Un espresso a Trieste

Un espresso a Trieste

La cosa buffa del caffè sta nella statistica: ogni volta che si è al bar o al ristorante ciascuna persona ordina non dico nove volte su dieci, ma sempre, un caffè differente. Caffè lungo, caffè corto, macchiato, marocchino, decaffeinato. In tazza o in vetro. Con zucchero o amaro.  Ogni volta mi verrebbe da dire: “No dai, dove sono le telecamere?”
La cosa pazzesca del caffè è che non è una bevanda, ma un’esperienza, sia a casa che al bar; a casa al mattino svegliarmi ciondolando verso la macchina del caffè è un rito, farmi lentamente stuzzicare il sistema limbico è una routine a cui non potrei mai rinunciare, sorseggiare la bevanda con il silenzio delle prime luci e il corpicino di Lina che si sbatacchia sulle mie gambe è meditazione. Al bar è diverso, tutto comincia dal concerto di tazzine orchestrate da baristi e clienti: ci sono le batterie, porcellane e cucchiaini, le percussioni, bicchieri e piattini, e c’è l’organo, quando il caffè “viene giù” dalla macchina per rimbalzare e adagiarsi nella tazzina.
La cosa politica del caffè sta nella democrazia, di fronte a lui siamo tutti uguali.
La cosa che mi rende orgogliosa del caffè è la sua italianità, la sua storia, la sua tradizione.
Potrei andare avanti ancora per un po’ con le “cose”, ma non voglio, perché il caffè nella sua tremenda popolarità è paradossalmente anche personale.

Quest’estate sono andata in giro per l’Italia con Collistar alla ricerca di luoghi interessanti e spesso avvolti da pregiudizi da raccontarvi, come Lido di Jesolo e Forte dei Marmi; il mio viaggio è terminato a Trieste, per scoprire la città del caffè assieme non solo a Collistar, ma anche a Illy.


Che c’azzeccano Illy con Collistar? C’entrano. Assieme hanno sviluppato una collezione make-up per l’Autunno-Inverno che rientra nel progetto Ti Amo Italia, e che ricorda le nuance della bevanda (l’eye-liner marrone è pazzesco).
Non potevo dunque non fare il giro dei bar di Trieste, sede di Illy, assieme alle due aziende, e di conseguenza condividerlo con voi, così nel caso capitaste in città sapete dove gustare dei buoni espresso e non solo.

Mattino presto, vento importante, placche in agguato, Pierpaolo Segrè, senior trainer dell’Università del Caffè, mi ha fatto cominciare il giro da Pep’s, in Piazza Verdi, un bar caratterizzato da uno staff giovane e affiatato, a cui non manca mai il sorriso.

È più importante la forma o la sostanza? Il prodotto o il servizio? In genere io sono quella che in un bar o ristorante mette in primo piano il servizio, anche perché se il servizio è pessimo è molto difficile che torni nello stesso posto, invece se il prodotto non è il massimo, ma c’è gente che mi sorride potrei anche tornarci. Pep’s è il perfetto mix tra prodotto e servizio.

Locale giovane, pieno zeppo di gente, come del resto tutti gli altri caffè in cui Pierpaolo mi ha portato, il Theresia mittel bistrot ha un gusto viennese in un ambiente contemporaneo, dove la macchina del caffè è a isola, mentre da Bar Panetteria Viezzoli è posizionata in modo che chi fa i caffè veda i clienti.

Qui ho letteralmente sfidato l’umanità, infilandomi in un ginepraio di mani, giacche e cotonature per raggiungere le mie tre bevande da provare: Nuvola (Illy crema, cioccolato caldo e caffè), Capo in B (macchinato in vetro) e un banalissimo caffè macchiato.

 

Da Eppinger Centrale c’è una macchina a leva e una ragazza bravissima a maneggiarla e a fare dunque i caffè. Cornetto gigante sul soffitto e una selezione di dolci e dolcetti su scaffali, ho preso le fave tristine, per un bar in Piazza San Giovanni che è vicino di casa della Drogheria Toso, un pezzo storico della città che dal 1906 vende spezie e caramelle sfuse.

