Un mare nel deserto

Un mare nel deserto

Quella mattina venne a prenderci un giovane ragazzo, con uno di quei thobe degni di apparire nella pubblicità dello “Stira e Ammira”, e una scia di profumo tale da rimanere viva nei posti visitati per almeno trentacinque minuti. Nel suo modernissimo fuoristrada alternava musica hip-hop a preghiere, era periodo di Ramadan, mentre ogni tanto ci dava indicazioni sui luoghi che apparivano e scomparivano per strada, come in un gioco di magia di Copperfield. Uno di questi luoghi era ovviamente una raffineria, enorme, gigantesco mostro in mezzo al deserto.
Dovevamo andare verso Khor Al Udeid, un mare interno tra Qatar e Arabia Saudita. Ripeto: un mare che bagna il deserto, pare strano, no?

E così è stato, in poco più di un’ora da Doha, la macchina ha sterzato, e da una moderna strada sono apparsi, come dal nulla, due baldi giovani vestiti di bianco con dei cammelli accanto (con delle specie di museruole colorate di uncinetto), che ci hanno fatto fare un rapido giro sul cammello. Cammello che quando si alza e si abbassa, tu finisci automaticamente, e in un nano secondo, a novanta gradi.

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Dopo aver sgonfiato un po’ le gomme per il giro sulle dune, siamo ripartiti alla volta della spiaggia, ma pima abbiamo incontrato un turista, calmo e serafico, rimasto fermo con la sua macchina, che stava aspettando, sotto dei buonissimi 50 gradi, qualcuno in soccorso. Quando la nostra guida di QIA (Qatar International Adventure) ha chiamato qualcuno per aiutarlo mi sono chiesta come abbia potuto dargli le coordinate, perché io a parte “in mezzo al deserto” non avrei saputo dare altre indicazioni più specifiche.

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Quando siamo arrivati al mare ho avuto la strana sensazione di venire staccata dal posto dove mi trovavo, un paesaggio quasi lunare, costellato di dune, per venire tele-trasportata in un occidentale resort di lusso, dove qualcuno di importante ti aveva prenotato l’intera spiaggia. Perché in effetti la spiaggia era tutta per noi. Anzi, non solo: era anche per due meravigliosi cagnolini, che hanno dormito, giocato e fatto il bagno con noi. Di un canino, che ho chiamato Duna, nonostante il suo vero nome fosse Rocky, mi sono davvero innamorata (e a quanto pare è stato amore reciproco), lo avrei portato a casa con me in quattro e quattr’otto, se non fosse stato del proprietario della baracca…

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La cosa buffa è che anche qui mi è successa la stessa cosa dei giorni precedenti quando è arrivato il momento di mangiare.
“Io non mangio carne”
Silenzio.
“Allora ci sono hummus e verdure”
Abbiamo pranzato in una struttura “sorvegliata” da un ragazzo pronto ad assisterci per qualsiasi nostra richiesta, con decine di tappeti tutti attaccati (idea d’arredo: se hai i pavimenti orrendi tappezzali letteralmente di tappeti, e scusate il gioco di parole), io con del riso, salsa allo yogurt e hummus, mentre Anjeza ha avuto il suo pasto a base di carne.

Generalmente io non amo oziare in spiaggia, ma lì eravamo sole con due splendidi cagnolini, e in mezzo ad una sorta di “oasi aperta” nel deserto, quindi mi sento di consigliare vivamente quest’esperienza.

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Tornati in albergo, prima di cena, ho voluto fare un salto al supermercato. Ed evidentemente lì i grandi supermercati sono giganteschi iper-mercati, con decine e decine di prodotti ordinati maniacalmente e riposti in scaffali altissimi. Ovviamente ho comprato frutta secca, talmente tanta che sto tutt’ora mangiando nocciole e mandorle a non finire (e credetemi che io non ho alcuna intenzione di contenermi se si tratta di anacardi e pistacchi).

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Per cena ho fatto un’esperienza spettacolare: allo The Shangri-La Tent ho mangiato i calamari più buoni della mia vita, e non solo, erano tagliati a scaglie, a mo’ di drago, quindi ho mangiato dei cala-draghi. Questo ristorante, all’interno dello Shangri-La di Doha, è praticamente come una tenda beduina, ma di lusso, con quel cibo messo così bene che in quel modo lo vedi solo nei film o nei depliant di certi ristoranti-pregio, e una clientela che spazia dai giovani, giovanissimi ricchi vestiti nella maniera più occidentale possibile, agli over quarantenni con i soliti perfetti thobe che si rilassano fumando shisha. In ogni caso, quasi tutti uomini.

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La cosa che mi ha divertito sono stati i televisori: ne ho visto uno (perfettamente posizionato a seconda dell’ospite) per tenda, dato che il ristorante è come una grande tenda con all’interno tante piccole tende. Insomma, constatare questo mix di oriente e occidente, di modernità ostentata e modernità celata a dispetto delle tradizioni è stato molto ma molto interessante.

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Per la cronaca, ho mangiato divinamente, e il servizio è stato eccellente (alle volte pure troppo, dato che la processione di personale al nostro tavolo era ininterrotta).
Per chi vuole vedere la video-cronaca della giornata, non eve fare altro che cliccare qui.

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