Non è “Las Dohas”

Non è “Las Dohas”

No, non posso dire che Doha sia bellissima, spettacolare e favolosa. Cioè, lo posso anche dire, ma se lo affermassi non sarei Lucia Del Pasqua.
Doha è una città diversa, lontana dai miei soliti e probabilmente inflazionati canoni nostalgici e appartenenti alla tifoseria di chicchessia di passato; Doha è una città per cui bisogna trovarcisi già preparati, sapere che trent’anni fa era praticamente un villaggio, che il primo edificio fu costruito nel 1982, e che è lontana, molto lontana da certi schemi europei e occidentali in generale.

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Dunque, chiunque si rechi là, deve sapere dell’estrema, e paradossale, modernità del luogo. Tanto che il tour della città con i fantastici ragazzi di QIA (Qatar International Adventures) a parte il Katara Cultural Village, dove ho scoperto il teatro dall’acustica migliore che abbia mai sentito, è constato di visite a vari centri commerciali, tra cui “Il Villaggio”, uno shopping mall con il cielo dipinto sul soffitto e delle gondole a motore adagiate su un corso d’acqua all’interno, grazie alle quali poter fare un giro del centro.

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La domanda sorge spontanea: “perché ci sei andata?”
Per tre motivi: il primo perché è stupido escludere a priori mete non palesemente cucite addosso a te, il secondo perché ciò che diverso è sempre interessante, e a volte ciò che è interessante può essere più stimolante del bello, ed infine perché volevo provare che effetto mi avrebbe fatto il lusso, quel lusso.

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Dunque, solo dopo aver settato il cervello in modalità diverso, si può parlare di Doha, una città in costruzione, a cui arrivi dopo aver attraversato strade grandi con a lato dei pali altissimi e illuminati a intermittenza da vari colori, tappezzati di scritte in arabo.

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Per un attimo ho pensato di arrivare a Las Vegas, piazzandomi nella mente le parole “Las Dohas”, poi mi sono auto-punita al solo pensiero, perché dal momento in cui ho messo piede in Qatar ho ripassato tutte le cose da non fare che avevo letto e che mi avevano detto, credendo così che imbastire certe supposizioni non sarebbe stato carino. Ora, mi rendo conto che la mia auto flagellazione abbia rappresentato un atto totalmente sciocco e privo di senso, ma mi ero fatta e fatta fare una tale sorta di brain-washing sulla not-to-do-list, che alla fine m’era presa la paranoia di poter fare qualsiasi cosa non rispettasse la cultura locale.

jucca lucia del pasqua
“Non devi mostrare le ginocchia, altrimenti ti succederà chissà che”. Eppure c’erano delle ragazze con le ginocchia scoperte (non mini gonne), ed erano tranquille e serene.
“E il costume? Mmm, non so”. Io mi sono messa in costume senza alcun problema.

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Quando sono arrivata a Doha era periodo di Ramadan, il che significava una gran parte di negozi chiusi fino alle 18,00, ho creduto perché non fosse molto facile lavorare a certe temperature senza mangiare nulla, e perché dato il digiunare fino al tramonto, avesse avuto poco senso tenere aperti bar o ristoranti.

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Il gentilissimo ragazzo che il giorno dopo ci ha accompagnate nel deserto ci ha confermato invece come lui riuscisse a digiunare lavorando (io se non mangiassi a certi orari potrei morire), e confermo anche io come fosse super sveglio e professionale.
Mi voglio soffermare un attimo su questo ragazzo di 26 anni: è arrivato al nostro hotel, lo Shangri-La, con un thobe, una tunica bianca indossata dagli uomini, perfettamente stirata e profumata (quasi sempre i thobe emanano fantastiche fragranze al sandalo o al legno). Ora, come tutti (ma davvero tutti) gli arabi possano avere un thobe perfettamente stirato e profumato nonostante i 48 gradi rimane per me un mistero, ma è stata una cosa che mi ha affascinato molto. Nei centri commerciali ci sono pure dei negozi che li fanno su misura, mentre il collega del nostro amico autista aveva il caratteristico copricapo, da abbinare alla tunica, firmato Gucci.

IMG_9650A 26 anni il nostro amico taxista perfettamente profumato e amante della musica hip-hop stava aspettando di sposarsi una giovane donna scelta dalla madre, cosa che se fossi stata qui mi sarei sentita di giudicare, ma essendo lì, in un “altro mondo”, mi sono sentita solo di rispettare, ammirando l’estrema devozione delle tradizioni.

Certi arabi potrebbero criticarmi per certi pensieri, lo capirei, ma il fatto è che non è facile cambiare mentalità da un momento all’altro senza farti delle domande (io le formulo ad voce alta).
E me le sono fatte davvero tante, soprattutto sulle affascinanti contraddizioni che popolano Doha.

night skyline Doha
Lì ci sono grattacieli tali che pare di essere a New York, ma nello stesso tempo dei suq riprodotti come se fossero davvero vecchi, ci sono negozi di Armani e Salvatore Ferragamo da una parte, e dei gran bazar dove ti vendono le palle di vetro con la Tour Eiffel dall’altra, lì vicino c’è il circuito di Losail, poi però c’è anche la gara dei cammelli, sentitissima corsa con dei robot telecomandati in sella, onde evitare spiacevoli incidenti umani, lì è Qatar, ma sono quasi tutti non del Qatar.

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Lì anche il lusso è una specie di cultura, una cultura del “servizio” che si merita un dieci e lode; vedi l’hotel dove abbiamo soggiornato, lo Shangri-La, al cui ingresso già t’innamori per il profumo che lo inonda. Non ero abituata ad essere così coccolata, manco a poco nemmeno da mia madre: vieni scortata ovunque, anche al tuo tavolo per la colazione, durante la cena ti chiedono più volte informazioni sul tuo stato di gradimento, sul fatto di chiedere se necessario, e sul fatto di chiedere anche non sia necessario, durante il giorno ti bussano in camera per domandarti se hai bisogno di qualcosa, e nel centro benessere dell’albergo ti trattano come una figlia.

_MG_9770Idem le nostre guide di QIA: non ci hanno mollato per un secondo, assistendoci per qualsiasi cosa e riprendendoci per quelle famose cose da non fare, in maniera dolcissima (per esempio non si può fumare durante gli orari del Ramadan).

Ho già provato l’esperienza lusso, ma qui è diverso, prende da una parte la forma di una quasi ossessiva cura della persona ed estrema ospitalità, dall’altra di un’educata ostentazione.
Anche il suq in un certo senso mi è parso di lusso: giravano uomini composti con delle scie di odori da fare girare la testa, per la mano (lì è segno di amicizia), o se ne stavano compostamente seduti a fumare shisha, mentre le donne con l’abaya, una tunica nera, andavano in giro a fare shopping di abiti colorati, e degli eleganti poliziotti sfilavano belli e perfetti in sella a dei cavalli per controllare una situazione in realtà tranquillissima (anche perché Doha è una città in cui non ti rubano nulla).
Non c’era caos, nemmeno nella parte del mercato dove si vendevano animali. Rumore sì, ma non caos.

E per quelli che mi hanno detto e mi continuano a dire: “io lì non c’andrei mai”, rispondo che sarebbe anche l’ora di finirla di essere così chiusi mentalmente. Purché non faccia male, va provato tutto nella vita, no? Si può dire “non ci tornerei mai”, ma non “non ci andrei mai”. Come si possono avere opinioni a priori? Di Onnipotente e Onniscente ce n’è forse solo uno.

Vedi la video-cronaca del primo giorno

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