondo a parte, sostanzialmente fatto di amiche, non di donne o ragazze, ma ripeto, amiche, un mondo in cui i pregiudizi lì non riguardano nessuno.
Chi compra abiti su QVC è fidelizzato, chiama in diretta ed è entusiasta nel dire quanto stimi la stilista o si trovi bene con uno dei suoi capi, ha la sua presentatrice o presentatore preferito con cui parla anche sui social.
Spiegatemi cosa c’è di male in questo, e quale sia la differenza con un negozio e i social network.

“I vestiti costano cari”, mi hanno fatto notare alcuni. Informazione, tra l’altro, non corretta.
E quindi?
“È tutta una truffa!”, hanno rincarato altri.
Non tutti sono Vanna Marchi.

Insomma le televendite moderne, o come diamine si chiamino, fanno parte di quella cultura pop che si apprezza anni dopo la trasmissione di vecchie televendite, quando queste sono già diventate preistoria, dunque un fenomeno sociale e mediatico, mentre nel presente è semplicemente un fenomeno pop da una certa età in su, quindi in un certo senso tutt’altro che popolare.

Adesso ti basta dire a qualcuno della mia generazione il nome di “Amerika Star” per farti rispondere: “nooo, che spettacolo!”, e trovarti a sorridere con lui su Youtube davanti ad ora improbabili televendite di elastici che promettevano la perdita totale di cellulite.
Arriviamo al 2018, mostriamo una televendita attuale e, come detto prima, le reazioni sono due: “ma chi comprerà mai in tv?”, oppure “che bomba!”.
Mi domando quanto il “che bomba” possa avere al suo interno un retaggio nostalgico. Un po’ come guardare il primo Star Wars.

Insomma, le televendite moderne, che si sono ampiamente evolute, non vanno giù appieno, da una parte divertono, dall’altra sono incomprese, e dall’altra ancora sono vecchie. Eppure la gente compra, sta incollata alla tv, è attenta alle occasioni, si vuole sentire parte di una famiglia, e tutto questo non è certo un brutto affare.

E poi ci sono gli acquisti online, che non destano così scalpore. Perché non c’è nessuno, fisicamente, a vendere oggetti? Perché fanno parte del futuro presente, quindi essendo tecnologicamente avanzate sono da lodare? Eppure le persone vengono truffate, io stessa sono stata truffata.
Perché due metodi di vendita hanno dei percepiti così differenti?

“Ma tu ti diverti a vendere e a toccare in continuazione quei vestiti?”
Sì, io adoro vendere. Vendo vestiti da quando ho sedici anni, in negozio allora, non in tv, ora in più vendo le mie idee, mi piace parlare con le persone, consigliarle, ascoltarle.

Adesso gradirei che qualcuno mi rispondesse: perché credete che lo shopping via tv sia cheap, mentre comprare un costume online da 3 euro che arriva dalla Cina dopo un mese e che vi si auto distrugge a contatto con l’acqua no?
Grazie.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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