Ai “ma te nella vita non fai un cazzo” ci sono abituata eccome.
Questo senso di dovermi sempre giustificare per i miei frequenti viaggi faceva parte della mia vita fino ad un annetto fa circa.
“Io faccio la free lance, posso lavorare dovunque”
“Non ho lavori tutti i giorni, anche se tutti i giorni devo stare sul pezzo, quindi andare a fiere, eventi, pranzi…”
– Ah ma è lavoro quello? –
Insomma cose così.
Chi glie lo spiega a certi che due ore, che ne so, da casa, sono in certi casi più produttive di otto ore in ufficio, tra pause caffè, sigaretta e inutilissimi riunioni fiume.
Chi glie lo spiega che non è vero che io non faccio nulla nella vita, e che anzi, tutto dipende da me.
Che se non lavoro, non mi do da fare, quei viaggi non li potrei mica imbastire, e che a mangiare il sushino non ci potrei manco andare.
Appunto chi glie lo spiega? Io non più.
“Beata te che non fai un cazzo nella vita…”
– Davvero, beata me! –
E dato che io campo d’aria, e ho un fidanzato invisibile che mi mantiene, ho la fortuna di prenotare spesso biglietti aerei, e purtroppo senza il “visit e qualcosa” della situazione. Pago e zitta. Sono una blogger sfigata.
Da quando l’anno scorso ho scoperto il surf ho praticamente un conto aperto con Rayanair, che a quanto pare odiano tutti tranne me (a parte il fatto che mi ha tolto certi voli diretti per la Spagna e sono per questo abbastanza disperata).
Ho scritto molto a riguardo, a volte credo di aver scritto abbastanza, altre volte sento la necessità di parlarne ancora.
Come ad esempio del fatto che investire del denaro per la tavola sia la cosa più bella del mondo, perché investire nelle proprie passioni non è sbagliato, ma appunto un investimento, dunque qualcosa di proficuo per il proprio cuore e la propria mente.
E credo davvero che il surf sia davvero terapeutico, perché mette a dura, durissima prova i tuoi nervi, la tua pazienza, la tua capacità di resistenza e di stare da solo non tanto con te stesso, ma con il mare (che è “peggio” di se stessi).
Io non sono brava, per nulla, sono in quel livello in cui passerà credo un bel po’ prima di fare il salto, ma non mi importa.
Sono in quel livello in cui tutti credono di essere più bravi di me, di insegnarmi, di potermi dire cosa fare e cosa non fare, di non darmi la minima soddisfazione seppur più della metà di codesti maestri o non sia mai stato su una tavola o ci vada peggio di me. Non mi importa manco di quello.
Tanto meno del fatto che venga presa in giro per surfare con la tavola di spugna, perché con quella no, non sei mica una vera surfista. Infatti non lo sono. Un giorno diventerò brava e quella tavola di spugna la picchierò in testa a tutti quelli che mi prendono ancora in giro a proposito.
Il surf è terapeutico anche per questo: perché devi imparare a confrontarti con certi “fenomeni”, certi poser che normalmente mi farebbero venire istinti abbastanza violenti. La loro gestione necessita di un discreto karma.
E poi ci sono le onde. Paiono tutte uguali quelle bastarde lì, invece sono sempre diverse, e a capirle ci vuole un bel po’. Piacciono proprio per questo, perché non le comprendi, perché le devi studiare per fartele alleate, all’inizio vai un po’ a caso, e quando imbrocchi il loro casuale ragionamento ci cominci a flirtare di brutto.
Le onde sono belle perché all’inizio sono difficili, perché diamine, per natura tu cammini per terra, mica sulle acque, e poi sono facili solo ed esclusivamente se ti applichi e le stai a guardare per ore, miri e rimiri come cullano gli altri, come li mangiano, come li baciano con la lingua. E quando poi capisci che vuoi essere limonato anche te, perché a quanto pare è bellissimo, allora sì che tiri fuori righello, matita e gomma da (s)cancellare, e cominci ad accigliare lo sguardo e a prendere appunti per capire.
“Beata te che nella vita non fai un cazzo”
Ma che ne sanno loro che cosa fanno le onde a me.
Che ne sanno che c’è chi va dall’analista e chi a trovare l’oceano.
Grazie a Damian e alla Escuela de Surf La Curva per continuare ad insegnarmi a capire le onde e a come stare sulla tavola.
Grazie a Chiara Giannoni per avere immortalato me e i miei amici in maniera egregia.
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