I miei dieci giorni senza cellulare (a Milano)

I miei dieci giorni senza cellulare (a Milano)

Vi è mai capitato di leggere su Facebook quei post provocatori intitolati “Vivresti tre mesi senza cellulare su un’isola deserta?”.
Ecco, io l’ho fatto. Ok, sono stati “soltanto” dieci giorni, e non in un’isola deserta, bensì a Milano durante la design week, (il che è stato peggio).

Premessa: non ho mai fatto yoga o meditazione (almeno in modo serio), ma dato l’alto numero di piccole sfighe che mi stanno succedendo in questo periodo e la mia conseguente trasformazione in una sorta di “life coach” (per usare un termine di moda) della sfiga, ho imparato a prenderle in modo zen e a considerare ogni sfortuna come un’opportunità.
Perciò non appena sono salito su quel treno Roma – Milano e mi sono accorto di non avere il cellulare con me, all’inizio ho pensato che si sarebbero prospettati giorni difficili, poi che quella invece sarebbe potuta essere l’opportunità di verificare se nell’era dei social si possa vivere o no senza cellulare…

Ho cominciato la mia avventura da “delinquente”, viaggiando senza biglietto, dato che ero senza cellulare. Grazie a dio il controllore di Italo Treno non ha fatto storie, chiedendomi semplicemente il nome e risalendo al codice. Lite scampata, prima prova superata.
Nei giorni successivi ho fato una riflessione che non so bene come definire. Mi sono chiesto a cosa serva il cellulare: in teoria a chiamare, giusto? Sbagliato, il cellulare serve a TUTTO. Mi sono accorto di non avere navigatore, sveglia, orologio; situazione aggravata dal fatto che mi sono poi accorto di non avere niente di tutto questo manco a casa, era sempre stato tutto rinchiuso in quella sottile scatoletta nera. E siccome sono un folle, ho deciso di fare a meno di ogni cosa, senza comprare nulla.

Ecco le cose che ho scoperto grazie a questa esperienza.

  • Ho capito di avere un buon orologio biologico. Non ci crederete ma è difficilissimo trovare una sveglia scaricabile su Mac che non sia a pagamento (chi pagherebbe mai per una sveglia sul computer?) e che non usi iTunes (sì, ho problemi con iTunes). Perciò le mattine in cui avevo degli appuntamenti ho usato una sveglia online, tenendo il computer sempre acceso con il terrore andasse in stand by, nonostante lo avessi impostato in modo che ciò non succedesse. Ho anche scoperto che la sveglia, oltre che nel mio cellulare, ce l’ho anche nel cervello: mi sono sempre alzato pochi minuti prima dell’orario in cui avevo impostato la sveglia. Sempre!
  • Ho rispolverato il piacere di darsi appuntamento. Rifletteteci, da quanto tempo non vi date un appuntamento senza sentirvi trecentosettantasei volte su Whatsapp prima di trovarvi? Io ovviamente non potevo, quindi deciso il posto e l’ora, quelli dovevano essere, nessun fuori programma.
    * Nota mia, di Lucia: addirittura un giorno della Design Week, dato che io e Mauro dovevamo lavorare assieme, e non essendoci dati un appuntamento ad un orario preciso, me lo sono ritrovato direttamente sotto casa. Come succedeva una volta. 
  • Ho riscoperto il piacere di chiedere “scusi, mi dice che ore sono?” Altra cosa che è andata in disuso. Chi come me non ama gli orologi da polso ha sicuramente un cellulare in tasca, quindi va da sé che mi sia sentito un alieno nel porre nel 2018 questa domanda. O come un viaggiatore nel tempo che si ritrova improvvisamente in un’era futura, e che non è a conoscenza degli sviluppi tecnologici recenti.
    *Nota mia, di Lucia: recentemente un ragazzo che mi voleva toccare il culo mi ha chiesto l’ora…
  • Ho Imparato a conoscere meglio Milano. Mi sono sempre lamentato del fatto che a Milano non sia facile raccapezzarsi, e che non la sentivo mia come città, fino a quando in dieci giorni di giri in bici senza navigatore ho scoperto che era solo colpa mia, e del fatto che usavo google maps invece del mio ippocampo (in soldoni la parte del cervello che usiamo nel memorizzare e navigare mentalmente luoghi).
    *Nota mia, di Lucia: vi dico solo che per trovarci in via Tortona, Mauro, per paura di non trovare la strada – ripeto, via Tortona – voleva prima venire a casa mia e fare il percorso assieme. Io sto tra Isola e Bicocca, ovvero dalla parte opposta.
  • Mi sono posto il dubbio che le persone vogliano usare Whatsapp, più che parlare con te. Quando ho il telefono ricevo di continuo notifiche su Whatsapp, e nonostante le persone possano comunque contattarmi su Facebook e io rispondere, non appena accendevo il computer con wifi (era diventato una sorta di telefono “portatile” da utilizzare solo con wifi), questa cosa accadeva molto più di rado. Ci sono stati momenti in cui mi sono sentito solo. D’altronde sono in questa città da poco e quelle notifiche, quei messaggi anche di persone con le quali non hai uno stretto rapporto, quelle conversazioni frivole, ti tengono compagnia, un po’ come la televisione accesa anche quando non la guardi.
  • Ho curato la dipendenza da notifica che ci affligge tutti. Ricordo che la prima cosa che feci quando presi in mano il mio primo smartphone fu quella di disattivare tutte le notifiche che facevano pop out sullo schermo. Pensai: “se mi interessa qualcosa apro l’app e vedo che notifiche ho”. Piano piano questa sana abitudine l’ho persa, anche perché Whatsapp e gli altri social hanno sostituito gli SMS, quindi anche io sono diventato dipendente dalle notifiche, e se non ne ricevo penso piuttosto di avere problemi di connessione, e magari inizio a preoccuparmi. In questi dieci giorni di terapia, ho invece sfruttato i tempi morti per pensare, staccare il cervello, osservare gli altri (in realtà quello lo faccio anche quando ho il cellulare), e mentre aspettavo, semplicemente ASPETTAVO, non mi auto-bombardavo di stimoli dei quali non me ne fregava niente.

Ma la cosa più importante di tutte è che ho scoperto che senza cellulare oggi si può sopravvivere, ma non si può vivere. Ovviamente lo sapevo già, ma avere la consapevolezza di non avere scelta mi fa rabbia, soprattutto perché ho avuto la prova che sarebbe anche possibile, ma bisognerebbe organizzarsi a dovere (impigrirsi di meno e usare di più il cervello).
Quindi per rispondere alla domanda d’apertura: tre mesi in un isola deserta senza cellulare, Facebook e compagnia bella li farei eccome, anzi non ci penserei due volte a non portarmi il cellulare, ma dieci giorni a Milano senza telefonino mai più.

 

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