Ortigia è un drammatico teatro per donne

Ortigia è un drammatico teatro per donne

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Mi sono distratta, per questo non ho scattato tante foto. Ma obiettivamente è impossibile non distrarsi ad Ortigia.
Sono stata in quel gioiellino solo un paio d’ore, arrivandoci di sfuggita da Catania e con uno di quei pulmini con cui c’andavo a Igea Marina con mia nonna, con alcune scritte sui seggiolini e probabilmente uno schieramento di gomme da masticare sotto le sedute e dentro ai posaceneri, non ho controllato.
Lei un gioiellino, io un gioiellino, perché lì mi sono sentita come una perla dentro una conchiglia, Ortigia, un prezioso mondo a parte sul mare e protetto come da un invisibile guscio che le da un’aurea esclusiva, e non nel senso di “lussuosa”, ma di unica.
Ortigia è “fatta a mano”, c’hanno messo tanto a farla, ce n’è una e come lei non c’è nessuna.
È tanto greca e tanto sud-italiana, ma per certi versi mi ha ricordato Castiglione del Lago. Non perché io sia scema, ma l’aria di “paese” che ho respirato, s’assomiglia molto. Ho visto una donna rimproverare un ragazzo perché diceva che doveva ricordarsi di portare anche i cuscini, un signore leggere il giornale mentre camminava, due signore parlarsi dalla finestra; è quasi lo stesso quadro di un giorno in cui mi trovavo a Castiglione con la nonna Tina quando eravamo andate a trovare lo zio Aldo in negozio. Ero piccola, ma quel giorno me lo ricordo bene, e anche il piacevole caldo per niente afoso, mia nonna indossava un vestito azzurro e dei sandali blu.

Mi sono fissata con le porte, le ho esaminate tutte, una per una, non so perché, ma certe volte quando visito una città mi fisso su certi elementi, quel giorno era dedicato alle porte evidentemente.
Non so dirvi niente di dettagliato su Ortigia, perché ci sono stata poco, e, lo ammetto, ho speso buona parte del tempo seduta ad un bar perché inebriata, drogata e rapita da un gelato alla mandorla magico, il più buono che abbia mangiato in via mia. Non vi dirò dove dormire, dove mangiare, cosa fare, perché io mi sono limitata a passeggiare quasi a caso per le viuzze strette e a distrarmi tanto da, appunto, non fare manco una foto decente.

E poi accade l’incredibile: se fino ad un certo punto ti senti in un guscio, incastrata tra quelle vecchie mura di case, templi e palazzi vari, quando arrivi al mare è come se vivessi un “dramma”, ti senti come se il vento potesse portarti via da un momento all’altro e che lì il mare abbia ancora meno pietà di quanta ne abbia in generale. È un senso di disagio difficile da descrivere, quasi come quando ero sulla collina del Licabetto ad Atene, lì ero in alto e vedevo la città, ne ero la padrona senza scettro perché ero lassù, qui una mera suddita, in basso, e pronta ad essere inghiottita non democraticamente dal mare.
Ma un dramma, se teatrale, e non reale, è sempre cosa buona, perché significa che quello che vedi ti sconquassa per bene.
Ho visto la dea Atena, incazzata nera, Artemide, anche lei non scherzava, Apollo e anche Giunone. Ortigia è un’isola per donne, un teatro a cielo aperto tutto al femminile, almeno a me così pare.

Gonna: Alcoolique
Body: American Apparel
Scarpe: Aldo

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