Veloce come il vento

Veloce come il vento

Il secondo film me lo sono fatto io proiettandomelo altezza fronte, a trenta centimetri circa da essa: l’ho visto bene Tonino, un omino con in mano un bicchiere di rosso, uno di quelli con il vetro lavorato ad “archetti incavati” (capito come? Li hanno nella credenza tutte le nonne del mondo), seduto su una seggiola ballerina di legno, con una coppola grigia a raccontare del Carlo. Me lo immagino con quell’inconsapevole capacità di oratore, a scuotere le mani come a sindacare sul Capone, e la testa per pietà. E tutti lì intorno ad ascoltare. Quelli del barrino, del paesello, quelli del cinema, tecnici e intellettuali, ed io, semplicemente una curiosa.
Il mio meta-film.

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Il primo film, quello “reale”, in un certo senso è frutto del secondo: Veloce come il vento è tratto da una storia vera, quella di Carlo Capone, un ex pilota di tutto rispetto, una sorta di poeta maledetto su quattro ruote, raccontata dal meccanico Tonino al regista Matteo Rovere.
Non leggo mai recensioni prima di andare a vedere un film, e ovviamente non l’ho fatto nemmeno stavolta. Non ho pensato manco per mezzo secondo al titolo “Fast and Furious”, l’ho letto però dopo su praticamente tutte le reviews. Banalissimo e non proprio coerente paragone secondo me.

Ma andiamo in ordine: Veloce come il vento parla della diciassettenne Giulia, Matilda De Angelis, una ragazza che si trova senza papà e senza mamma, a dover crescere da sola il fratello minore, Nico, e che fa la pilota nel campionato italiano GT (macchine, dunque). Giulia deve vincere il campionato, altrimenti si vedrà portare via la casa, così, per disperazione, chiede aiuto a suo fratello, ex pilota e tossicodipendente, Loris, interpretato da Stefano Accorsi, che nel frattempo si è trasferito da lei assieme alla compagna.

Per prima cosa Accorsi: senza di lui il film non sarebbe stato IL film. Lui che con il capello unto, i denti gialli, le ciabatte di gomma e il suo “vacca boia” è figo comunque, lui che per la così estrema bravura nella recitazione quasi fa spegnere tutti gli altri, lui che è davvero nato nella terra delle corse, e che quindi non poteva non essere Loris. Lui che con il suo mood da “motore fiacco”, ha paradossalmente fatto accendere i motori della nostra immaginazione catapultandoci diretti e con tanto di casco in macchina.
Seconda cosa la De Angelis: così tanto non convenzionalmente bella che t’ipnotizza, anche lei è una scelta azzeccata, nonostante debba lavorare ancora sulla recitazione.
Finisco il podio delle “cose” con il tema del coinvolgimento: credo che in ogni pellicola proiettata ci siano tante funi trasparenti collegate a piedi e mani, legate a loro volta a ciascun divanetto. Voglio dire che è impossibile distrarsi, perché c’è Accorsi che parla, esclama, biascica, ci sono le corse, c’è la competizione, c’è l’Emilia Romagna in ogni fottuto fotogramma, c’è comunque la famiglia, sfasciata, disastrata, ma a suo personalissimo modo, alla fine unita, c’è quella che vorrebbe essere una morale di sottofondo, che se anche non giustissima, forse ti permettere di vivere, ed è la morale che è sempre meglio rischiare.

C’è che quando esci dalla sala pensi che lo vuoi fare anche te, anche te vorresti metterti in una macchina, Porche ultra moderna, o meglio ancora per me una Pegeuot 205 Turbo, anni Ottanta, e pigiare l’acceleratore a più non posso. Anche tu vorresti vivere andando oltre, stando al confine tra il convenzionale e il non convenzionale. Anche tu vorresti capire perché questi sono pazzi per quella cosa che si chiama velocità.
Bene, io ci sono stata in macchina con un grande pilota di rally; e solo dopo che ci sei stata, forse, capisci che le corse a livello professionale non siano solo corse dove può capitare che qualcuno ci rimetta le penne, ma un mix di auto-analisi, filosofia, concentrazione, e ovviamente sì, anche incoscienza dopo essere stati troppo coscienti nell’affrontare una gara come se fosse un difficilissimo compito di matematica.

Quindi no, Veloce come il Vento non è Fast and Furious, bensì è tradizione italiana, passione, è semplicità in una situazione complicata, è modestia. È tutt’altro che donne con tette al vento e culi di fuori e motori, bellezza, ricerca corale di approvazione, azioni da super eroi, raggiungimento del sensazionale; è invece la realtà genuinamente tamarra di quel mondo lì, che chi la capisce bene, chi no, va bene lo stesso.
A me è andata benissimo, per esempio.

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