Non sono una motociclista

Non sono una motociclista

Non sono una motociclista, figurarsi quanto ci metterò a diventare tale. E se un giorno lo diventerò, la cosa certa è che non lo dirò a nessuno. Continuerò ad andare in moto, come sto facendo adesso, anche se viaggio ancora lenta e faccio male le curve. Ma ho pazienza e testa per imparare. Nel frattempo sono semplicemente una “passeggiatrice”.

“Sono un motociclista” ha spesso la stessa valenza di dire “sono un fotografo”, solo perché possiedi una moto o una macchina fotografica. Eh no, santiddio.
Va bene che adesso le moto sono di moda, le café racers poi fanno di un figo che te lo spiego (effettivamente sono bellissime),  va bene che dire “oh, io vado in moto” fa altrettanto cool, e che sciacquarsi la bocca con nomi di due ruote di nicchia che più nicchia non si può, seguiti da qualche numero fa esclamare “oh oh oh”, ma c’è altro.
Premetto che quando salgo sulla mia Hondina, che a bellezza è molto oltre rispetto a Johnny Depp e George Clooney messi insieme, io mi sento Naomi Campbell, una dea con le palle come lei. Premetto che la moto serve all’autostima, non so bene perché, ma già alla prima marcia ti credi bionda, alta e con gli azzurri (l’opposto di Naomi, ma uguale a concetto di bellezza), figurarsi alla terza.
Tuttavia, anche se il mondo delle moto sia affascinante, ci siano i vari Deus della situazione, i customizzatori “pettine” che ti fanno pagare mezza moto un miliardo e tre quarti di euro, i giubbini fighi, e gli occhiali dal sapore vintage, per dire “sono un motociclista”, bisogna prima sapere, e poi ti devono brillare gli occhi non di lucine di manie d’egocentrismo o di superiorità, ma d’entusiasmo e di passione. Ovvio no? Spero di sì.
Sono del partito del condividere la passione, non del wannabe status. 

Ieri l’altro ho fatto una cosa facilissima, ma per me è stata come circumnavigare l’Africa in barca a vela, cioè, ho voluto credere fosse tale: ho aperto il fianchetto sinistro della mia Hondina, ho estratto il quarto fusibile dalla sua scatolina, e ne ho inserito un altro, con l’aiuto telefonico (super dettagliato, chapeau) di un amico. Ma l’ho fatto da sola. Sono scesa in garage con un cacciavite, ho guardato la moto più bella del mondo (per chi non l’avesse capito, la mia) e ho operato. Quando mi sono guardata le mani sporche di grasso manco a poco piango di gioia.

“Ce l’ha un fusibile così, 15 ampere?”, ho chiesto ad un meccanico quel giorno lì.
“Per chi?”, ha ribattuto.
Mica per che cosa, per quale moto.
“Per una Honda classe ’77”
“Tua?”
È strano sia la mia? Di una donna, eh?
Comunque non ce l’aveva.

Dopo la posizione della batteria, ho quindi imparato quella dei fusibili. Non ero così felice da quando mi chiamarono da MTV per scrivere le Crispy News.
Mano a mano ho imparato anche cosa siano i terminali, le corone, il calibro, il relè, cosa voglia dire “il minimo”, e giusto stamane ho appreso la differenza tra carena e una moto “naked”.
Mi piacerebbe tantissimo, una volta a settimana, stare dietro ad un meccanico o ad uno smanettone, e guardarlo mentre smonta e rimonta una moto, perché non è concepibile possedere una Honda CB 400 Four del 1977 e non sapere come sia fatta. Si offrono (santi) volontari.

Moto che per me non è tanto un mezzo di locomozione, perché diciamoci la verità, a Milano è una gran rottura di palle, ma qualcosa di bello, un oggetto quasi da adorare e coccolare, su cui investire del tempo; un mezzo magico che quando ci sali sopra e arrivi alla quinta (sì, c’arrivo alla quinta) ti senti Falkor, il drago volante di Atreiu, che emana una sinfonia rumorosa per niente cacofonica, semplicemente diversa dai suoni considerati normalmente armonici, che allo scalare di marce, ti fa scalare pure i battiti cardiaci. Diamine è una cosa pazzesca la moto. Che sì, fa paura, ma ciò passa in secondo piano quando ci sei su. Sì, sono pure caduta, e dalla mia caduta ho imparato una lezione: non si va in moto con le scarpe basse, servono gli stivaletti, altrimenti ti fai un buco sulla caviglia come mi sono fatta io (che poi in realtà #fottesega del buco). Anzi, magari dovrei muovermi ad andare a comprarli.
In più, fa parte di un mondo composto da umani che si eleggono in tempo zero a componenti di una grande famiglia, che è lì pronta alla richiesta di soccorso. Amo ogni singola persona che mi è stata dietro, e mi starà dietro per insegnarmi, darmi consigli, farmi ripartire la moto, varie ed eventuali. Davvero.

A proposito di moto ferma: non mi sono ancora abituata a quando ai semafori mi chiedono informazioni sulla mia Hondina. È una cosa che mi mette estremamente in imbarazzo, ma temo che mi dovrò abituare. Certe volte faccio finta di non vedere che me la guardano (ma come dare loro torto, poi rossa così…).

Insomma, ecco l’inizio di un’altra fantastica avventura, che ho appena iniziato dall’ultimo gradino della scala, e che voglio portare avanti con umiltà e testa. L’adrenalina e quella famosa gioia che dicono sprizzi da tutti i pori c’è già, eccome se c’è.

Giacca: Triumph per Barbour International
Scarpe: Vans

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