Sulla bellezza della non perfezione del cuore

Più volte ho cercato di darmi delle spiegazioni razionali sul perché mi piacciano tanto i cuori, dato che ce li ho tatuati sulla pelle, alle pareti di casa,  e se vedo un pezzo di stoffa con un cuoricino non esito ad appiccicarmelo addosso.
Sarà che il cuore non è un cerchio, quindi non è perfetto, nonostante per alcuni sia la forma della perfezione, e quindi per me è simbolo dell’umano, sarà che è l’incontro di due uncini, ed io amo Peter Pan, l’ho sempre un po’ capito lui, sarà perché insieme alle stelline, è lo scarabocchio più legato alla mia adolescenza, o meglio ai lembi dei quaderni a righe, a quadretti o semplicemente ai fogli bianchi che sono stati sui banchi dalla prima Media fino a tutto il Liceo.
Sarà che il cuore è una forma che mi ricorda che siamo fatti di carne ed ossa, che siamo essere sensibili, che oltre che a combattere siamo pronti anche a difenderci, a tutelarci, a ricordarci di volerci bene e rispettarci.
Quella forma “finta” e stilizzata mi ricorda che tutti ce l’abbiamo vero, un cuore, organo difficile da gestire perché ingestibile, cocciuto come una capra, se mai le capre dovessero essere cocciute, purtroppo indipendente (dalla ragione), troppo connesso e troppo sconnesso allo stesso tempo, maledetto e benedetto, che pensa troppo nella sua irragionevolezza.
E che ci fa vivere, ridere e piangere.
Quella forma che potrebbe essere benissimo un geroglifico, e che potrebbe essere riflesso della sua complicatezza, mi ricorda che con lui non bisogna scherzare, che bisogna trattarlo con i guanti proprio perché è un delicato enigma che non si risolverà mai.

Tutto ciò è un inconscio messaggio a me stessa che mi dice che devo farmi un altro piccolo tatuaggio a forma di cuore?

Abito: San Andrès Milano
Giacca: Vladimiro Gioia
Calze: Red Sox Appeal
Scarpe: Casadei