In generale sono fan della pazienza. Credo che ci sia un momento giusto per tutto, non credo molto negli “scoppi”, ma nel saggio che preferisce andare adagio. Ogni cosa ha un suo momento preciso, per il quale si deve avere la pazienza, il karma, il fegato (in qualsiasi cosa voi crediate) di aspettare. Ogni momento è crescita che viene da un altro momento precedente, mai una monade, ogni attimo è causa e conseguenza dell’altro.
Chi ha l’ansia di correre, in realtà perde tempo, perché al traguardo, si sa, non c’arrivi mica in un minuto, ma, forse, in una vita.
Così è per me con la fotografia, che è tutta questione di attimi, e di cogliere quello giusto per te, ma in realtà anche per gli altri.
Giustamente i miei amici fotografi si lamentano del fatto che adesso sono tutti fotografi, come le fashion blogger che ora siano tutte fashion blogger e i dj che siano tutti dj. Hanno tutti ragione.
Personalmente amo fotografare, non sono una professionista, certo, scatto in manuale, non in automatico, sarebbe un offesa per la macchina fotografica, ma ci sono dei periodi in cui mi porto sempre dietro la macchina, come altri che non la guardo nemmeno. Ho i miei momenti giusti per fotografare. Ieri per esempio era uno di quelli.
Dopo mesi che non fotografavo “seriamente” nulla, mi ero fissata la data di ieri da tempo, scritta a mano sulla mia agenda di pelle nera con tanto di tre sottolineature a penna nera, per amplificarne l’importanza.
Ho scritto così: “Capodanno cinese, Sarpiville, Canon 6D“. Avrei voluto aggiungere tantissimi punti esclamativi, ma ne sono un po’ allergica, mi fanno troppo bimbaminkia.
Avevo bloccato questa data da un bel pezzo, quasi ogni giorno mi prendevo la briga di controllare le previsioni, per tutte domenica 22 febbraio doveva piovere, e alla fine ieri è stata una bellissima giornata.
Sono partita con lamia borsa argento e la 6D a tracolla, un po’ ingombrante, ma per qualche strano motivo io amo le macchine ingombranti, mi danno l’idea di fotografare meglio, forse.
Ho pensato prima ai fotografi di streetstyle di moda, quelli che durante la fashion week devono correre da un posto all’altra per cogliere “per forza” l’attimo perfetto, mi sono sentita come una di loro, poi ho pensato che invece ieri era tutto diverso: lì non ho corso per guadagnare una foto bellissima, perché chi sfilava non faceva parte delle categorie fighe di legno, fashion blogger sfigate che fanno finta di correre per pretendere di non volere una foto quando invece ne vogliono a palate, ragazzette secche secche e mezze ignude fisse davanti alle sfilate a patire il freddo, gente fintamente di fretta in generale.
Ieri mi sono semplicemente messa in prima fila, lungo via Sarpi, e ho aspettato.
Ero stretta tra persone italiane, cinesi e di qualsiasi altra nazionalità, riuscivo a malapena a camminare, sono stata pure invitata a spostarmi (ero davvero in primissima fila), ma tutto questo caos è stato estremamente piacevole, perché c’era dell’adagio in quel caos: le persone, a causa del macello sovraumano erano costrette a fermarsi.
In preda a svariate esaltazioni mistiche ho scattato, dicendo tra me e me: “non ci credo, è tutto troppo bello, i costumi, i colori, le facce, i sorrisi, la tradizione”.
Una felicità indescrivibile ma che poi in realtà sto tentando di descrivere.
Catturare immagini è un po’ come catturare per qualche millesimo di secondo chi ti sta davanti, e tu per qualche secondo ti senti sua “padrona”, poiché ce l’hai in quella scatolina nera, fisso nella memoria. Ce l’hai lì fino a che non decidi di restituirgli la libertà rendendola pubblica. Perché la libertà fotografica per certi versi non è affatto privata, dipende dai punti di vista.
E quel momento, in cui decidi di rendere pubblico ciò che ti eri tenuto in prigione dentro la macchina è un secondo Natale in cui vuoi scoprire cosa ti sei regalato, se sei stato così bravo da regalarti la foto giusta, quella che ti fa dare da sola la pacca sulla spalla.
Fotografare è sport, adrenalina, concentrazione, tutti gli elementi insieme, acqua, mare, aria, terra e fuoco. Non so se mi spiego. Se no, non mi preoccupo, è talmente una cosa personale.
Foto scattate con Canon 6D, lente 24-70mm
Comments are closed.
serena
23 February 2015 at 12:58stupende Lucia!
Io non ho idea del perché sono scesa convinta che avrebbe piovuto e ho lasciato la macchina a casa e al suo posto mi sono trascinata dietro l’ombrello (grande) nella folla. -.-
Lucia
23 February 2015 at 19:07ahahahaha