Ascoli Piceno: non solo olive

Ascoli Piceno: non solo olive

Non so perché, ma quando mi hanno chiesto di andare ad Ascoli Piceno ho subito pensato alle olive all’ascolana e all’Ascoli Picchio. Dico “non so perché”, visto che non mangio carne, e che sto al calcio come Zio Paperone alle monete da un centesimo.
Ascoli è un po’ come Arezzo: dicono tutti sia un gioiellino, infatti lo è, eppure quando dici “Marche” (o nel caso di Arezzo Toscana, lo dico perché non è scontato), non è la prima città che ti viene in mente.
In realtà è un po’ come Arezzo anche per altri motivi: la dimensione umana, la Giostra della Quintana, una manifestazione storica che da noi si chiama Giostra del Saracino, la presenza di caffè storici, eleganti e snob che dominano la piazza, e direi, generalizzando, l’atmosfera impregnata di storia, calma e garbo che lotta contro gli sguaiati, come in una sorta di missione morale.


E quasi sempre come Arezzo, è città e campagna praticamente assieme, dato che bastano due passi dal centro per far virare il bianco del travertino nel verde degli alberi. Io che il travertino l’avevo conosciuto a Rapolano me lo ritrovo qui, a “immacolare” praticamente tutto il centro storico che, appunto per il suo colore puro, m’ha riportata a Lecce, la città della luce.
In realtà la prima “cosa bianca” che ho visto ad Ascoli è stata la scritta “Cinema Piceno”, preludio alla poesia che avrei visto dopo, che è stato un concerto di chiese, piazze, pioggia inclemente e capelli bianchi, una sorta di coerente e delizioso collage di città che ho già visto, i cui pezzi mescolati a regolati d’arte fanno qualcosa di nuovo e nostalgico insieme.

Cominciando dal punto zero del tour, in piazza Arringo, la più antica della città, la guida mi dice che pare che Ascoli sia più vecchia di Roma, e che fu fondata da un gruppo di Sabini guidati da un picchio, uccello sacro a Marte, durante una delle loro migrazioni. Ecco, già il fatto di essere in una città così vetusta mi fa sentire tutto il sopportabilissimo peso della storia.
La prima cosa da vedere in piazza Arringo, chiamata così perché ci si facevano le arringhe, è la Cattedrale di Sant’Emidio, bella, bellissima, ma quello che mi sento di dirvi a proposito è che c’è una statua dedicata appunto a Sant’Emidio, voluta recentemente dal Vescovo, che non è stata molto gradita dagli Ascolani perché dicono somigli a Ken di Barbie (ho ancora le lacrime), e che gli affreschi all’interno rappresentano il mio ideale di decorazione-pareti per casa mia, geometriche, azzurre e oro.


La Chiesa ha una cripta, assolutamente da visitare, composta da sette piccole navate scandite complessivamente da sessantatré colonne, di cui alcune di travertino e altre di marmo, e impreziosita da mosaici che la memoria fa subito balzare al sussidiario con Sant’Apollinare in Classe.
Sempre nella stessa piazza, bellissimo il Palazzo dell’Arrengo, costituito dal Palazzo del Comune e dall’Arringo; se entrate trovate un cortile “Instagrammabilissimo”. La sua curiosità? Il Palazzo Vescovile è più alto di quello Comunale, e ciò aprirebbe un’interessante riflessione sul ruolo di poteri.

Al pomeriggio, nella piazza, si sono svolte le gare degli sbandieratori, che hanno fatto da apripista alla nuova edizione della Quintana, i cui giochi andranno avanti fino ad agosto (vi lascio il programma del sito), e che m’ha inondata di bei ricordi, di quando da bambina andavo per strada, con la bandiera del mio quartiere arrotolata al collo, a fare il tifo e urlare per i “miei” cavalieri.

L’altra piazza, tappa obbligata, che è considerata una delle più belle d’Italia, è la rinascimentale Piazza del Popolo, che m’ha davvero commossa, perché mi ha letteralmente riportata indietro nel tempo, anche grazie al meraviglioso Caffè Meletti, chicca liberty che a fine Ottocento ospitava le Poste, mentre dai primi del Novecento, grazie all’imprenditore di liquori Silvio Meletti divenne un elegante esercizio commerciale, che tutt’ora è rimasto tale. Cosa ordinare? L’Anisetta Meletti ovviamente, un liquore a base di anice verde ancora oggi prodotto seguendo la ricetta originale di Silvio Meletti, da bere con la mosca, un chicco di caffè.


