Le cinque “cose” della nonna

Le cinque “cose” della nonna

Recentemente ho letto una buona notizia sul buco dell’ozono: si starebbe riducendo.
D’altra parte in giro si vedono sempre meno cofane, giovanissime nipoti col ciuffo incatramato ad onda hawaiana e nonne con imperturbabili impalcature sulla testa.
E chi la usa più la lacca, se non quelle poche nostalgiche come me, e le anziane signore che devono essere apposto anche alla Coop.
Ricordo che quando mia nonna mi accompagnava in bagno prima di uscire mi diceva di chiudere gli occhi prima di spararmi quasi in faccia una polvere appiccicosa sotto il nome di Elnett.
Dunque per me la signora Elnett con i capelli posseduti da David Copperfield e gli orecchini prestati dalla Sabrina Salerno è stata sempre una specie di alter-ego in tubo di mia nonna. A volte quando facevo la pipì me la immaginavo uscire fuori dalla sua gabbia dorata per rassettare rossetti e pastelli per coprire capelli bianchi, e darmi una ritoccata veloce alla frangia.
La signora Elnett, Linetti da sposata.

Se penso a mia nonna, non posso non pensare alla Nivea e alla Leocrema, le creme “per tutte le occasioni”. Non so come faccio ad avere una pelle semi sana, dopo avere speso estati intere esposta al sole praticamente imbevuta con ricchi strati di Leocrema o Nivea, che facevano da crema solare e dopo sole allo stesso tempo. Ma anche da crema emolliente per le screpolature, anti-freddo, idratante, emolliente… leggende narrano facessero anche il bidè.
Il barattolo di latta irrimediabilmente unto era come se avesse avuto le gambe: si trasferiva dal comodino di camera alla mensola del bagno fino alla borsetta con incredibile nonchalance.

Credo che il bicarbonato sia stato il fratello della Nivea: secondo mia nonna serviva un po’ per tutto. Per digerire meglio, per pulire i panni, per lavare frutta e verdura, per il pediluvio, per la pulizia del bagno. Che chiedessi a mia nonna come rendere i capelli meno grassi, lucidare l’argenteria o curare l’acne, la risposta era sempre la stessa: “prendi il bicarbonato, sempre nell’anta sopra il lavandino”.

Non credo esistano nonne che non fossero state maghe ai fornelli: la nonna Cecchina lavorò persino nella cucina di Gastone, a Ponte Buriano, ed era brava a fare tutto, come se tutto fosse facile, senza mai pesare nulla, dosi assolutamente a caso (in questo ho preso da lei).
Faceva tanti dolci, per questo un irrinunciabile di casa Barbagli era il lievito Bertolini. Stava proprio accanto al bicarbonato, e la sua confezione era sempre una sorta di campo minato da impasti rinseccoliti o medaglie irregolari di cioccolato. Quando andavamo a fare la spesa a Ponte Buriano o al Castelluccio, oltre il latte ovviamente intero Giglio e la mortadella con i pistacchi c’era sempre lui: il Bertolini, il lievito con le ricette sul retro della confezione, che ogni volta facevo e nella quali quasi sempre fallivo.

Il nonno aveva sempre in tasca manciate di Rossana e Gelo Menta, la nonna teneva nell’armadio dei dolci una ciotola con le caramelle al miele e al rabarbaro, che mi sono cominciate a piacere a forza di vedermele rifilate. Ha funzionato così anche per il purè: alla quinta volta che Suor Gemma m’infilò il cucchiaio di purè praticamente in gola, il purè divenne uno dei miei cibi preferiti (tutt’ora lo è).

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  1. Gioia Pernarella

    17 November 2017 at 15:16

    I nonni, un bene prezioso.
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    • Lucia

      17 November 2017 at 15:28

      esatto Gioia 🙂