Quando una mamma lavora

Quando una mamma lavora

 

Giusto oggi ho scritto del mio nuovo inizio come mamma che lavora. Sì perché ho due figlie piccole e ho scelto di rimanere a casa e lavorare come freelance. Ho preferito guadagnare poco, ma non pagare il nido o la tata per le mie figlie. Ho scelto di vederle crescere per i primi anni e seguirle tutto il giorno.
Certo, ho potuto fare questa scelta perché ce lo possiamo permettere.

No, non avevo un lavoro a tempo indeterminato.
No, non ho avuto diritto a nessun bonus bebè.
No, non ho avuto nessuna agevolazione.
No, non è stata una passeggiata. Stare a casa tutto il giorno con tuo figlio è bello si, ma dopo un po’ hai voglia di parlare anche con qualche adulto e avere di nuovo la tua vita.
No, non tornerei indietro.
Si, rifarei le stesse scelte.

Poi però ti rendi conto che io appunto l’ho fatto perché ho potuto, perché ho le spalle coperte e tornare a lavorare a 36 anni e 2 figlie piccole non è comunque semplice. Perché poi ci sono le malattie, le scuole chiuse, le riunioni e lì o stai a casa tu, o paghi la tata, o se ti va bene hai i nonni che ti danno una mano.
Il papà che sta a casa? Un miraggio. Ogni tanto mio marito riesce a prendersi un giorno, ma non è così semplice, e tra i due, chi rinuncia è sempre la donna, perché di solito ha un lavoro meno importante. Ma così si rinuncia anche a una possibile carriera, perché sei donna e perché appunto sei mamma.
Non voglio piangermi addosso, per carità, ma quando leggo l’articolo pubblicato da La stampa dove si parla di boom di dimissioni per le neonate, forse qualcosa di vero c’è.
Secondo i dati forniti dall’Ispettorato nazionale del lavoro le donne che si sono licenziate sono state 29.879, delle quali 24.618 hanno specificato motivazioni legate alla difficoltà di assistere il bambino per costi elevati e mancanza di posto al nido.
Il costo del nido per i residenti nel comune di Milano è di 465 euro al mese se superi i € 27.000,00 di ISEE all’anno. Per i non residenti sale a 619 euro al mese. E poi c’è sempre il grande punto di domanda. Ci sarà posto per tuo figlio? Perché i nidi sono pochi e i posti pochissimi.
In Lombardia 5.093 mamme si sono licenziate per motivi familiari, di cui 3.105 si sono licenziate per mancato accoglimento al nido, assenza di parenti di supporto e elevata incidenza dei costi di assistenza del pargolo. In Lombardia, dove lavoro c’è, dove si guadagna anche abbastanza bene, ma dove questo non basta. Chi ci rimette è la classe medio-bassa, quello delle operaie e impiegate. Con uno stipendio che arriva a malapena a 1000 euro, i conti sono presto fatti. Quasi 550 euro vanno via per il nido, che finisce alle 16. Poi devi pagare il doposcuola o una tata e tu stai via da casa per 8 ore per cosa? Certo non per i soldi!

E allora vai a leggere come sono messe all’estero. Lo sappiamo bene che i Paesi del nord sono quelli più fortunati.
In Svezia hai 480 giorni pagati di congedo parentale, che puoi fare di fila o distribuiti nei primi otto anni di vita del bambino, l’unico obbligo è che il padre deve prendere almeno 60 giorni, altrimenti li perde. Per i bambini è tutto gratis fino a diciotto anni, dentista compreso. Se penso invece che tra poco Beatrice compirà 4 anni e dovrà fare il primo controllo dei denti…chissà che prezzi!
Tutte le famiglie che hanno la residenza, hanno un sussidio di 120 euro al mese a bambino fino a 18 anni che i genitori possono decidere di spendere o accantonare. Così tuo figlio si ritroverà già un bel gruzzolo in banca come regalo per la maggiore età.
Per quanto riguarda gli asili poi i bambini possono frequentare per il numero di ore lavorate dai genitori. Se uno o entrambi non lavorano c’è un limite di15 ore alla settimana, che serve per la socializzazione. E se il bimbo si ammala si prende una giornata o mezza o persino un quarto di giornata. I giorni di permesso per restare a casa con i figli malati sono comunque pagati e illimitati. Beatrice e Bianca si sono ammalate prima di Natale e proprio prima che iniziasse la scuola. Come la mettiamo?

In Finlandia poi è ancora meglio. La mamma può rimanere a casa dal lavoro sette settimane prima della data presunta del parto. Successivamente, il governo copre 16 settimane supplementari di ferie retribuite con un sussidio di maternità, indipendentemente dal fatto che la madre sia uno studente, un disoccupato o un lavoratore autonomo. Il paese offre anche otto settimane di congedo di paternità retribuito.
Dopo che un bambino ha compiuto tre anni, i genitori possono anche prendere un congedo parentale, in cui dividono il tempo tra casa e lavoro. Questo fino a quando il bambino inizia la seconda elementare. Inoltre, uno dei genitori può scegliere di restare a casa per prendersi cura del bambino fino a che questo non compie 3 anni, conservando il posto di lavoro.

In Norvegia, quando si fa domanda per il sussidio parentale, si può scegliere tra il 100% o l’80% del grado di copertura. Il periodo di beneficio totale per la prestazione parentale in caso di parto è di 49 settimane con copertura del 100% e 59 settimane con copertura dell’80%. I genitori devono scegliere lo stesso grado di copertura. Ogni neomamma che non lavora riceve 6.000 € per i bisogni dei primi mesi. Successivamente, nel caso non abbia un lavoro e stia aspettando un posto al nido pubblico, dai 13 ai 23 mesi si può usufruire di un assegno di 750 € euro al mese. Come se non bastasse, lo Stato norvegese versa 200 € al mese su un conto corrente aperto dai genitori fino ai 18 anni di vita del bambino: soldi che non possono essere spesi e che andranno direttamente a lui quando è maggiorenne.

E allora trasferiamoci tutti al nord, ma lì fa freddo e non c’è il bel sole che abbiamo qui. E allora che si fa?
Si fa un figlio senza pensarci, perché se ti metti a fare i conti non li fai più e ti butti. Perché la vita è anche questo, è un sogno che si avvera, è il sorriso di tuo figlio appena sveglio, è vederlo crescere con tutte le difficoltà che questo comporta. Buona vita, e buona fortuna!

di Melania Guarda

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