L’importante nella vita è (non solo) avere like

L’importante nella vita è (non solo) avere like

A distanza di qualche giorno, voglio spiegarvi perché partecipare all’”operazione #LikeGigante” è stata per me una missione.
Riassunto delle puntate precedenti: sabato mattina in piazza XXV Aprile è apparsa una statua enorme a forma di like, con su scritto: “L’importante nella vita è avere like”.
Nessuna brand, nessuna possibilità di facile supposizione, apparentemente solo arte, più o meno apprezzata.
Ecco, per quanto riguarda l’arte, in generale, ammiro quasi tutto fino al Futurismo, dopo è come se qualsiasi cosa sia stata investita da così tanto “concetto”, troppo, che non riesco a capirlo. Tuttavia, lì di quel concetto astratto e irraggiungibile ce n’era ben poco, dunque ho gradito.
(Sono quella che odia la Performance Art, per intenderci).

È stato come se la statua dicesse: “I gladiatori moderni sconfitti possono ancora vivere”. In realtà lo diciamo tutti noi quotidianamente. Noi leoni da tastiera nella spietata arena del web che viviamo di approvazione altrui.
Alle volte penso a com’ero prima e mi paragono a quella di adesso. Di cosa m’importava? Di essere popolare (faceva molto America)? Di essere brava a scuola? Eccellere nella ginnastica? Non posso dire “no, non me ne fregava nulla”, e nemmeno “per me il giudizio degli altri non è mai contato”, perché mentirei.
E adesso? Di cosa m’importa? Oltre che delle cose “ovvie”, come la famiglia e gli amici, di cosa? Di essere brava nel mio lavoro? Di essere in forma? Di essere popolare (fa molto “Black Mirror”)? M’importa e mi è sempre importato dei like dunque? Non posso dire che non me ne freghi nulla, perché, ancora, mentirei.


Alla fine non è cambiato niente, se non l’universo, che è quello virtuale e non parallelo con quello reale, ma ci s’interseca.

Combatto continuamente con le dita di una mano, tra il pollice e il dito medio alzato. È una lotta che anche se ho in (un) pugno, in realtà non ce l’ho.
Non si posta nulla se non bellissimo. Non si fa vedere nulla di imperfetto, perché pare debba esistere solo la perfezione, ingannando così chi ci guarda.
Adesso vogliamo essere tutti famosi perché tutti possiamo esserlo bluffando facilmente. Schiavi famosi in prigioni glamour fatte di sabbia.
Per me dentro quel #LikeGigante c’era tutto questo. Tutti questi pensieri.

Sì, c’era questo, ma domenica ho scoperto esserci anche altro. Con la precisione una macchina, una BMWX2.
Domenica alle ore 15,00 circa la mano è stato distrutta non dagli haters, ma da quelli come me che sono giunti alla saturazione. Quelli per cui conta più ciò che c’è dentro, il contenuto, la qualità, che la superficie, che nove volte su dieci, tanto è finta, piena di filtri, distorta, resa più “popolare” con spese di fan e likes. Fatta a brandelli da quelli che hanno il coraggio di rompere gli schemi, desiderando follemente un ridimensionamento, un mondo plausibile che non si prenda in giro da solo.

Il messaggio è stato dunque chiaro: la BMW X2 ha ribadito il proprio concetto di unicità e la voglia di essere fuori dagli schemi; il nuovo urban crossover ha voluto così invitare a mettere da parte la dipendenza dai like, anteponendo l’importanza di essere sè stessi a un “mi piace” sui social.
L’arte ha fatto pubblicità, non viceversa, sfruttando una funzione sia sociale, far parlare e interagire persone fisiche, che social, con la condivisione di foto e pensieri attraverso i nuovi media.
Realtà virtuale e reale si sono sovrapposte per un po’, addirittura quella virtuale ha “contenuto” quello reale, il paradosso forse possibile, ma poi ha vinto lei, la #vitavera.

Ecco perché non potevo non supportare questa campagna.

 

 

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