Il mare è il mio analista

Il mare è il mio analista

Il mare è fatto (anche) per pensare. Che sia abitato da un’ingombrante specie umana, o che sia pressoché deserto. L’unica differenza è che si fanno pensieri diversi.
Quando c’è un pullulare di flora e fauna io penso a loro, e non a me, cioè, ho troppe distrazioni per poter pensare a me. E allora mi chiedo cosa stia aspettando quello lì a dimagrire un po’, anche perché tra dieci anni chissà come saranno le sue analisi, o perché quella tizia laggiù in fondo non stia lasciando in pace un minuto il marito, non lo sa che così lui le metterà le corna in tre, due, uno, zero? Se non l’ha già fatto…
Mi metto poi a contare quanti minuti in media stanno in acqua le donne e quanti gli uomini (ovviamente gli uomini ci stanno sempre di più), quante ragazze hanno il bikini e quante il costume intero (nessuna ragazza ha il costume intero, solo le donne, come me), quanti maschi non hanno tatuaggi (ce li hanno quasi tutti), e a che ora la gente va a mangiare o se ne va dalla spiaggia.

Quando invece in spiaggia non c’è nessuno, soprattutto perché non c’è il sole, io penso a me, o a me in connessione con gli altri o con altre cose.
Penso a quello che mi dice la gente, e la gente non ti dice mai la stessa cosa.
“Lucia, anche se è un po’ più complicato, rimani te stessa”
“Lucia, cerca di cambiare un pochino, sii un po’ meno schietta e impulsiva”
Oppure:
“Hai fatto benissimo a fare quella cosa”
“No, io non l’avrei mai fatta”
Penso a quanto davvero siamo condizionati dalle persone, a quanto è giusto che lo siamo, a quanto io non lo sia per nulla, a quanto chiedere consiglio sia utile, sia che il responso coincida con la nostra teorica decisione o sensazione, o che sia l’opposto.
Penso sempre alla cosa giusta: in qualsiasi campo d’azione, mi domando sempre se la stia facendo o meno, tarandomi di conseguenza.
Penso che a volte potrei fare di più, ma che se non l’ho fatto è perché mi volevo godere altre cose.
Rimirando l’infinito, mi sovviene la sensazione di perdere tempo, per poi chiedermi: “ma come faccio a perdere tempo se faccio sempre mille cose?”
Perdere tempo perché non faccio l’avvocato, ma un lavoro “diverso”, e non ho già marito e due figli?
No, allora non sto perdendo tempo, anzi.
Il mare è il luogo perfetto per auto-analizzarsi, dunque o per entrare in paranoia, o per capire, matematicamente, cosa stiamo facendo e dove vogliamo arrivare.
Il mare è un po’ il mio analista.

Abito: P.A.R.O.S.H.
Make-up: Collistar

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Comments are closed.
  1. Sara

    1 October 2016 at 11:54

    Ma quanto pensiamo! Io vorrei imparare a pensare meno e a buttarmi di più nelle cose!