“Se i sogni non ti fanno paura, non sono abbastanza grandi”

“Se i sogni non ti fanno paura, non sono abbastanza grandi”

“Vorrei che la mia vita fosse così ogni giorno”.
Stamane finalmente c’era il sole, ed io mi sono svegliata con la più “felice” tra le bande nere rettangolari davanti agli occhi, al cui centro, in basso, spuntava tale Wille Lindberg, in tutto il suo splendore, ad esprimere questo desiderio.
In realtà mi è apparso come un’epifania un frame del film che ho visto ieri, grazie a Tag Heuer, Don’t Crack Under Pressure – Season 2, diretto da Thierry Donard, e con il timbro di La Nuit de la Glisse, un progetto nato negli anni Settanta per iniziativa di un gruppo di sciatori e surfisti, che contribuirono a creare un vero e proprio fenomeno sociale incentrato sugli action sport, diventato poi negli anni Ottanta un marchio per identificare dei lungometraggi “estremi”.
Lo sciatore professionista Wille Lindberg vorrebbe buttarsi tutti i giorni giù da montagne delle Dolomiti che finiscono con degli angoli acutissimi, perché se i propri sogni non ti fanno paura, non sono grandi abbastanza, dice. Lui come altri suoi colleghi sciatori protagonisti del film, Karsten Gefle e Loic Collomb Patton, atleta infortunato gravemente durante le riprese, che dopo la convalescenza non ha esitato a rimettersi in pista per sfidare i propri limiti.
“È quando capisci che non ce la fai più, che stai rischiando la vita, che l’hai rischiata veramente che vuoi spingerti ancora oltre”, dice nel film il surfista tahitiano Tikanui Smith, dipingendo una sua terribile esperienza sotto delle onde gigantesche, dalle quali è stato tirato fuori privo di coscienza.
“È stato da quel momento lì, dopo aver sputato sangue e non sapere manco più chi fossi, che ho capito che dovevo cavalcare onde altissime”.

Un concetto di “dovere” alquanto relativo, se non si è letto il libro di William Finnegan “Giorni Selvaggi”, e ci s’immagina qualsiasi parte del corpo beatamente segnata dall’imperturbabile barriera corallina, o se non si è stati in mare per surfare davvero, ovvero rimanendo lontani dalle logiche di tendenza e posing.
Eppure è un concetto totalizzante, imprescindibile, necessario, per gente che come Tikanui e Wille, che ha scelto di vivere nella natura, giocando con i suoi aspetti più inconsapevolmente pericolosi ed estremi.
La natura ti è amica se la conosci, la studi, la natura ti è fedele se non la tradisci, altrimenti è peggio degli dei dell’Olimpo, forse perché essa stessa è divina, se non pretendi di essere “più” di lei la natura è la più grande fonte di scosse adrenaliniche, la più fertile sorgente di quella felicità massima che non è affatto democratica.

Non lo è perché quel piacere che ti esce fuori dagli occhi come millilitri di crema da un bignè schiacciato all’improvviso ce l’hanno solo certi personaggi come Van Monk o Mathyass Wyss, quelli che la gente chiama pazzi che si scagliano tra cielo e rocce, dribblando su serissime pareti mortali, con delle tute alari. O come Jesse Richman, che snatura il kitesurf dal suo habit, il mare, per farlo volteggiare, e lui assieme, tra le vette delle montagne più alte del mondo.
“Se in genere devo preoccuparmi come salire, stavolta devo preoccuparmi come scendere”.
Jesse è forse l’unico tra tutti i riders a non far trapelare mai di avere paura, o forse non ce l’ha veramente e basta, essendo portabandiera di un entusiasmo che pare andare oltre all’umano, dettato da un’inesauribile energia interna, assimilabile solo a quella del fuoco continuamente alimentato da legna e carbone.
Un fuoco diverso, non scoppiettante, bensì regolare e sempre vivo quello dell’apneista Davide Carrera, che deve aver dato retta quello sciamano che gli aveva detto che lui in un’altra vita doveva essere una balena.
Personaggio incredibilmente calmo e somigliante ad un pesce nel momento in cui s’immerge, è colui che nel film ondeggia proprio con le balene, in una danza che ti massaggia la testa alla sola vista.

 

Quando invece vedi Richie Jackson vorresti ballare in una spiaggia di nudisti sgraffignando cocktail da vecchi van anni Settanta, dato che ammirare lui, baffetto e fascino retrò, sullo skate è come sentire una musica che ti fa partire piedi e bacino all’istante.

Insomma tutti gli atleti de La Nuit de la Glisse sono unici, tutti belli, tutti il ritratto umano di un’incomprensibile equilibrio tra estrema coscienza ed estrema incoscienza, tutti dipinti da Gesù Cristo per sfidare l’inumano, tutti con una dose altissima nel sangue di spiritualità.

“Don’t Crack Under Pressure – Season 2” si troverà nei cinema “The Space” il 30 novembre e il 1 dicembre 2016.

 

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  1. giulia

    27 November 2016 at 12:10

    Giorni selvaggi è un libro che ho intenzione di regalarmi (o farmi regalare) a NAtale, a volte la paura è totalizzante e ci si blocca pensando a troppi e se invece…così ho deciso basta avere paura e buttarmi di più in tutto al massimo becco qualche no, ma posso sopravvivere alla cosa …mmeglio il rimorso per aver provato che il rimpianto per non averlo fatto!!!