Mika pizza e fichi

Mika pizza e fichi

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Mika è dio. E Swatch è l’Eterno.
Senza sbavare dietro a niente e nessuno, anche perché chi sono io per sbavare? (nessuno, appunto), oggettivamente così è perché mi pare.
Praticamente apre la nuova boutique Swatch in via Montenapoleone, e penso, poiché molto spesso tediata da tutte le “esclusive aperture” che iniziano e finiscono ad alcolizzarsi con prosecco anche di qualità, per carità, che anche stavolta succederà, piglierò al volo due tartine del diametro di due millimetri con sopra due foglie di erba cipollina o qualche roba di verde, ingoierò decilitri tot di vino e me ne andrò a casa non vedendo l’ora di vedere puntate nuove di The Big Bang Theory. Il concerto di Mika, penso, sarà una sola, e poi per me Mika è solo un giudice dell’ennesimo talent show italiano.
Manco la macchina fotografica mi porto, non serve, non la userò mai.
Mai tanto errai in vita mia.

Entro nel nuovo negozio Swatch e per prima cosa sorrido, per seconda sorrido e per terza saluto gente.
Poi rifletto: Swatch è un marchio con una missione precisa, quella di portare il buonumore, di creare gioia, ed è un brand socialmente utile.
Era socialmente utile anni fa, oserei dire una quindicina, quando io e Lucia telefonavamo a mezza scuola prima Cesalpino e poi Petrarca, con il mitico telefono con doppia cornetta, io ce l’avevo verde trasparente, Lucia rosa. Quanto ruppi le palle ai miei per comprarmelo dio solo lo sa, era importante praticamente quanto le barbie, per fare intendere il livello vitale.
Era socialmente utile anche perché oltre allo scambio dei paciocchini e delle figurine Panini, tempi che rimpiango, lo ammetto, c’era pure lo scambio di domande: “Ma te come lo compri?”, perché gli Swatch erano, sono, come caramelle alle casse dell’Esselunga, li vorresti arraffare tutti.
E quanto godo quando vedo un brand pop (porno, perché attira) che riesce a non guadagnarsi l’etichetta di cheap nel bel mezzo della via Montenapoleone, perché significa che lusso è anche mantenere una certa immagine, una certa missione, una certa coerenza ironica e colorata. Questo sì che è lusso.

Fatto sta che Mika all’inaugurazione s’è messo a distribuire inviti ad alcune delle sue groupie, ha pure detto: “e questo è per Allegra”, ecco io in qualche momento avrei solo voluto una scena a rallentatore nella quale io sarei corsa tra le sue braccia a piangere di tenerezza e lui avrebbe pronunciato il mio nome.
Mika è un cocchino cosmico, un orsacchiotto da strizzare tutto.
Ma adesso voglio nome e cognome: chi è stato quel genio del male che ha messo insieme il nome di Mika e quello di Swatch? Perché facendo uno dei miei giochi preferiti, quello del “Se fosse”, se Mika fosse un orologio sarebbe esattamente uno Swatch.
Il genio dell’hashtag della serata “amuuuzing” ce l’ho, ed è Alessandra, l’ho un po’ invidiata perché l’avrei voluto tanto inventare io.

Arriviamo al concerto, anzi all’appena prima del concerto. Scene magiche, come quelle notti inseguendo un goal.
Cougar che arrivano al concerto scendendo dal taxi manco fossero Samantah e Carrie (gli sarebbe garbato), al matrimonio della Kardashian avviluppate a modo nei loro abitini d’acrilico, forse misto jersey, o misto-qualcosa-di-lucido a caso, scavalcano, cavalcano, accavallano e scavallano (non siete né Naomi né Kate, anyway), superano la metrica fila ridendo rumorosamente, calcando una passerella invisibile coi loro stiletti neri agghindati di robe metalliche o luccicanti qua e là. Il loro momento di gloria nel quale credono di essere fighe e famose, tanto da poter entrare per la corsia preferenziale. Arrivano alla cima della fila, noi tutti lì a guardare lo show già consce del lieto fine per noi e tragico per loro, e il buttafuori chiede loro: “Avete l’invito?” – Sì – “Benissimo, mettetevi in fila come tutti, grazie”. E allora le vedi le Cougar tentennare su quei tacchi stecchino, smollare la pancia trattenuta ormai da minuti, il ciuffo ammosciarsi, camminare ingobbite dove il resto della prole aspetta. Come alle Poste, in fila siamo tutti uguali. Non siete le più fighe, o anche se sì, ma anche no, chi diavolo siete? Ho goduto.

Alle Poste siamo tutti uguali dico io. Mika durante il suo pazzesco concerto in cui balla, canta, fa impazzire tutto  e tutti, dispensa “quotes” da strappare lacrime, dice cose a caso (vedi video), ad un certo punto ordina: “Abbassate le luci, al buio siamo tutti uguali”. E così fa cantare tutti, belli e brutti, perché senza luce nessuno si sarebbe vergognato. Penso di averlo voluto sposare in quel momento. Peccato lui stia dall’altra parte.

Da insider dico: eccoli i famosi eventi “fighi”, con l’atmosfera giusta, il personaggio giusto, l’hasthag giusto e “le attività ricreative” come le chiamo io, giuste (ovvero corner con prova capelli pazzi e coro alpino).
Anche se alla fine è stato davvero un “no happy ending” for me: quarantacinque minuti in bicicletta con pioggia battente non proprio vestita da ginnastica ecco.

P.s. Mi duole il cuore a vedere queste foto orrende da me scattate, ma non ero preparata.
P.p.s. Il video mi fa morire dal ridere, qualità scarsa, ma rende l’idea, anche della figaggine artistica di Mika.

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Comments are closed.
  1. eleonora

    27 November 2014 at 9:01

    preferisco il tuo tutorial !

    • Lucia

      27 November 2014 at 10:21

      hahahaha