Voglio essere la Pink Lady bulla

Voglio essere la Pink Lady bulla

greaseDicono non sia tanto giusto fare le differenze, ma io non resisto, sono stata all’anteprima del musical di Grease e per tutto lo spettacolo non ho smesso di blaterare a me stessa la seguente nenia: “ma-quanto-è-brava-Rizzo-ma-quanto-è-brava-Rizzo-ma-quanto-è-brava-Rizzo-ma-quanto-è-brava-Rizzo”.

Faccio una premessa e poi arrivo al punto.
Mai come adesso gli anni Cinquanta vanno di moda, ed io per questo godo come un riccio, dato che ormai da tempo giro con abiti da pin-up, mega ciuffi in testa e make up di allora. Anche per andarci al mercato di viale Zara, sì. Se fossi un uomo mi spalmerei tutta di brillantina, invece sono una donna e ogni tanto vado di lacca e gel estremo. (E infatti mi sono presentata alla prima così).

Grease è uno di quei film di quegli anni che tutti noi sappiamo a memoria come le prime due righe della Divina Commedia, che ci fa sognare ogni volta e sperare che l’amore esista, che ci fa desiderare tanto di avere un gruppo come le Pink Ladies e di esserne la bulla (o per lo meno io), che non viene mai a noia, un po’ come Dirty Dancing, Flash Dance o Mamma ho perso l’aereo. Esatto, ci sono delle pellicole per le quali non ti viene mai la nausea, anzi più le guardi più sei felice, tanto che poi quando ne impari le parole ti senti un po’ un personaggio del film.
Grease: chiamatelo pezzo di storia, chiamatelo clichè, chiamatelo un po’ come vi pare, ma garba.

Detto questo, dopo il musical Grease con la Cuccarini e Ingrassia, dopo quello con Montrucchio, insomma dopo vari Grease a teatro e diciotto anni, la Compagnia della Rancia con la regia di Saverio Marconi ne produce un altro, molto fresco e giovane, con Giuseppe Verzicco nella parte di Danny, Beatrice Baldaccini in quella di Sandy, Gianluca Sticotti nei panni di Kenickie e la mitica Floriana Morici in Rizzo, appunto.

Ho assistito a prove e spettacolo grazie a Vente Privee, e non c’è niente da fare: ogni volta che entro in un teatro ho sempre un lieve rimorso nel non aver fatto, ai suoi tempi, l’Accademia d’Arte Drammatica, perché a me il teatro è sempre piaciuto tanto, a partire dal fatto che quando fai parte di un gruppo diventi in un batter d’occhio “parente” di qualcuno che fino all’altro ieri non conoscevi, manco amico, si instaura un rapporto più intimo, c’è quell’atmosfera dove aleggia amore, passione e sofferenza e sacrificio. Tutto è così meravigliosamente amplificato.
E poi c’è il fascino del non essere se stessi pur essendolo, di diventare uno degli altri da sé, che è anche un modo, in fondo, per conoscersi meglio e per affrontare i limiti della propria personalità.

Ecco, vedere quei ragazzi alle prove è stato un po’ come tornare a scuola, un po’ perché tutti giovani, un altro po’ perché proprio come alle Medie e al Liceo ci sono i secchioni, i burloni e gli indisciplinati. È stato bello, molto bello.
Toccare i meravigliosi costumi di scena, mamma mia stavo svenendo, sentire parlare l’attrice principale, Beatrice, toscana come, acerba ma già grande, già esperta (è stata Cenerentola nell’omonimo musical), scambiare due parole con Gianluca e Giuseppe, così diversi ma ugualmente simpatici, è stata una specie d’infarinatura per lo spettacolo vero e proprio, dove li ho rivisti truccati a puntino, in versione non naturalmente, ma professionelmente goliardica.

Una grossa mano allo spettacolo l’hanno data i costumi di scena, favolosi, tanto vintage quanto davvero moderni, io mi sarei messa tutto, oggi e nel 2015,  ma ovviamente anche il mix di musiche, coreografie e trovate sceniche. La trovata più geniale è stata quella di Danny in macchina con Sandy, che tentando di baciarla fa volare la sua mano a mo’ di uccello a destra, a sinistra, e in alto, ma non in basso per evitare di toccare Sandy, che si sarebbe sicuramente impaurita.
Bravissimi gli uomini, specie nella scena della macchina, o della chitarra, voci eccezionali (so che se vi dico così le scene non le capite, ma spero di incuriosirvi così che andiate a vedere lo spettacolo).
Geniale Frenchie con la sua voce da svampita, e anche la canzone a lei dedicata (grande merito a chi ha tradotto i testi).

Anche se sinceramente non ho avuto per tutto lo spettacolo pelle d’oca e piedino saltellante, ho avvertito come dei “buchi intermittenti” tra un brivido d’emozione e l’altro, non è stata un’emozione continua, Grease è assolutamente uno spettacolo da vedere.

Ah, un applauso al primo spettacolo “social” che assisto: i cellulari si sono possono tenere accesi e condividere foto su tutti i social (lo speaker iniziale ha dato pure l’hasthag: #greasemania, mi sono emozionata).

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