Una gita in moto al Villaggio Crespi (andando piano)

Una gita in moto al Villaggio Crespi (andando piano)

Ho preso la patente dopo i 30, decennio nel quale decisi di fare tutte quelle cose che avrei voluto fare prima ma che non avevo mai fatto. Presi la patente della moto, e poi ne comprai una vecchia. Guidai fino a Forlì, dove la nonna Cecchina andava a prendere le pesche, dalla Rosanna, perché mi innamorai di un ferro rosso e seducente. Mi conquistò una bellissima vecchietta e intanto sognavo una scattante giovincella che sembrasse antica (eccola qui, la Yamaha XSR700 XTribute). Cominciai ad andare in giro con amici, e smisi dopo poco, perché tutti mi dicevano che ero troppo lenta. Troppo da far venire i nervi. Io in moto passeggio, non corro; il mio divertimento è fermarmi cento volte tra vecchie insegne e barrini con le signore in vestaglia e ciabatte, bannando le autostrade. Tanti quando sanno che vado in moto mi chiedono: “Ah, e che motorino hai?”, oppure “ti ci porta il tuo fidanzato?”.

Molti altri sbavano solo perché sono una donna. Un po’ è vero, quando sali in sella ti senti un po’ ad un metro da terra. Ma perché la terra ce l’hai lì a pochi centimetri, che va veloce, e il vento in faccia, e il caldo, o il freddo che non danno tregua. In moto è tutto così estremo che quel tutto ti fa sentire un super eroe. Sono una donna che va in moto senza tette al vento e culo di fuori, e che quando vede il suo stesso genere femminile con tacchi e gonne inguinali su un cavallo a motore si sente parecchio offesa. Sono una donna che va o da sola o con qualcuno che come lei ami andare piano ed essere disponibile ad ascoltare storie.

Una gita in moto massimo a 70 all’ora, con un’amica empatica che sia aperta al mondo e che si emozioni per gli occhi lucidi di un anziano, esattamente come te: questa per me è felicità. Niente autostrade, solo statali o provinciali, tempo e ricerca della storia perfetta. Di storie ne ho scelta una, poi come sempre se ne sono intersecate altre. La “storia” si chiama Villaggio Crespi, è a un’ora da Milano, ed è un ex villaggio operaio che rappresenta uno dei più straordinari modelli di integrazione tra sviluppo industriale e abitativo della Rivoluzione Industriale Europea, realizzato tra il 1876 ed il 1925 sulla visionaria idea di Cristoforo Benigni Crespi.

 

Codesto signore acquistò un ampio terreno adiacente alla punta meridionale dell’Isola Bergamasca, dove fece costruire una fabbrica, un cotonificio, e tutto intorno, in maniera regolare e geometrica, case per gli operai, con grandi finestre e orti, case dirigenziali, una chiesetta – il cappellano era in parte stipendiato dalla fabbrica, una scuola con l’obbligo di arrivare alla quinta elementare, bagni pubblici, lavatoi e una centrale idroelettrica. Infine c’è il cimitero, mausoleo Crespi, che vigila sulle piccole lapidi operaie e che ricorda gli ziqqurat meso-americani, visitabile tutti i giorni dalle 9 alle 17.
Solo per la fabbrica ci sono giorni e orari precisi, li trovate nel sito.

 

L’altra storia è della Yamaha XSR700 XTribute, una motina con lo stile di una scrambler senza tempo, che s’ispira alla Yamaha XT500, una enduro-avventura monocilindrica a doppia valvola prodotta dal 1975 al 1989, non aggressiva, ma longeva, e che nel 1979 trionfò pure alla prima edizione Parigi-Dakar.
C’è un altro racconto in realtà, quello della Trattoria Basilio: se volete fermarvi a pranzo sulla via del ritorno (o dell’andata) da Villaggio Crespi a Milano o viceversa, in meno di mezz’ora siete lì, a Vimercate.
Nata con il signor Basilio alle 11 del mattino dell’11 maggio del 1936, la trattoria era una volta anche locanda e pensione, attiva fino al 1976, poi è diventata bar e trattoria, con la regola del “fatto in casa”.
Sono arrivati alla quarta generazione, una splendida conduzione familiare che ti accoglie con busecca alla milanese, foiolo alla parmigiana e vino che viene diretto dal Salento.
A proposito di vino, c’è una splendida cantina, che era quella del monastero a fianco, risale al XXII-XXIII secolo, se si scende giù da una delle sale ristoro si scopre questo tesoro.
C’era anche una stanza, adesso con le pareti gialle, che era adibita all’”imbastimento”: prima della Seconda Guerra si combinavano matrimoni e affari. C’era il sensale che guadagnava il pastrano – percentuale, facendo affari mescolando cristiani.
Il titolare mi ha detto che la vecchia guardia di clienti che al mattino alle 6 beveva il passito è sparita, ma c’è sempre uno zoccolo duro che resiste, non con il passito delle 6, ma con il bianchino delle 11. L’ho incontrata e c’ho ovviamente intessuto diversi discorsi, però questi non ve li racconto mica.

Ph: Chiara Giannoni

 

 

 

 

 

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