Snurfing: purtroppo non l’ho inventato io

Snurfing: purtroppo non l’ho inventato io

Facciamo un po’ di cronistoria: la prima volta che salì su uno snowboard avevo diciotto anni, ero a Madonna di Campiglio, e tutto andò come nei più regolari cliché: avevo il maestro figo, caddi migliaia di volte, ed io giocavo a fare la donna grande, tra ristoranti e la discoteca del posto, con quei vestitini neri con lo spacco sulla schiena alla Simona Ventura in Dolce & Gabbana d’altri tempi. Mi ricordo quando tornai a casa mia madre mi disse (contenta): “Ma sei ingrassata?” Io le risposi che no, ero solo gonfia di lividi, e che in otto giorni erano lievitati. Non erano state le fondute, giuro. Fu la prima e ultima volta che salì su una tavola da neve. Sono tredici anni che sto cercando di capire il perché: forse perché nessuno dei miei amici più stretti va sullo snowboard, forse per pigrizia (no, impossibile), o forse ancora perché ho sempre pensato che la montagna fosse certamente più “sbatti” del mare. Ma che ne so. Fatto sta che ci voleva Burton a ricordarmi quanto sia stata stupida ad abbandonare la tavola, al fatto che adesso oltre al surf io abbia un’altra fissa, l’ennesimo sport che mi diverte, dopo il nuoto, la corsa, e naturalmente il surf, cioè ci sto provando, che mi rende felice come un cane emozionato che si piscia addosso dopo aver visto dopo giorni il proprio padrone. Ok, prima di andare avanti una cosa: snurfing; questa parola avrei tanto voluto inventarla io, dato che amo le crasi, e invece no, fu un tizio di nome Sherman Popper che coniò la parola snurfer. Genio lui. Erano gli anni Sessanta.

Surfing generation

1979-80-Burton-Cataglog-Page-1 8410p6-p7crop-1 13254504704f00c4e6aaeb9 a2c94779805690516fd6709a80cf124b burton_story Burton78_80 function_4_sports_advert_scan_large-e1296025276140 old-snowboardmag-cover tb_1920x1080-2 Quando in Burton, nella sede di Innsbruck, ho assistito alla presentazione dell’azienda (quelli della Burton potrebbero seriamente fare dei corsi aziendali su come fare presentazioni coincise, d’appeal, e molto interessanti, pensateci! Facciamo il business?), e ho idealmente conosciuto lo snurfer Jake Burton Carpenter, ho pensato a tutte quelle persone che mi dicono: “Ma che ne sai te, manco fossi un dottore e dovessi salvare vite umane”. Ho riflettuto sul fatto che qualsiasi sia la propria missione nella vita, se è pacifica, se aiuta gli altri a stare bene, se è ciò in cui si crede più di ogni altra cosa, bisogna portarla avanti, crederci, vivere per lei. Certe volte le affermazioni più banali sono anche quelle più vere. Ho pensato che io certo non salvo vite umane, ma la mia missione è quella di far stare bene gli umani attraverso le mie parole, idem per Mister Jake, lui ha aiutato e sta aiutando un sacco di persone ad essere felici. Più “dottore” di così! Ho poi sorriso, non so se tra me e me oppure palesemente, quando ho visto proiettato il primo comunicato stampa Burton, le foto con la moglie Donna (grande donna anche con la “d” minuscola) in una pista popolata solo da sciatori, e le prime gare di snowboard i cui spettatori erano quattro gatti. A crederci, guarda ora dove sono arrivati Jake e Donna, da progettare le tavole con schizzi a mano e dominarle fisicamente con dei lacci, fino ad ora, l’era degli scarponi termici, il cui calore è regolabile con un click. È tutto dire. Ho raccolto un po’ di foto trovate per il web, è uno dei miei passatempi preferiti in effetti: scovare vecchie pubblicità, foto di riviste passate, e notare come siamo cambiati. Negli anni Ottanta c’era il telefono, non le mail, nelle pubblicità, sia in tv che su carta c’era il “call the number”, e non il “buy online”, c’era quello stile colorato e spensierato, mica nero concettuale, c’erano i primi magazine dedicati. Adesso c’è tutto, anche se fra vent’anni potremmo dire che non era vero, che non c’era proprio tutto.

In da Burton #FW17

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Tra parentesi, di sicuro quei giorni che sono stata con Burton a Innsbruck qualcosa c’era: l’uomo etero, cioè tanti e tutti insieme. Credo che dopo la fiera di moto, l’Eicma, non ne avevo più visti così tanti tutti assieme, è stato un po’ uno shock. Lavorare nella moda ti fa avere tanti amici gay, stare con i tuoi amici gay, e così, quando ti trovi in mezzo a degli etero ti pare quasi strano, ti paiono tutti dei simpatici Brad Pitt con i quali parlare del più e del meno. Comunque sia, è una bella strana sensazione. Anzi, potrei partecipare a più eventi sportivi? Magari prima o poi trovo marito.

Io parlo, tu parla, egli parla

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Foto di Carlos Blanchard

Oserei dire che è stata una tre giorni perfetta: tutti riuniti in un albergo, l’Alders Hotel di Innsbruck, tra ragazzi e ragazzi di altri paesi, e “trasportati” all’occorrenza tra la sede e le piste. Sul cibo glisso, dato che ho capito che per l’Austria non c’è niente da fare, morirei di fame, sul fatto che io parli assai no, è un’evidenza.

In quel di Innsbruck

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Le piste: lì, a Kühtaital, ho capito che tra me e le tavole c’è amore corrisposto (amen), perché il rapporto è pari, io insisto nel volerle dominare, e loro insistono nel volere dominare me, da questa lotta ne esce un feeling perfetto. Anzi, secondo me le tavole sono di un segno zodiacale compatibilissimo con il mio, Leone, perché non abbiamo mai litigato, sono le uniche con le quali ho una pazienza infinita. Insomma, sono stata su e sono andata liscia, ho snurfato per la seconda volta dopo tredici anni, ed è stato meglio del sesso, solo per l’esaltazione e l’adrenalina del momento, e il rilassamento/svenimento del poi. Cari signori di Burton, sapete cosa vi dico? Che io questo week end vado sulle piste, e farò lo stesso il prossimo fine settimana. Quindi se questo era il vostro obbiettivo, quelli di farmi innamorare, ve lo dico: ci siete riusciti.

Pistaaa

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Foto di Carlos Blanchard

https://www.instagram.com/p/BBKJnRhxJ-D/?taken-by=fashionpolitan E ora guardatevi questo, un video degli anni Novanta che m’ha fatto godere quasi quanto la visione di “Endless Summer”. È una cosa un po’ da “nerd”, ma personalmente trovo fantastico vedere gente che fa snow (o che fa surf) per minuti e minuti, perché ogni curva è diversa, così come lo è ciascuna onda. Sempre una danza è. Grazie Burton, sono gasata a manetta. https://www.youtube.com/watch?v=_fnBpnKW_x8

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  1. giulia

    4 February 2016 at 18:43

    foto splendide, io amo la neve ma non so sciare a meno che andare sullo slittino valga qualcosa. Concordo i ragazzi erano molto carini:P