Quel “passato abbandonato” che seduce

Quel “passato abbandonato” che seduce

“Vieni a provare una nuova macchina fotografica?”
Quel giorno lì avevo un appuntamento in fondissimo via Savona, quindi accettare la prova di una nuova Canon in un posto il cui indirizzo sarebbe stata una via e qualcosa a Sesto San Giovanni avrebbe significato pedalare quattro ore in un giorno, tra andare, tornare, ri-venire e ri-uscire.
Premetto che sono diventata anziana, e che quindi o non leggo le mail, o le leggo a metà.
Quella di Canon l’avevo letta a metà, ma l’argomento “macchina fotografica” per me è sempre molto allentante, quindi decisi di confermare la mia presenza.

Sono partita in sella della mia fida bici con maglietta e giubbino-agile manco fosse maggio, pedalando fino al civico desiderato, per poi trovarmi in una delle zone dell’ex Area Falck.
“Che culo ho, non leggo le mail, e mi trovo in questo posto-favola!”
Sono arrivata ultima alla conferenza, in genere sono puntuale, ma non c’è nel navigatore del telefono il tempo di percorrenza per chi va in bici, ma solo per chi va in macchina o a piedi; ho il navigatore razzista.
La conferenza inizia, io sono indaffarata a raccattare cose che non so per quale motivo mi cadono dalle mani, dallo zaino, dalla sedia, da ogni dove, quando ad un certo punto, con due penne al suolo, le cuffie attorcigliate ad un bracciolo della sedia, e il quadernino Canon sotto al sedere (sorry), sento dire: “Poi faremo un giro in alcune parti di quello che è rimasto dei vecchi stabilimenti”.
Cioè, ricapitolando: non leggo le mail, mi trovo in un posto figo e mi fanno pure fare un giro in certe aree abbandonate, e quindi di quel gusto decadente per cui vado fuori di testa. Dai, è impossibile.
Nel senso: io vorrei passare la vita a fotografare e visitare luoghi abbandonati (e vecchietti, s’intende).
Arraffo una macchina fotografica che trovo su un banchetto ricoperto da una tovaglia rossa, una Canon Powershot GX3, ci smanetto tre minuti per pigliarci un minimo di confidenza e dopo averci spiegato il gigante progetto di riqualificazione dell’Area, che comprende villaggi della salute, scuole, parchi, case, e magari pure uno stadio, andiamo a visitare, tutti armati di elmetto giallo e macchine fotografiche, il comparto “Unione”.



Comincio a scattare foto. E non con l’obbiettivo che siano belle, ma per capire quanto sia giusta questa macchinetta.
Ve lo dico subito e ve lo ripeto: come al solito non leggerete da me commenti tecnici, su sensori, grip, trip, flip, cip e ciop, o qualsiasi altro nome incomprensibile riferito alle macchine fotografiche, perché non sono una professionista, ma solo una che smanetta, e che sa giusto quelle tre cose basilari per poter scattare in manuale.
Talmente tanto smanettona e talmente tanto social che ho subito voluto provare lo scatto creativo, ovvero una funzione che mette i filtri al posto tuo: tu scatti una foto, e la camera ti propone una raffica di scatti diversi con svariati filtri e pure svariate angolature della foto che si è precedentemente scattato (quasi tutte le foto che ho postato qui sono frutto di questa funzione). Che si possono poi condividere subito, e ancora più facilmente se si ha un telefono Android, dato che basta poggiare il cellulare al sensore della macchinetta per trasferire gli scatti.

Dopo essere passati dal torrino piezometrico (googolatelo se non sapete cosa sia) siamo entrati in uno stabilimento gigante, e che vedo? Dei ragazzi che fanno gli spericolati in bici.
Quindi, facendo un secondo recap: non leggo le mail, mi trovo in un posto figo, mi ci fanno pure fare un giro, e ci trovo le biciclette. Cosa ci sarà dopo? L’uomo perfetto in un furgoncino Volkswagen che mi chiede di sposarlo?

Metto subito alla prova la Canon GX3 per i fattori movimento e luci non omogenee, e senza giri di parole i risultati li vedete anche da soli: sono molto ma molto buoni.
Dovrei fare un terzo recap, dato che oltre a ciò detto sopra, ho pure trovato dei vecchi cartelli, altra mia passione, ma lo risparmio.
Poi mi metto buona in un angolo, e mi immagino dentro una di quelle guide che facevano una volta, non so se le fanno ancora, cioè composte da pagine con le foto di adesso e da altri fogli lucidi da sovrapporre, con disegnato tutto ciò che c’era prima.
Fumo, casino, gente che parla, caldo. Penso poi ad una cosa brutta: che un giorno quando questa zona sarà riqualificata sarà bellissima, ma i resti del passato, se pur recuperati, saranno cancellati, questi bellissimi e affascinanti resti, ed io non vorrei mai.
Vorrei che certe zone rimanessero per sempre così, intrise dal fascino dell’abbandono, messe lì come mezzi utili per mettere in moto l’immaginazione, per ispirare, per insegnare la “seduzione di ieri”.
Vorrei che ci fossero per trovarci tesori nascosti, che ne so, fogli scritti da qualcuno, oggetti adesso del tutto obsoleti, ma prima fondamentali, cose già fatte da qualcun altro che non conosci e che non conoscerai mai, per questo preziose, perché poi sei costretto ad immaginartelo quel qualcuno.
Ma questo è un discorso “di nicchia”, per nostalgici come me, che, non dovrei dirlo, non esitano ad infilarsi in una casa abbandonata, sebbene abbia i pavimenti sconnessi, ed in generale non sia proprio sicura, ecco.
Ovviamente l’Area Falck, che è più grande di quella dell’Expo, va riqualificata, ma un pezzettino io la lascerei così, passato puro.
Nel frattempo vorrei tanto visitarne il resto, magari con la GX3, e a questo punto anche una bici.

 

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