Non mi vesto, mi travesto

Non mi vesto, mi travesto

Quando mi dicono “Lucia, ma quanto sei fashion“, la mia reazione è sempre la stessa, quella classica da arricciamento bocca, innalzamento arcata sopraccigliare sinistra e occhi in sù.
In altre parole: “Ma cosa avrà voluto dire?”.
Fashion in senso che sono “troppo” alla moda?
Fashion in senso che vesto abiti trendy (parola quest’ultima, tra l’altro, orribile)?
Fashion come: “ma dove diamine vai vestita così?”
Fashion come: “ma è un complimento o un insulto?”

Non ho mai capito, ma quello che rispondo alle persone che mi fanno questa esclamazione è che per me moda, e quindi vestirsi, non vuol dire mettersi le prime cose che trovo buttate sul letto, o giù di lì, e non vuol dire nemmeno stare dodici ore in contemplazione davanti all’armadio a meditare sul responso stilistico del giorno. Vuol dire bensì travestirmi, interpretare ogni giorno un personaggio, ovvero un pezzetto di me, e palesarmi al mondo come tale.
Quel giorno lì avevo voglia di essere una specie di bambola birichina, un Gigi la Trottola travestita da brava ragazza, e infatti ho attuato “il piano”, mi sono abbigliata come tale.

È che travestirsi (con cervello e gusto) è semplicemente divertente, ed effettivamente rappresenta un orpello quotidiano che tuttavia diventa la conditio sine qua non per combattere la noia.
Pigli a sciabolate un ipotetico stato di tristezza (quindi una “cosa” interiore”) tramite tutta la superficialità dell’estetica. È proprio questo che mi diverte.

Se questo per voi significa fashion, allora sono tanto ma tanto fashion.

Total look: Alcoolique

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