Sempre in piazza, è da visitare il Bar Centrale, un gioiello degli anni Trenta: legno e specchi con pubblicità dell’epoca, per un caffè che si dice aprisse per primo e chiudesse per ultimo, frequentato da personaggi meno “snob” del Meletti.
Se volete bere meno e darvi più all’architettura, c’è il Palazzo dei Capitani del Popolo con la sua torre merlata medioevale, con all’interno la Sala della Ragione, la Sala dei Savi, la Sala degli Stemmi, la Sala Massy, due gallerie espositive ed un chiostro, e la Chiesa di San Francesco, che è particolare perché nella facciata ha delle colonne che hanno delle incavature che sono state fatte per l’usanza popolare di batterci le mani per farle suonare.

A proposito di torri, Ascoli è chiamata anche “la città delle cento torri”, perché ne ha davvero tante; ancora oggi in alcune facciate, di case comprese, ci sono delle piccole porticine in legno, che indicano che quegli edifici erano appunto torri.
Piazza del Popolo è davvero un centro nevralgico della città, non solo per i caffè, ma anche per i concerti: spettacolare quello di Stefano Bollani a cui ho assistito, sotto le stelle e refrigerata dalla brezza notturna. In occasioni come queste, al piano superiore, nella terrazza del Caffè Meletti si può persino cenare ascoltandosi certi concerti in modalità panoramica.
Vi dico solo che ad agosto ci saranno Sting e Goran Bregovic.

Dietro la Chiesa di San Francesco, c’è “Piazza della Verdura”, il Chiostro Maggiore, dove si svolge il mercato della frutta e della verdura, con dei personaggi che sarei stata ore ad osservare, compresa la “Signora delle zucchine”, una vecchietta che voleva rifilarmi per forza la verdura ad un euro.

Passeggiando verso Piazza Sant’Agostino e proseguendo per via delle Torri si arriva al meraviglioso Teatro dei Filodrammatici, che ho visitato perché ho assistito alla prima pièce che ha aperto la stagione teatrale ascolana, e perché, questo è un segreto, in una delle sue sale, c’ho fatto uno dei miei balletti con Ivan e Ilaria.

All’inizio ho detto che Ascoli è sia città che campagna, ora spiego in breve perché: è costeggiata da due fiumi, uno dei quali, il Castellano, ha delle piccole cascate davvero belle, che si possono apprezzare da vicino, molto vicino. Così vicino che ci si può perfino fare il bagno. Passando per i Musei della Cartiera Papale, raggiungibili molto facilmente appena superato il quartiere della Piazzarola, si viene catapultati in un contesto assolutamente esotico e naturale e, appunto, in quello che dagli ascolani è chiamato il fiume verde.

Ma vogliamo parlare un attimo di cibo? L’Osteria Nonna Nina è the place to be. Allevatori e fornitori locali di carne, salumi e paste artigianali pesce fresco direttamente dal vicino porto di San Benedetto del Tronto, lavorazione a mano di ogni pietanza per un ristorante da dieci e lode per cibo e servizio.

Cosa ordinare? I fritti, che comprendono funghi, olive ascolane, zucchine e perfino crema.

Se preferite la pizza, due sono gli indirizzi: per la pizza ascolana c’è la Pizzeria Ascolana, che dal 1954 “fa sempre le stesse tre pizze”, per quella gourmet c’è la Pizzeria La Scaletta che propone mix inediti come fichi e prosciutto, oppure pomodoro, cipolle, guanciale e pecorino, o ancora fiordilatte, fiori di zucca, alici, pomodorini Pachino DOP, origano.

La Scaletta non è lontano dal b&b dove ho felicemente soggiornato, il Mera Villa, un’oasi di pace tra arredamenti vintage e galline, gestito egregiamente da Gianluca, che mi ha persino regalato una mattonella del bagno (la mia stanza aveva un bagno rosso super vintage!). Colazione come si deve con prodotti locali (uova delle galline), e torte fatte dalla mitica Giusy, vista Ascoli, camere pulite e spaziose per un bed & breakfast a cui do dieci e lode per servizio e struttura (è proprio nelle mie corde).

Dato che volevo stare leggera, una sera ho cenato da Senduiccerì: prodotti locali in mostra vicino al bancone, wifi che funziona, romatico dehor con lucine shabby chic per accompagnare il desinare, e servizio ottimo. Ci sono panini, fritti, insalatone e qualche secondo.

Se state solo un week-end la miglior gita fuori porta che possa consigliare è Offida, la patria del merletto a tombolo, e quindi della vecchia Italia che resiste fieramente.

In collaborazione con Visit Ascoli

 

 

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