La Casa del Miele e la vita di quartiere

La Casa del Miele e la vita di quartiere

Mi piace molto la vita di quartiere. Mi diverte pensare che tutti quelli che non abitino a Milano credano non esista, sia una cosa ad appannaggio dei piccoli centri urbani o dei paeselli.
Una volta m’infastidiva, ora il constatare la fede totale e irreversibile per certi luoghi comuni mi fa solo ridere. Come mi fa ridere, in realtà questo mi dispiace un po’, il fatto che la maggior parte delle persone, sia convinta che Milano sia Duomo, Corso Vittorio Emanuele, via Torino. Punto. Ah no, e pioggia.
Mi ci è voluto un po’ per capirlo il mio vicinato, anche perché non è un quartiere preciso come Lambrate o Isola: confina con La Maggiolina, è vicino all’Isola, alla Martesana, e non è distante da Bicocca.
Il mio quartiere è esattamente come Milano: se non apri gli occhi tu, ti appare tutto come te lo dipingono gli altri. Insomma, bisogna aver voglia di scoprire, altrimenti hanno ragione loro.

casa del miele milano sign

Ormai sapete tutti della mia passione per le botteghe vecchie, le insegne, e tutto ciò che è passato in generale, per questo tempo fa creai un profilo Instagram, The Nostalgic Traveller, un contenitore fotografico di insegne, negozi e umani con una storia.
Tempo fa fotografai La Drogheria La Casa Del Miele da fuori, un negozio che mi ha sempre incuriosita, ma dove per qualche misterioso motivo, non sono mai entrata.
L’ho fatto una settimana fa, e mi si è aperto un mondo, anzi più di uno.
Sono tornata ancora lì, a Ponte Buriano, il paese dei nonni materni, tra l’odore di finocchiona che vendeva la Silvana, in un bancone che faceva da spartiacque tra oggetti per la cartoleria e la casa, e il miraggio del frigorifero altissimo con dentro quei gelati confezionati che mi parevano i più buoni del mondo.

venchi bancone casa del miele
Nella Drogheria invece c’è la signora Simona, una colta e loquace signora che nel 2004 ha preso in mano il negozio.
La Casa Del Miele nasce nel 1929 con il signor Ghiringhelli, che gestisce fino al 1934, anno in cui lascia l’attività ad Arturo Curti, un signore che invece che andare nei rifugi durante i bombardamenti, lavorava in negozio, nonostante le evidenti difficoltà, con le candele sulla bilancia.
Il signor Curti aveva una bici nera con un cestino grande per consegnare la merce agli abitanti del quartiere; stessa bici che passò a Giuseppe Montorfano, nuovo gestore che allargò anche la merceologia. Detersivi sciolti, olio e caffè sfusi, merluzzo e stoccafisso al chilo.
Anche Simona ha una bici nera per le consegne, e anche lei si da un gran da fare.

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La Casa del Miele infatti non è solo una drogheria, ma un posto dove pranzare in santa pace – mi sono pure piaciuti tofu e fagioli di soia, prodotti rigorosamente a chilometro zero, fare merenda con pane e crema di nocciole, e partecipare ad aperitivi a tema, uno dei prossimi sarà dedicato a Jean Claude Izzo, tra cibo, profumi e letture marsigliesi.
Praticamente è uno di quei posti dove puoi andare anche da sola, a scrivere su un taccuino, o perché no, a lavorare, a fare due chiacchiere con la signora Simona o con chiunque ci sia in negozio.
Dove puoi sognare immaginando com’era e sperando sia lo stesso di prima. Dove vieni presa dalla rabbia quando ti fai il brutto sogno che un giorno una banca ci metterà forse la sua insegna. E preghi che non succeda.
Non succederà.

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