San Pietro ha fatto scivolare le chiavi a Lamole

San Pietro ha fatto scivolare le chiavi a Lamole

C’è il San Pietro custode delle porte del cuore del Chianti, che quando un cristiano varca quelle soglie, fa scivolare le chiavi nell’Arno. Non importa quante mele del peccato tu abbia mangiato, importa al limite quanto tu aretino o pisano sia, il San Pietro del Chianti, eccetto insopportabili fratelli-toscani-coltelli, spalanca gli organi vitali a tutti facendoci entrare dell’altra vita, e tanto che c’è, da pure una risciacquatina anche ai polmoni. Respira.


A Lamole ho messo insieme una tavola Pinterest chiamata “Toscana” apposta per colui che ha le chiavi del paradiso; c’ho infilato un Pandino, tre paesini in curva, un macellaio, io che salto fra le vigne, il freddo becco, e del vino. Perché noi che qui ci siamo nati, col vino ci siamo cresciuti, ci si faceva la colazione da piccine pure con il nonno, con il pane e lo zucchero assaporando una dolcezza ballerina; si degusta da grandi scomponendo sapori per ricomporre storie.

Qui a Lamole è effettivamente tutta una storia celeste, dato che più di uno degli ottantotto abitanti ha ripetuto e confermato sia il Paradiso. Un andamento orgogliosamente lento, una luna vice Regina del Cielo, patchwork di vigneti cuciti assieme con un’imbastitura, altro che a macchina, Conti della Terra, e un nettare scuro Lamole di Lamole che se si beve insieme siamo tutti più contenti.
Eccola qui l’Isola che c’è. C’è se la cerchi, e la senti anche se stai ad occhi chiusi.
Caro San Pietro, quando avrò finito la tavola Pinterest vedrai che cotanta bellezza ti costringerà a fare scivolare le chiavi anche davanti a chi ha peccato di essere diversamente toscano.

“Devi vedere le cose per quelle che sono, non come vorresti che fossero”. Me l’ha detto la Graziella, dopo avermi stretto la mano, pigiandomela dolcemente per tre minuti buoni sulla sua pancia coperta da una camicia a fiori prima e da un grembiule di qualche sagra dopo. La Graziella l’ho conosciuta giù, lì per lì, ma è come le amiche della vacanza, in un secondo ti vuoi già bene, in due fai programmi, in tre sai che se la incontrerai dopo dieci anni nello stesso posto sarà totalizzante come la prima volta.
Residente a Lamole, non ci si staccherebbe manco per sogno, perché punto primo è un paradiso – con lei San Pietro ha aperto le porte da tempo, e punto secondo, a quindici minuti “c’è il Centro Commerciale di Greve”.
Ho messo anche lei nella mia tavola Pinterest, con la saggina da una parte e il bastone dall’altra ad aspettare l’omino del pane che passa col furgoncino bianco – non c’è una panetteria vera e propria a Lamole.

Il vino lo beve poco, perché non si sente tanto in forma, ma lo beve, e sorride con moderazione perché ha paura del dentista e quindi non c’è mai andata. Eppure è raggiante. Come Forese, che ha questo nome toscano doc, così come il vino che tiene in mano.
“Via, faccio una foto con te se mi dai un bacino sulla guancia, come nonno eh”. Forese e il suo Suzukino antico di trent’anni con dietro dei secchi che sanno di pesce m’hanno fatto venire dei rimpianti.

“Perché non sono lì? A vivere parlando con sconosciuti e a uscire di casa lasciando la chiave sulla porta?”. Perché ho scelto un’altra vita, che mi piace un sacco sì, ma che a volta necessiterebbe di più rabbocchi di quella terra che partorisce quell’ottimo vino Lamole di Lamole . Ci devo venire più spesso in Toscana, che poi a me la Toscana mi distende tutte le rughe anche senza matterello.

Foto: Mauro Serraweek end Toscana

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