Atene in miniatura (Syros)

Atene in miniatura (Syros)

Ma davvero è un’isola? Perché la sensazione, a Syros, è stata quella di trovarsi in un’Atene in miniatura, con macchine, teatri e chiese maestose. C’è poco di umile in quel fazzoletto di terra nell’Egeo, c’è piuttosto un un che di mood snob, tipico di quei territori che non sono anarchici, ma che sono attaccati con il cordone ombelicale a Madre Terra. Ma è un mood pacato, che da una parte fa chic, è bello, dall’altra fa tenerezza, ed è sempre bello. Il bello di quella ricchezza sia manifesta che decadente, che c’era prima, ed ora ne sono rimaste le ossa private di sangue blu, perché le ossa sono ossa, mica sangue, palazzi abbandonati a se stessi che mi auguro rimangano così affascinanti, da una parte.

Ad Ermoupoli trovi così un teatro, con una signora che ci lavora che ha quella fastidiosissima puzza sotto il naso, e una casa, a pochi passi da lì di un signore anziano, uno di quelli che tiene ancora la porta aperta, con due paia di pantaloni appesi fuori casa, ai quali ha appena fatto un orlo per un amico, che passerà a prenderli, e che senza suonare, li troverà fuori, sotto la lampada e accanto il campanello.
Trovi librerie, dentro alle quali puoi parlare con chi ci lavora come se fosse tuo nonno o tua nonna. Ho cercato un libro per mio babbo, ma non l’ho trovato. Peccato. In compenso ho trovato vecchie riviste e interessanti librettini su feste paesane, panigiri, con foto di vecchini annesse.
Trovi gatti, tanti gatti, i gatti amano la Grecia, e i greci amano i gatti, perché ovunque sia stata in terra greca è pieno di gattare che vanno a dare da mangiare ai micini di strada.

Sali verso Ano Syros, ed è come sgusciare una caramella alla fragola, per poi scoprire che dentro ha un ripieno al cioccolato: è un magnete, non puoi staccarle gli occhi da dosso. Tra un viottolo e l’altro, ed una scala e l’altra vedi la gente che anima le proprie case, che vive, che tiene le finestre aperte; sulle guide turistiche dovrebbero scrivere “animazione autoctona”, oltre che robe di monasteri e ristoranti.
E di ristorante ne ho trovato uno che meriterebbe il premio Nobel, Meze Mazi: location paura, un sito storico abbandonato su cui è stato costruito una sorta di giardino, luci perfette, cibo da orgasmo, personale gentilissimo, insomma il classico ristorante perfetto come metro di paragone per tutti gli altri. E per gli altri sarebbe una tragedia.
Niente di tradizionale e casareccio, il posto è abbastanza chic, ma per una volta possiamo anche smettere di essere hipster ed ammettere che talvolta il “pettinato” è figo, non solo pane e salame, via, come ora è di tendenza dire (ma non pensare realmente).
Tanto che ci sono vi dico pure dove ho soggiornato: ho scelto un hotel abbastanza economico, si chiama Monte Kristo Hotel, molto carino, ma se qualcuno fa rumore sei fottuta, perché si sente tutto. Ma è vicino al porto, quindi molto comodo.
Stavolta lo confesso, non ho avuto voglia di fare molte foto, non perché l’isola non valesse, ma perché dopo un po’ che quella macchina ce l’hai sempre appresso, desideri di lasciarla sul comodino, per vedere ogni tanto le cose con i tuoi occhi, e non tramite un obbiettivo.
C’è chi si deve disintossicare da Facebook, io mi devo disintossicare dalla mia Samsung, e forse anche un po’ da Facebook.

Foto scattate con Samsung NX30

SAMSUNG CSC

 

SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSCSAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC

SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSCSAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC SAMSUNG CSC

Comments are closed.