Ho avuto paura. “Non ci voglio salire lassù, è lassù che voglio salire. Perché ho paura”. Ero in sella ad una moto e vedevo Atene bruciare mentre io salivo, le fiammelle erano sempre meno nitide, più confuse. Forse perché avevo voglia di piangere o forse perché Atene è meravigliosa confusione.
Gradino dopo gradino il mio stomaco faceva le capriole, era troppo alto, era troppo in generale, era quella sensazione d’una catastrofe imminente.
Non vedevo la fine di quel grande mostro spumeggiante, vivo, preso a bastonate dalla crisi, ma nonostante questo con il dito medio alzato. Mi vedevo solo morire per un terremoto improvviso, un qualcosa di naturale ed inevitabile che sarebbe potuto accadere.
Ero terrorizzata, avevo freddo, è stata come una prova: volevo amare quella città e lei voleva mettere alla prova il mio amore. Lassù dalla collina del Licabetto, che di notte è un nemico con cui vorresti fare l’amore, di giorno è un amico onesto.
Dicono che Atene sia brutta, io dico che non solo non esistono città brutte, ma che Atene è bellissima, ma non di quella bellezza standard a cui siamo abituati. Atene è l’insolito, è il fieri, il passato e un presente che a volte combatte e a volte decide di lasciarsi andare.
È una città che m’ha preso per le cattive, m’ha afferrata per il braccio e m’ha portato in giro, non è una donna dolce, è molto spesso brusca, per questo mi piace, è un po’ come me.
Che poi non è mica solo una città. Accanto a mattoni accavallati fra loro, accanto ad un’urbanizzazione iper ci sono delle “isole”, come ad esempio Anafiotika, un borgo nel centro della città che pare un villaggio di un’isola delle Cicladi. E chi non vorrebbe vivere lì? Specie dopo aver udito lo sfreghio dei piatti, l’odore di melanzana al forno e quello del bucato steso un po’ dove capita. Dove capita con vista infinita su quell’ammasso di costruzioni che con un po’ d’immaginazione pare un mare infinito di perle.
Infinito. Niente è ben definito ad Atene, è per questo che mi affascina e che mi terrorizza allo stesso tempo. Non ne vedi la fine e non sai quale sia la sua fine.
Non la capisci. È piena di strade con vecchi negozi, vecchie insegne, e poi scopri l’imponenza del moderno. Riusciranno a convivere insieme?
Atene è una città che non ha pace, e lo stesso chi ci vive: nonostante i ritmi non milanesi, pare che chiunque sia in una sorta di stato di fibrillazione perenne. Chiunque deve uscire, deve bere, deve fare. Chiunque e qualunque cosa, il cemento, i bar, le piante, che paiono vogliano sparare clorofilla.
È malinconica, questo per l’abbandono, gli edifici abbandonati, quell’aeroporto abbandonato, per il buio, per la penombra. È allegra, beve, mangia e canta, e anche quando è alticcia sta sempre con un occhio vigile. Le piace fare la stronza. E se gne ne fai una, lei non perdona.
Atene, Atene, perché sei tu Atene? Perché mi piaci così stronza? Perché nella vita è sempre così.
Spero di rivederti presto, e se la cosa dovesse succedere, vorrei giocare a poker con te.
Perché con te si può solo giocare d’azzardo.
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Federica Di Nardo
4 July 2014 at 15:16le foto sono fantastice!!!
Federica
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