La Torino che c’era c’è

La Torino che c’era c’è

Spiegatemelo voi come si fa, una volta entrati nella Galleria Subalpina, a non scodinzolare a più non posso. Certe bellezze a volte mi atterriscono, altre volte mi rendono disordinatamente iperattiva.

Siamo a fine Ottocento, a Torino ma anche un po’ a Parigi, qui si viene a mangiare il cremino, le caramelle da Baratti & Milano, a vedere gli spettacoli del varietà al Caffè Concerto Romano, ad acquistare tomi alla Casa del Libro.
Allora come ora. In Galleria, ma non solo, ogni edificio ha rispetto delle sue origini, la vera rivoluzione sta nel non rivoluzionare, ma nel mantenere.
Qui si viene per fare salotto, per ammirare il sodalizio tra barocco e rinascimento, per far danzare gli occhi verso l’alto fino alle “Rappresentanze Coda”.

Chissà se anche Nietzsche, che durante il suo soggiorno torinese abitava proprio qui sopra, s’era fatto ammaliare da questo tesoro “Umano, troppo umano”. Perché oggi è davvero impossibile non venire intrappolati nella rete mielosa di questa Galleria, che a parte avere il nome che mi ricorda un burro, “Prealpina”, trasuda fascino da ciascun poro di mattone.



Spiegatemelo voi come si fa, una volta entrati nella Galleria San Federico, a non immaginarti un Jay Gatsby circondato da una costellazione di fascinose donne con i capelli che fanno le giravolte come la spumeggiante insegna del cinema Lux, al secolo Rex. A non vedere una composta Maria Callas annegare gli occhi nel vermouth, una gracile Audrey Hepburn navigare sulle sedie Del Cambio, anno di fondazione 1757, o insistenti bimbi tirare le gonne delle mamme per ottenere il pinguino di Pepino. Torino ti fa vivere la storia senza metterti in una macchina del tempo.

La signora Teresina, cento anni effettivi, braccata al Bar Mokita, mi racconta che da casa sua vedeva le cene organizzate dalla nobiltà torinese, cinque bicchieri con il bordo d’oro per delle tavole imbandite a Natale tutto l’anno, ed era tutto un andirivieni di personaggi pubblici, primo su tutti Gianni Agnelli. La Fiat. Bada bene però, Torino ha anche i gianduiotti, la Cinzano, le Pastiglie Leone, la Martini & Rossi, la Lavazza, e mica sarebbe finita.

Elegante e composta, una donna con la collana di perle evidentemente bellissima e palesemente snob che ama essere guardata sorseggiando del buon caffè in qualche bar storico, che al MiTo ci va con il marito intellettuale, mentre al Club to Club ci lascia andare la figliola che si fa sgridare per uscire con i jeans strappati. È quella che ad Artissima si lamenta di non capire quell’arte lì, ma che poi se la “ritrova”, magari, in salotto.

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