Pindaro mica volò a caso

Non so cosa mi stia succedendo in questo periodo della mia vita, ma mi sta piacendo un monte.
Voglio dire, ho i capelli che obiettivamente paiono una crasi tra un Playmobil (se mi metto con le mani a uncino sono uguale) e un pentolino di fagioli rovesciato, sono in vacanza e di sera esco esattamente come esco al mattino, ovvero senza trucco e con “qualcosa” addosso, invecchiando le mie tette paiono rimpicciolirsi invece che ingrandirsi, mi sto riempiendo di cicatrici per cadute in moto, e sbattimenti maldestri, eppure non me ne frega un bel niente.
E do a tutto, in ordine sparso, una spiegazione: le cicatrici sono segni d’esperienza (luogo comune), le tette piccole sono favolose per dormire con la pancia all’ingiù e per fare sport, i capelli tanto quelli crescono, e uscire di casa “easy” è proprio una pacchia.
Solo sui peli e il rossetto non transigo. I primi li odio e dovrebbero (parlo al condizionale purtroppo) sempre essere esenti dalla mia superficie corporea, il secondo lo amo, e non deve mai mancare in quei centimetri appositi di faccia. Se davvero volete farmi dei regali graditi, io mi accontento di una ceretta e di un rossetto rosso di Mac Cosmetics. Davvero.

Diciamo che crescendo ho scoperto l’impagabile bellezza dell’equilibrio e il non poco fastidio nei confronti della cura eccessiva, o del suo viceversa.
Sono al mare, e se non mi abbronzo tanto meglio, non a caso ho portato tre costumi interi, ed uno a due pezzi con la mutandona della nonna, ovviamente. Poi oh, se mi abbronzo, arriverò a settembre con qualche lentiggine e macchia in più.
Sono in Portogallo, e sono costretta a vedere gente che da Milano ostenta la propria alimentazione più che sana, che nella maggior parte dei casi in realtà è sotto-alimentazione, e io mi godo carboidrato e proteine, nello stesso pasto magari, e senza strafare (si torna al famoso discorso dell’equilibrio).
Sono ad Ericeira, e stasera mi sono messa come le vecchiette, con delle bellissime ed elegantissime vecchiette, ad ascoltare un concerto “di paese” di musica classica su una seggiolina di plastica bianca, in mezzo ad una piazza. Ce l’ho finalmente fatta a imparare a non schivare certe cose che una volta ritenevo superflue, mentre adesso credo siano parte fondamentale per la comprensione di una comunità. E allora capisci tutto della ragazza in prima fila con il naso lungo, i suoi calzini blu e i mocassini orrendi, adesso è bruttina, ma ha un potenziale pazzesco, da grande manderà affanculo tutti e tenterà il tutto per tutto per andare a vivere a Londra, e vivrà di musica. Capisci tutto del signore con il pullover crema a righe blu e rosse che cede la sedia alla signora col vestito a fiori, entrambe sicuro sopra i 90 anni e raffinatissimi, in realtà sono marito e moglie, ed hanno trascorso una vita insieme qui ad Ericeira. Capisci tutto anche del ragazzo là che suona il sassofono: magro com’è quello va in bici sicuro, e scala, poi con quel tatuaggio sul polso sinistro, è un’ancora, la vedo anche se sono miope, avrà certo avuto un nonno pescatore, e quindi anche a lui piacerà il mare; soffre del fatto che la sua musica sia per pochi, si sente sfigato a volte, ma continua a suonare, a crederci.

Ma tutto questo non c’entra mica niente. O sì?
“Via, la coerenza non è sempre divertente, Pindaro mica volò per nulla”, dissi una volta ad un’amica (oddio, mi starò mica auto-citando?).
In tutto ciò c’è una banalissima morale della favola: stare bene ovunque, comunque, navigando un po’ nella realtà, spizzicandone gli aspetti più semplici e popolari (la s-forzata ricerca della crème della crème è diventata come un giallo senza assassino), in un mondo dai contorni naturalmente allucinogeni e fiabeschi, è bello, molto bello.

Abito: Jucca
Scarpe: Aldo