Non so se sia stato un caso o no, ma da Espressamente Illy, via delle Torri, ho trovato il mio habitat naturale: stuoli di vecchietti con husky o eleganti giacche di lana con importanti spalline e tovaglie di giornali, rigorosamente quotidiani, a due centimetri dal naso, ovvero il mio concetto di bar, ricordo delle domeniche ad osservare il nonno e il babbo a leggere giornali all’odore di petrolio sul bancone con il caffè lasciato distrattamente raffreddare, perché la cronaca o lo sport venivano sempre comunque prima di tutto.

Ho amato Pierpaolo perché mi ha portata anche nell’Antico Caffè San Marco, che non ha Illy come caffè, ma una torrefazione propria, perché è oggettivamente un bar bellissimo e storico, dato che ha più di cento anni (all’inizio funzionava anche come laboratorio di produzione di passaporti falsi per permettere la fuga in Italia di patrioti anti austriaci), frequentato da personaggi come James Joyce, Umberto Saba e Italo Svevo. Adesso è anche libreria.

Fuori Trieste, a Opicina, c’è un bar che è una perla a livello non solo di caffè, ma anche di freschezza di prodotti, dai kranz al gelato artigianale, grazie al quale dopo un solo assaggio sei decisamente molto più felice. Il Caffè Vatta è una garanzia anche dal punto di vista del servizio: andresti a bere un espresso anche con chi te lo ha appena fatto.

 

 

Alla fine sono andata a gustare il caffè da chi lo fa, Illy appunto, a scoprire l’azienda e l’Università del Caffè con il Direttore Moreno Faina. All’UDC, scuola aperta ad imprenditori, professionisti e appassionati, ho fatto una sorta di esperienza olfattiva, indovinando a riconoscere gli aromi del caffè, che sono sedici, e ho naturalmente imparato un sacco di cose, che vi voglio proporre in ordine sparso e sotto forma di “perle”:

  • Esistono centoquaranta specie di caffè circa, ma a livello commerciale si conoscono la Robusta e l’Arabica. La miscela Illy è composta da nove ingredienti di Arabica, una ricetta dinamica perché le quantità delle singole Arabica vengono continuamente rimodulate per dare vita sempre allo stesso gusto
  • Il caffè è una pianta, la Coffea è originaria degli altopiani di Kaffa, in Etiopia
  • In una tazzina ci sono circa cinquanta chicchi trasformati in polvere
  • Il caffè si stagiona
  • La prima selezione di chicchi è manuale
  • La caffeina si toglie attraverso sei tecniche, Illy ne usa alcune, tra cui quella dell’acqua e dell’anidride carbonica liquida. La caffeina ha tutte le sembianze della cocaina, ma non è cocaina; la caffeina si trova praticamente ovunque, dalla Coca Cola alle creme per combattere la cellulite
  • Pare che fu Victor Hugo a chiedere ad un suo amico di fare l’esperimento di togliere la caffeina dal caffè
  • Un chicco di caffè tostato contiene circa mille aromi
  • Più il caffè è tostato, più è amaro
  • Il caffè d’orzo non è caffè, ma orzo, appunto.
  • L’acqua che talvolta ci viene servita accanto al caffè è da bere prima, non dopo, perché potrebbe compromettere il piacevole retrogusto dell’espresso.
  • I trucchi della collezione Caffè, in collaborazione con Collistar, hanno i nomi e le nuance che ricordano il caffè: le terre abbronzanti sono Tostatura Scura e Tostatura Media, le palette di ombretti Caffè freddo e Caffè caldo, così come i rossetti e gli smalti che vanno dal Latte Macchiato all’Espresso.

 

 

 

 

 

 

 

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  1. Valeria

    28 October 2017 at 11:26

    adoro andare in un bar, specialmente sabato mattina quando non ho fretta, prendere un cornetto alla crema e bere un espresso 🙂