La cerimonia del tè, amore e guerra, e il biglietto che farò per il Giappone

La cerimonia del tè, amore e guerra, e il biglietto che farò per il Giappone

Le cose, sinceramente, sono andate così: mi arriva una mail, all’inizio leggo come sempre in maniera superficiale, “cerimonia del tè” e “Bologna”, vedo un’interrogativa finale, rispondo “sì”.
Per farla breve, domenica ho fatto una gita a Bologna in solitaria per andare a vedere la mostra Giappone. Storie d’amore e guerra, prodotta e organizzata da Arthemisia, e partecipare ad un laboratorio “Cerimonia del tè: tra forma e vuoto”, condotto dalla maestra Yoko Shimada, esponente di una delle più antiche e importanti scuole di cerimonia del tè, la Omotesenke, giunta con il capofamiglia Jimyosai Sosho alla XIV generazione.

Premetto che non avevo idea in che cosa consistesse la cerimonia, se non nel bere tè, ovviamente.
“Niente foto rumorose”, mi hanno detto all’entrata. Ed io ovviamente ho storto il naso, perché sarebbe significato non documentare.
Dopo aver raggiunto un accordo di “poche foto rumorose” salgo velocemente al piano superiore nella sala adibita al workshop, per avere la certezza di guadagnarmi la prima fila, da buona secchiona. Tipo gli ansiosi che si mettono in coda per entrare in aereo, quando la hostess annuncia l’imbarco un’ora prima.

E sapete che vi dico? Alla fine non ho scattato nemmeno una foto con la Canon, perché la cerimonia del tè è una pratica zen, dove il silenzio è fondamentale, e dove quasi per magia, non sei nemmeno spinta a interromperlo in nessun modo.
Dunque cos’è la cerimonia del tè?
È un’arte dell’accoglienza per pochi ospiti, che non vuole essere uno spettacolo, ma un affare intimo, una sorta di meditazione sul “qui” e l’ora”.
È un insieme di gesti codificati più di quattrocento anni fa, dalla posizione delle dita alla rotazione del polso, gesti che sono aggraziati e mai ridondanti né azzardati affinché non si rompa niente, dato che gli oggetti utilizzati durante la cerimonia sono preziosi in quanto artigianali e spesso ereditati, quindi con un valore affettivo.
La procedura cambia in base alle stagioni, e i manufatti usati con le loro forme diverse; a proposito di quest’ultimi vengono sempre puliti due volte, e ammirati dagli ospiti in quanto oggetti unici e belli.
Per noi tutto ciò sarebbe una specie di follia.

Quando un ospite organizza la cerimonia pulisce sempre il giardino, per poi ributtare le foglie a terra, così da dare l’idea che non ci sia troppo ordine, e che il poco disordine sia casuale.
Il tè viene preparato con tutte le attenzioni possibili, ma in maniera semplice; si tratta del tè matcha, che non è ricavato per infusione, ma attraverso una polvere macinata e sbattuta con l’acqua.
Dato il suo sapore erbaceo e amaro, si accompagna sempre ad un dolce che va consumato prima di bere il tè su una specie di foglio di carta che gli ospiti conservano con loro.
Mi sono dilungata un po’ perché scrivendo stavo ricordando, e dato che i ricordi sono bellissimi, la mia mente ha avuto forse inconsciamente il piacere di soffermarvisi

Dopo il laboratorio ho visitato la mostra, nella quale sono stata un’ora e mezza a cercare di fermare me stessa nel non comprare all’istante un volo per il Giappone.

Attraverso una selezione di oltre duecento opere si racconta il mondo fluttuante dell’ukiyo-e.
L’ukiyo-e si sviluppò come espressione della cultura borghese prevalentemente a Edo (oggi Tokyo) dove vennero privilegiate le stampe di belle donne ed erotiche, i guerrieri del passato e i fiori. Prese piede anche nella regione di Kamigata (Osaka e Tokyo) dove si prediligeva invece il mondo del teatro.

La donna ukiyo-e geisha o cortigiana, nobildonna o borghese, era una figura sensuale, dove convivevano grazia e sensualità. La geisha era prima danzatrice e suonatrice di vari strumenti, poi accompagnatrice esperta nell’arte della conversazione, mentre l’immaginario occidentale ha l’errata visione che tutti conosciamo.

Geisha e samurai, donne bellissime ed eroi leggendari, attori kabuki, animali fantastici, mondi visionari e paesaggi bizzarri sono i fantastici protagonisti di Giappone. Storie d’amore e guerra.

Tra le opere presenti quelle dei più grandi artisti dell’Ottocento giapponese tra cui Hiroshige, Utamaro, Hokusai, Kuniyoshi, ma la mostra offre un panorama completo anche sulla vita dell’epoca in Giappone, con l’esposizione di vestiti di samurai, kimono, ventagli e fotografie.
La mostra sul Giappone è a Palazzo Albergati a Bologna, aperta fino al 9 settembre.
Un consiglio da amica? Andate a vederla.

Ci sono anche dei laboratori molto interessanti da fare, da quello sull’origami fino a quello su come indossare il kimono.
Se volete conoscere tutti i worhshop basta andare sul sito di Palazzo Albergati, dove potete trovare anche orari e modalità di partecipazione.

 

 

Comments are closed.