L’importanza del culo

L’importanza del culo

Quanto sarà che frequento palestre? Credo più di venticinque anni.
Quando iniziai a fare ginnastica ritmica, me la ricordo ancora quella mini palestra con la signora Funghini, la donna con le spalle più naturalmente dritte del creato, non ero manco alle Elementari, quindi negli spogliatoi si parlava delle Barbie e di come si lavavano loro i capelli: sul lavandino o su una ciotola d’acqua ben zeppa di New Dimension (era lo shampoo che a mio parere profumava di più)?

Quando mi spostai al Palazzetto con le ginnaste più bravine ero più grande, avevo già i primi brufoli, e lì si parlava di tette (ne avevo più prima che ora), colori e marche di reggiseni, la Standa e l’Oviesse erano i negozi più frequentati, e di ginnastica con le relative ingiustizie da parte dell’insegnante o di altre compagne nei propri confronti.
Una volta da Arezzo trasferitami a Firenze non sono più andata in palestra, ma solo in piscina, e gli spogliatoi della piscina hanno delle regole a parte, cioè, chi va in piscina ci va per un altro motivo per cui va ad allenarsi tra pesi e tappeti, quindi si parla d’altro, o non si parla; quando sono finita a Milano ho scelto invece una struttura che avesse tutto: piscina, palestra, sauna e bagno turco, volevo avere più scelta nello stesso posto.
È stato negli spogliatoi della Virgin, luogo nel quale io cerco di comunicare il meno possibile, perché per me lo sport è religione, ovvero una cosa molto personale e intima, nell’esercizio del quale non voglio essere disturbata, che ho scoperto l’importanza del culo.
Per le donne la palestra è quasi tutta questione di culo: se lo guardano tra loro, se lo guardano allo specchio, se lo fanno guardare. Fine.
Ormai per me è diventata una mania, e dunque è una meta-mania: osservare quante donne, quante volte si rimirano le chiappe a vicenda, con lo scopo di averle talmente tanto belle da farsele rimirare dagli uomini, affermando poi negli spogliatoi, con tanto di hot pants, che “accidenti, quello lì mi guarda sempre il culo”.

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Il momento più emozionante per me è quando faccio incursione nel bagno e trovo una ragazza da sola in modalità Meryl Streep in “La morte ti fa bella”, con la testa praticamente voltata quasi in asse con la schiena, a saltellare impacciatamente per mirarsi il millimetro di cellulite tra attaccatura chiappa e coscia, che quando mi vede, fa la mossa Kill Bill, voltandosi in un baleno e facendo finta di andare in bagno, vergognandosi, anche giustamente, della propria ridicolaggine nell’ostentazione dell’auto-rimirarsi.
Ci sono alcune tipe che addirittura fanno finta di entrare per fare la pipì, tirando pure lo sciacquone.
Giuro, amo. Amo l’ossimoro “vergogna della vanità”.
Ma negli spogliatoi amo tante cose, dalla scelta dei look agli argomenti.
La scelta look, ovviamente, è funzionale al soggetto principale: il culo, quindi va da sé che leggings e hot pants vadano per la maggiore, e quindi o top (e basta), come se una maglietta potesse dare fastidio, o T-shirt corta.
Una volta ho provato anche io a mettermi un paio di leggings e una maglia corta, mi sono piazzata a correre su un tapis roulant davanti ad un vetro, appositamente per vedere cosa sarebbe accaduto dietro. Ed è accaduto l’inevitabile: non importa che fondoschiena tu abbia, che tanto te lo fissano quasi tutti/e.

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Fu la prima e ultima volta in T-shirt all’ombelico alla Virgin.
Poi ci sono i rossetti-stucco, i mascara-cemento, gli ombretti-marmo e i brillantini-irreversibilmente-staccabili, da portare sempre con sé, dal tappeto per correre, alla palestra per nuotare, fino alla sauna dove sudare.
E se una volta c’erano le Barbie, poi i reggiseni, tra punti neri e primi cicli mestruali, adesso si parla di culi, diete, chirurgia, corna, e stress al lavoro, tra tette finte e perfetti eye-liner semipermanenti.
Certe volte penso di avere l’arroganza di pretendere che lo sport non sia solo questione di apparenza, di show-off, ma di serenità, diamine, certe volte vorrei che fossero obbligatori per la palestra una maglia lunga bianca e dei pantaloni “normali”, certe volte mi rendo conto di essere un po’ “nazi”.

Strano, prima di venire a Milano poi questa questione del culo era per me sconosciuta: non ne avevo mai parlato con mia mamma, mia nonna, le mie amiche, con così tanta insistenza, manco sapevo si potessero rifare le chiappe dal chirurgo.
E ogni volta che torno a casa, dopo l’allenamento, mi faccio sempre due domande:
1. Ma come fanno davvero a guardarsi le chiappe? Obbiettivamente da “storta” si vedono storte”.
2. La bellezza degli over 30 sta anche nella consapevolezza di esserci arrivata con un culo che, sì lo sport, sì l’alimentazione, ma tanto quello hai, e quello ti tieni.

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  1. giulia

    10 March 2016 at 10:56

    condoroo pienamente su tutto e moltissimo nel punto 2…:D