Acqua “sbottigliata”: togliere per aggiungere valore

Acqua “sbottigliata”: togliere per aggiungere valore

Da quando i miei genitori hanno deciso di comprare una casetta a Milano da ristrutturare io sono diventata matta. “Matta” in senso buono, perché impazzisco felicemente stando dietro ai lavori di ristrutturazione, alla scelta di mobili, di finiture e accessori per la casa.
Oltre alla passione nell’arredare il mini appartamento andando in giro per negozi e mercatini, ho scoperto di avere una vera e propria fissazione, alquanto singolare: i rubinetti.
Ho speso un sacco di tempo a scegliere quelli giusti, che fossero vintage, del colore e delle dimensioni che volevo io, e quando finalmente li ho visti istallati mi sono sentita la donna più felice del mondo. Specie quando tutti mi dicevano “no Lucia, non esistono i rubinetti che vuoi tu”. E invece…
Chi lo sa, magari avrò un futuro nel mondo della rubinetteria.
Viene da sé che quando Grohe mi ha chiamata all’appello io ho subito risposto.

La convocazione è stata a La Scuola de La Cucina Italiana, sia per spiegarmi il prodotto che per farmi cucinare (a quanto pare si sta formando un’alleanza per farmi imparare a cucinare).
Perché ho accettato un invito da un marchio di rubinetti? So che ve lo starete chiedendo, quindi vi anticipo: oltre che per la mia nuova “passione”, per un fattore principalmente di sostenibilità, e ovviamente per curiosità.
Mi spiego meglio: il prodotto che è stato presentato è Grohe Blue Home, un sistema di filtrazione che eroga dallo stesso rubinetto acqua corrente miscelata e acqua fresca filtrata naturale, leggermente frizzante e frizzante attraverso due canali separati.
Viene da sé il concetto di sostenibilità: addio bottiglie di plastica, addio spese e sprechi.


Sostenibilità a parte, ho imparato anche che l’acqua frizzante, oltre che a berla serve ad altro, ovvero per pastelle fatte all’ultimo minuto, idem per l’acqua leggermente frizzante, che è utile per impastare la pasta bianca (acqua e farina) perché ne rallenta l’ossidazione, mantenendola più chiara.
Non a caso le ricette che abbiamo preparato nella Scuola de La Cucina Italiana hanno giocato con i diversi stati dell’acqua: per imbastire l’acqua cotta abbiamo messo in ammollo il pane in acqua frizzante scaldata a 35 gradi, per la tempura abbiamo mescolato farina di riso, ceci e amido di rido con acqua frizzante filtrata Grohe Blue Home, mentre per marinare il salmone abbiamo utilizzato aceto e acqua leggermente frizzante (una chicca sostenibile: non buttate la pelle del salmone, ma fateci delle chips, fritte o al forno).


Magari sono cose che voi sapevate già, ma per me sono state delle entusiasmanti scoperte (tra l’altro avrei una domanda: l’acqua cotta è parente della panzanella? Dato che sono qui a scoprire cose, ormai le vorrei scoprire tutte).

Insomma, da consumatrice di acqua in bottiglia, come la maggior parte degli italiani, mi sono chiesta: perché?
Voglio dire, l’acqua “sbottigliata” è più facile, economica, non inquina, non è pesante, eppure siamo, non solo io, bloccati alla mentalità delle casse d’acqua. È una questione d’abitudine? Di tradizione? O cosa? Eppure ho sviluppato il mio pensiero, negli anni, scegliendo la via più facile.

Eppure appartengo ad una generazione che è terreno fertile per i cambiamenti, vedi come sono passata con disinvoltura dalle enciclopedie a Internet, dal telefono fisso al cellulare. Eppure mi sono gasata (come l’acqua, pessima battuta) vedendo il funzionamento del sistema di filtrazione.
Detto questo, sono sicura che così come le case si sono ristrette, si sono “pulite”, stanno eliminando invece che aggiungere, hanno fatto spazio alla manciata di cestini per la raccolta differenziata, anche per l’acqua varrà la stessa cosa: “togliere per aggiungere valore”. Piano piano.

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  1. Valeria

    28 October 2017 at 11:22

    sei bravissima!