La tradizione natalizia di ridicolizzare felicemente me stessa

La tradizione natalizia di ridicolizzare felicemente me stessa

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A mia mamma sarebbe tanto piaciuto coltivassi la passione per il pattinaggio sul ghiaccio. Non ricordo nemmeno se ad Arezzo ci fossero piste, tra l’altro. Invece ho fatto ginnastica ritmica per molti anni, nuoto, che pratico tutt’ora, danza moderna, danza del ventre, kick boxing, corsa, m’è cominciato il trip del surf… insomma tutto tranne il pattinaggio sul ghiaccio.
Tuttavia c’è una forza superiore e misteriosa che una volta all’anno mi porta ad essere attratta da quella lastra bianca e fredda, superficialmente squarciata o disegnata da lame di ferro.
E così, come da tradizione, ogni mese di dicembre mi trovo lì a ridicolizzare me stessa annaspando come un tronco di legno con due rami poco flessibili (gambe) su e giù per quel rettangolo animato da grandi e piccini.
Forse perché mi rappresenta il Natale, festa che pare ormai odiata dai più, cioè va di moda dire “la odio”, con il suo spirito fatto di lucine, neve anche finta, alberelli sparpagliati per salotti di case (non la mia) e città, e pandori con quello zucchero impalpabile che se per caso respiri o sospiri ad un solo morso, te lo trovi anche nelle mutande. E invece l’atmosfera natalizia è così deliziosa. Così fredda ma virtualmente riscaldata da palline, mercatini (lascia fare che sono messi lì per spenderti e “raffreddarti” il portafoglio), vin brulé, maglioni con le renne (ne voglio troppo uno) e guanti foderati in morbido cashmere pronti a farti sorridere le gelide punta delle dita.

Essendo io una ciclista urbana ho un sacco di guanti, dai più brutti in pile, omaggiati a qualche evento sportivo, ai più belli in pelle, dal gusto vintage ovviamente. Tipo quelli che indosso qui, che ogni volta che li infilo mi immagino alla guida di una vecchia Alfa Romeo spider Giulietta o di una Volkswagen Lafer Mp 50 b. E anche in sella ad una bella Honda Café Racer.
La verità è che per sentirmi bella, per sentirmi bene, è vestire dei panni che mi ricordano qualcosa, che mi parlano, mi raccontano una favola o un fatto, e quei guanti lo fanno, come anche quel cappotto bianco e quel cappello a righe.
Gli abiti devono essere “storia”, non importa se moderna o antica (per me ovviamente è più antica che moderna); in assenza di questo concetto, allora tanto vale andare in giro nudi. Ma quella appunto, è un’altra storia ancora.

Guanti: UGG Australia
Cappotto e cappello: vintage

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