In questo mondo di hipster

In questo mondo di hipster

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Alla fine sì, e dio solo lo sa perché me ne renda conto più che mai nel mio periodo adolescenziale 2.0 da quasi trentenne, quando vado a ballare in media tre volte a settimana (in sella alla mia bicicletta sempre più scassata, con – 2 gradi). Forse perché nell’adolescenza si studiano più gli altrui costumi, e non nel senso di maniere, a cui da una parte ti vuoi uniformare, forse in realtà non lo so, ma è un po’ da shock (vai di rima, me la potrebbe quasi rubare Fabri Fibra).

Voglio dire, gli anni Novanta non mi sembravano così “tutti uguali”, e manco gli anni Ottanta, in quest’anni qui invece pare che c’abbiano dato a tutti un’uniforme, e pure abbastanza triste, infelice. Come se fossimo tutti felici d’essere infelici, emaciati, con le spalle un po’ ringobbite, con le ginocchia un po’ in dentro, con le dita un po’ rinsecchite, con la pelle un po’ bianchiccia. E anche se sei “normale”, l’importante che passi il concetto d’essere disagiata. Come se vivessimo in un mega centro sociale, ma di lusso.
Un’uniforme hipster, perché siamo tutti un po’ hipster. E adesso se parte il coro “che palle gli hispter”, quando alla fine lo siete, lo siamo, un po’ tutti, vi vengo a cercare col manganello di pino di Svezia. Non è solo una moda l’essere hipster, lo è ancora di più dirlo di non esserlo pur essendolo.

Ieri sera vado al Rocket, musica elettronica, da una parte quasi techno, e gli uomini avevano tutti il cappellino della Carhartt, marrone, giallo o blu, con l’etichetta rigorosamente spostata a caso. Le cose alla cazzo vanno molto di moda, come le calze rotte con le unghie, i calzini un po’ giù e un po’ sù, i capelli non pettinati.
Una settimana fa vado ad una festa organizzata da Vice e c’erano sempre gli stessi cappellini di lana colorati, posizionati con le orecchie un po’ di fuori, con il beneficio delle due opzioni: modalità di tenuta Capitan Findus, ovvero cuffietta ben attaccata alla nuca con ciuffo di fuori, oppure a Grande Puffo, con o senza pon-pon.
I jeans? Figurarsi se non fossero stati neri, aderenti, con il risvolto in fondo, oppure tipo candeggiati. Le camicie? Figurarsi se non fossero state a quadretti o di jeans.
Le donne? Figurarsi se non dovevano far finta di non aver voglia di vivere, con quelle gambette dello spessore d’una parentesi e i polsi del diametro d’un chicco d’uva (passa).

Le scarpe per le donne sono in genere le allacciate, maschili, le Nike sono già andate in pensione, e poi ci sono gli stivali neri e ancora, gli stivali neri.
Resistono i leggings, stavolta da portare anche con il culo di fuori, ovvero senza maglie che coprano, le mini, i maglioni over ma mini, i capelli rigorosamente colorati, specie sulle punte. Ancora resiste il rosa. Io me le sono fatte viola le punte. E poi ci sono gli zainetti, che dicono siano comodi, in realtà è solo una scusa: sono hipster.
Mi sto facendo un autoritratto, praticamente. Oh mio dio.

Mercoledì ero ancora al Rocket: ancora cappellini, così fitti che alla fine mi sono tolta il mio, tantissimi parka (gli uomini a quanto pare ballano pure con il parka), tanta barba, e troppe scarpe basse per le donne (ma dove sono finiti i taccazzi per andare a ballare? Quando mi vedrete dimenarmi con un paio di sneakers, anzi Vans, perché ora ci sono “solo” le Vans, chiamate la protezione civile.
Sì, Vans e Doctor Martens sono le sicurezze dei giovani d’oggi, le prime da portare con skinny jeans, le seconde con calze nere coprenti o meno e una mini possibilmente e molto probabilmente nera.

“Io vorrei trovare un Barbour, ma non quello di ora, quello vecchio”. Che differenza fa? “Eh, quello vecchio è quello vecchio”. Ah ok.
“Cerco gli stivali bassi, o con poco tacco grosso, tipo anfibio, ma anche quelli bucati ai lati, capito come?” Certo, ce li ha anche Lina tra poco. C’è un negozio in Corso di Porta Ticinese… anzi ce li ha anche il panettiere.
“Sai dove si può trovare una camicia in denim?” Ma mi pigli per il culo?
“Ho visto una Varsity jacket con le maniche in pelle fighissima”. Certo che l’hi vista, ce l’hanno pure i santi numi.
“Devo trovare una felpa con la scritta tipo vintage”. Chiedi a tuo nonno, o babbo.

Poi tatuati i baffetti all’interno dell’anulare, sul collo, sul braccio, ovunque.
Poi comprati un paio di occhiali da sole con la montatura grossa, anche colorata.
Poi la barba, manca poco anche se sei donna, fattela crescere.

L’hipster ormai è quel voler essere di nicchia, quel volere i vinili invece che Spotify, le Polaroid invece che le moderne Reflex, che in realtà è di massa.
Comunque tranquilli, c’è un’alternativa al mood hipster, ed è quello Miley Cyrus: piglia un body (e basta) e vai liscia come l’olio. Drogati e impazzisci, oppure impazzisci e basta, facendo credere al mondo che le cattive ragazze “do it better” e sei sulla strada giusta.
Fai cose che avresti fatto a 14 anni, tipo fumare una canna (mamma mia, che cattiva ragazza) con addosso una pelliccia, e ci sei.
E poi mi raccomando, twirka, con qualsiasi cosa tu abbia addosso (meglio un paio di mutande dorate), è quello che fa stile-Miley. Tutte, volendo possiamo adottare il suo stile.
La verità è che cominciano a mancarmi tutti quegli abitini vintage anni Cinquanta, quelle calze con la riga dietro, quei rossetti rossi messi bene, non (volutamente) sbaffati.
Mi manca un po’ quell’eleganza femminile. Cristo, siamo tutti troppo uguali, mi vengo a noia da sola.

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Comments are closed.
  1. fed

    1 December 2013 at 15:30

    mi fa ridere Miley Cyrus che fuma una canna nell’unico posto dove LEGALMENTE puoi, Amsterdam :/
    Cazzo che ribelle

  2. Alessia

    4 December 2013 at 10:50

    ahahahahahahah mi fai sempre stare male 🙂

  3. SyntheticKing

    13 January 2014 at 9:24

    Consider for a minute who you are (consider/who you are)
    What you’d like to change, never mind the scars (change)
    Bury the past, empty the shelf (bury the past)
    Decide it’s time to reinvent yourself (it’s time)
    Like Liz before Betty, she after Sean
    Suddenly you’re missing, then you’re reborn
    And I, my Lord, may I say nothing?

    lo dicevano i Pet Shop Boysnel 1991. ed ogni volta che ripenso a Dj Culture, e guardo cosa c’è attorno, mi viene da piangere.